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Colori e vernici. Resilienza e versatilità per superare la pandemia

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Prodotti vernicianti, una merceologia particolarmente vivace in tempi di Covid. Di seguito esperienze, idee e riflessioni emerse tra i produttori, durante l’interessante Tavola Rotonda organizzata dalla rivista Colore&Hobby. Cosa aspettarsi per i prossimi mesi?

Un periodo eccezionale, che ha creato per le aziende uno scenario mai sperimentato e di totale incertezza. Ma anche un periodo incredibile per la capacità dimostrata di affrontare situazioni complesse con lucidità e visione critica.

Chi pensa a un settore in ginocchio si sbaglia di grosso. Gli effetti di una pandemia che non ha precedenti nella nostra storia recente sono innegabili, ma non nei modi, nei numeri e nei tempi che ci si potrebbero aspettare. Soprattutto, stride il confronto tra le dichiarazioni delle aziende -loro stesse per prime quasi sorprese da certe dinamiche del mercato– con quanto si legge sui media rispetto al Pil -che l’Istat prevede in calo nel 2020 di circa il 12%- e ai consumi -che Confcommercio stima addirittura in crollo del 30%-.

Certo è facile immaginare che settori come il turismo, la ristorazione, i trasporti, l’abbigliamento (solo per citarne alcuni portanti della nostra economia) abbiano subìto veri e propri dissesti, o che le aziende che lavorano principalmente sui mercati stranieri stiano incontrando enormi difficoltà, ma scoprire che durante i mesi del lockdown le imprese del nostro settore hanno ‘tenuto’, continuando a produrre e adattandosi rapidamente ad un contesto così imprevedibile, e che in molti casi la redditività è addirittura migliorata, sicuramente sorprende.

Cos’è successo? Cambio della redditività

Innanzitutto, durante il lockdown quasi tutte le industrie sono riuscite a non interrompere la produzione, in virtù dei codici Ateco. Questo ha permesso di contenere le perdite, di dare continuità -sia pure in misura ridotta- alla produzione, di fare scorte in previsione della ripartenza, di concentrarsi sui settori di consumo che -considerati ‘essenziali’- consentivano di mantenere aperti gli stabilimenti di produzione e di non interrompere la continuità di filiera. Al netto delle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime a causa della riduzione dei trasporti, il mondo industriale si è dunque salvato, grazie anche alla intrinseca versatilità dei prodotti e degli ambiti applicativi: il mondo delle vernici per industria si è fermato, quello delle vernici per l’edilizia no; i prodotti per esterno si sono bloccati per via del fermo dei cantieri e delle attività artigianali, quello dei prodotti per interno destinati al fai da te e al consumo privato no.

In sostanza, durante il lockdown prodotti come smalti ed impregnanti, destinati alla cura di legno e ferro, hanno segnato positività grazie all’incremento di domanda privata, mentre le categorie di prodotti più professionali -tipicamente destinati all’esterno, ma non solo-, hanno evidenziato una forte perdita. La conseguenza è stata che se il mix dei prodotti si è modificato radicalmente, è cambiata molto anche la redditività: molti meno prodotti venduti ma con una marginalità decisamente migliore.

Certo questi consumi privati mancheranno nei mesi estivi, tradizionalmente dedicati dal consumatore privato ai lavori di manutenzione domestica, ma molte aziende hanno evidenziato che da metà maggio si sono conclusi moltissimi cantieri aperti prima del lockdown e tanti altri sono stati aperti, creando così le condizioni per una chiusura di semestre in netto recupero. E non è finita: l’Ecobonus 2020 ha creato le condizioni per un supporto importante all’avvio di lavori di ristrutturazione, aggiungendosi al Bonus facciate che nei primi mesi dell’anno stava dando grandi soddisfazioni. Insomma: tra tanti chiaroscuri, le industrie del settore hanno dimostrato una grande capacità di adattamento, e anche le previsioni per la chiusura dell’anno, pur tra mille cautele, rivelano un moderato ottimismo con la maggior parte dei produttori  convinta di poter raggiungere il fatturato del 2019: un risultato che sarebbe davvero lusinghiero, dato il contesto generale e la fragilità di un settore che negli ultimi dieci anni ha subìto crisi e ripartenze, depressioni e slanci ottimistici.

Un’ultima riflessione riguarda la riorganizzazione del lavoro che molti produttori stanno perseguendo sia all’interno degli stabilimenti che sul territorio. Il lavoro in remoto, nuova condizione impostasi in pochi giorni per non fermare tutto il Paese, ha evidenziato quanto certi modelli fossero obsoleti e non più funzionali in termini di efficienza e costi. Dalle risposte delle aziende si capisce che la lezione è servita, ma non si pensi che una modalità di lavoro possa, semplicemente, sostituirne un’altra: i manager si stanno orientando a modelli di lavoro più funzionali a proposte di valore, per le quali son indispensabili la motivazione, la flessibilità e la capacità di imparare a lavorare seriamente per obiettivi. Non un banale cambio fisico del luogo di lavoro, quindi, ma un nuovo paradigma per continuare ad essere vicini ai clienti e competitivi sul mercato.

Nelle pagine seguenti le domande e le risposte dei produttori che hanno partecipato

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