Sciopero del 22 dicembre, adesione al 4,3%
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L’adesione allo sciopero di oggi risulta del 4,3%. Una percentuale inferiore rispetto all’ultima agitazione sindacale di maggio 2016, che aveva registrato un 6,5% di adesione. Questi i dati rilasciati da Federdistribuzione che ha altresì segnalato di non aver avuto segnalazione di punti vendita chiusi.
“Nonostante la lentezza delle trattative per la conclusione del contratto del settore, i lavoratori hanno dimostrato un comportamento responsabile – dichiara Giovanni Cobolli Gigli, Presidente di Federdistribuzione – La percentuale di adesione, inferiore rispetto a quella delle precedenti manifestazioni sindacali, è per noi un segnale importante”.
“Abbiamo convocato lo scorso mese di marzo e di nuovo a giugno le organizzazioni sindacali per concludere le trattative del Contratto Collettivo Nazionale della Distribuzione Moderna Organizzata, ma Filcams e Uiltucs si sono rifiutati di incontrarci. Ribadiamo che vogliamo un contratto per i nostri collaboratori, ma dobbiamo trovare soluzioni equilibrate per imprese e lavoratori, tali da non pregiudicare l’occupazione di un settore già messo a dura prova da anni difficili”.
“La pretesa dei sindacati di sottoscrivere il medesimo contratto di Confcommercio è inaccettabile per le evidenti differenze esistenti tra le grandi aziende associate a Federdistribuzione e quelle del dettaglio tradizionale rappresentate da Confcommercio”.
“Nell’attesa di un approccio costruttivo da parte delle organizzazioni sindacali prosegue il Presidente di Federdistribuzione – abbiamo comunque tutelato i nostri collaboratori erogando aumenti retributivi unilaterali che hanno ampiamente salvaguardato il potere d’acquisto dei lavoratori. E’ pertanto evidente che la posizione di Federdistribuzione è da sempre chiara e coerente”.
“Il nostro auspicio è che il dialogo possa riavviarsi per arrivare in tempi brevi a un risultato positivo per lavoratori e imprese” ha concludso Cobolli Gigli.
Di questi tempi si ha la paura di far valere i propri diritti. Addetti alle vendite (in particolare) che aderiscono agli scioperi sono oggetto di ritorsione da parte dell’ azienda e colleghi compiacenti in ogni forma come orari, mansioni, permessi negati ecc ecc. Siamo nelle mani dei datori di lavoro che pensano solo a ridurre il personale. I nuovi assunti “assunzioni temporanee” sono quasi tutti stranieri o ragazzi molto giovani e figuriamoci se sono nelle condizioni di scioperare. Chi lavora in un centro commerciale non ha più vita sociale. Sono costretto ha chiedere aiuto ai parenti per badare ai bambini nel fine settimana o semplicemente per andare a prenderli a scuola.
Grazie alle attuali leggi che regolamentano il lavoro il sindacato fa quello che può. Certo, leggere che i lavoratori hanno dimostrato un comportamento responsabile mi indegna !
E pensare che nel 1995 gli italiani furono chiamati ad esprimersi grazie ad un referendum “Abrogazione della norma che impedisce la liberalizzazione degli orari dei negozi”.
https://it.wikipedia.org/wiki/Referendum_abrogativi_del_1995_in_Italia
Risultato:
Il Jobs Act con un colpo di spugna ha cancello tutto.
In Italia le più grosse catene alimentari con centri commerciali sono quasi tutte Francesi, peccato però, che a casa loro non usino gestire i centri commerciali come da noi.
Negozi sempre aperti, Italia unico Paese in Europa – Corriere.it