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Rapporto Coop 2023: futuro a tinte fosche


Presentato in anteprima, il Rapporto Coop 2023 è orientato a leggere, con gli occhi degli italiani, la complessità del mondo che li circonda e a comprenderne gli effetti sulla loro vita quotidiana, a partire – come tutti gli anni – dal loro rapporto con il cibo.

Un’indagine che disegna un’Italia in difficoltà ma comunque resistente. A sottolinearlo Marco Pedroni, presidente Ancc-Coop. Con l’inflazione che erode il potere di acquisto delle famiglie, le diseguaglianze si accentuano e una parte della classe media viene spinta verso il basso. “Il rischio della recessione è oggi molto più concreto e le politiche pubbliche sono incerte nel sostenere la domanda, anche per i concreti vincoli di bilancio. Il Pnrr stenta a decollare. L’occupazione va bene ma il lavoro povero, soprattutto dei giovani, ha raggiunto livelli allarmanti. Il quadro è davvero poco ottimistico”.


Guerra in Ucraina, crisi climatica, inflazione, lavoro povero: queste alcune delle emergenze che preoccupano i cittadini del Bel Paese e che, inevitabilmente, influenzano il carrello della spesa.
Il rimbalzo economico post Covid, visto tra il 2021 e il 2022, che aveva fatto sperare in una ripresa, ormai è finito.

Gli effetti degli aumenti dei prezzi dei beni di consumo sono sotto gli occhi dei consumatori e bisognerà aspettare almeno fino al 2025 prima che la crescita dei prezzi torni ai livelli pre-pandemia. In questi due anni l’inflazione ha abbattuto il potere di acquisto trascinando milioni di italiani in condizioni di difficoltà. In uno scenario di inquietudini e timori in crescita, dunque, non sorprende scoprire che 36% delle persone intende ridurre i propri consumi.

Sempre più poveri e più rassegnati

Secondo il Rapporto Coop 2023, il lavoro oramai non paga più quanto dovrebbe, mentre l’impatto dei prezzi trascina 27 milioni di persone – il +50% rispetto al 2021 – in una condizione di disagio duraturo. Il 10% non arriva a fine mese e un 23% ci arriva con la paura di non farcela, il 20% ci arriva ma con rinunce e sacrifici.

Gli italiani riducono gli acquisti di auto e beni tecnologici, sostituiscono il nuovo con l’usato e il ricondizionato. Ma non solo.

Infatti reduci da un’estate di pranzi e cene fuori casa, ora si preparano a passare il prossimo autunno in modo più casalingo con il 51% che dichiara di ridurre nei prossimi 12/18 mesi il numero di occasioni conviviali al ristorante.

Una contrazione che non riguarda solo i consumi fuori casa. Infatti saranno tanti i consumatori che pensa di ridurre anche la spesa settimanale arrendendosi agli effetti dell’inflazione che ha rincarato di oltre il 21% il costo degli alimentari. Corsa che non promette di arrestarsi prima dei prossimi due anni.

Secondo la ricerca il 72% dei manager del settore ritiene che l’inflazione alimentare non tornerà sotto il 2% prima del 2025. I carrelli sono più vuoti del 3%, tanto sono diminuite le vendite a prezzi costanti nei primi 5 mesi dell’anno e i manager intervistati si attendono un ulteriore -0,5% nel prossimo anno.
Ma questo non basta. Infatti, ci prepariamo a rinunciare anche a prodotti non ritenuti necessari o con un maggior contenuto di servizio. Per 8 italiani su 10 la spesa diventerà più frequente, un modo per cercare di ridurre gli sprechi, oppure acquisteranno più prodotti di marca commerciale a scapito di quelli di marca industriale. Per 1 su 5 – in particolare tra i boomer e le classi economicamente basse –, abbandona italianità, tipicità e territorio.

Il lavoro che “non paga”

A fronte di questo impoverimento, la dinamica delle retribuzioni resta insufficiente (+2,3% su base annua nel secondo trimestre 2023). E questo perché il lavoro, che sinora sembra esserci – nel 2023 sono 23,5 milioni gli occupati, mai così tanti dal 2008 –, è un lavoro che non paga quanto dovrebbe.

Per il 70% degli occupati c’è necessità almeno di un’altra mensilità per condurre una vita dignitosa. Da qui la tendenza ad aggiungere lavoro al lavoro come strategia di difesa dal carovita. Ma nonostante questo ulteriore impegno lavorativo, l’impatto devastante dei prezzi trascina quasi la metà degli italiani in una condizione di disagio duraturo. Il che significa aver dovuto rinunciare allo standard di vita accettabile.
Inoltre, l’affermazione dell’intelligenza artificiale in molti settori se da un lato promette di risolvere i tanti problemi del mondo, dall’altro alimenta altrettante paure ed incognite. Con il timore che, in un prossimo futuro, un lavoratore su 4 potrebbe perdere la propria occupazione.

Il disagio profondo della classe media

Anche se in un qualche modo si sbarca il lunario facendo rinunce (20%) o comunque sacrifici, solo un italiano su 4 dichiara di fare, senza problemi, la vita di qualche anno fa. Il disagio affonda dunque nella “carne viva” della classe media. Tra le famiglie della middle class, meno della metà riuscirebbe a fare fronte senza difficoltà a una spesa imprevista di 800 euro e solo un terzo ad una di 2.000 euro.

Tra quanti pagano più degli altri la difficile condizione sociale dell’Italia attuale vanno ricordati i giovani. La genZ (18-34 anni) vive in una sorta di apartheid in termini retributivi (e non solo); il dislivello generazionale fra loro e i baby boomer è senza pietà e a fronte di una retribuzione media i primi scendono di un buon 23% mentre i secondi salgono di oltre un 17%.

In sostanza, a parità di inquadramento, un giovane italiano attualmente guadagna quasi la metà di un over 50. Non stupisce allora se il 40% di loro vorrebbe vivere altrove da qui a 2/3 anni e il 20% sta già progettando di farlo.

L’imperscrutabile serenità degli italiani

Tuttavia, nonostante le tante difficoltà, gli italiani sono ammirevoli per la tempra emotiva che continuano a manifestare. Sorprende anche l’assenza, almeno sino ad ora, di sentimenti di rabbia o rancore sociale, che abbiamo visto manifestarsi in altri Paesi.

La fotografia scattata dal Rapporto Coop 2023, infatti, è quella di un Paese certamente inquieto – almeno così si dichiara il 30%, +6% vs 2022) – e dove crescono i timori (passati dal 20% al 32%), ma che complessivamente vede rafforzarsi i sentimenti di fiducia (36%), serenità (29%), accettazione (23%) e aspettativa positiva (28%).

Un “ostinato, pacato, ottimismo” – come lo definisce la ricerca – che costituisce uno dei punti di forza del sistema Paese, che tuttavia pone interrogativi circa la sua sostenibilità futura e la possibilità che in realtà stiano crescendo reazioni, al momento sotto traccia.

Comportamenti disfunzionali e le dipendenze (come l’abuso di smartphone, videogiochi, cibo, alcolici, droghe), eredità della pandemia, nel 2023, almeno nelle dichiarazioni degli italiani, tornano a ridursi. Eppure, a dispetto di tanta razionalità, sostengono i ricercatori, il privato degli italiani evidenzia tutta la fatica quotidiana per tenere assieme i pezzi della loro vita.

Non sorprende costatare come un italiano su 3 dichiari anche sporadicamente di aver fatto uso di psicofarmaci e 1 su 5 ne faccia un uso più o meno abituale. 2 su 3 coloro che sono impegnati a praticare tecniche per la gestione dello stress. E i farmaci per l’ipertensione, per la gastrite e lo stress svettano in cima alla classifica dei medicinali più venduti.

La ricerca

“Rapporto Coop 2023 – – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani” è statoredatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto d’analisi di NielsenIQ e i contributi di Circana, GS1-Osservatorio Immagino, CSO Servizi, GfK, Mediobanca Ufficio Studi. Inoltre, da quest’anno per alcune sue parti il rapporto si è avvalso dell’ausilio dei nuovi programmi di IA generativa (Chat Gpt, Bard e Midjourney). Oltre ai contenuti originali offerti dai contributor, anche questa edizione si è avvalsa di due diverse survey – “What’s Up” e “Hybrid Future” – condotte entrambe nella seconda parte di agosto.

La prima ha coinvolto un campione di 1.000 italiani rappresentativo della popolazione over 18 (18-75 anni); la seconda un panel della community del sito di italiani.coop e ha coinvolto 680 opinion leader e market maker fruitori delle passate edizioni del Rapporto. Tra questi sono stati selezionati 450 ruoli apicali (a.d e direttori, imprenditori, liberi professionisti e consulenti) in grado di anticipare più di altri le tendenze future del Paese.



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