Basta interpretazioni del DPCM: i garden restino aperti o sarà la fine
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L’allarme arriva dalla Consulta Florovivaistica di Coldiretti, che ha scritto una lettera alla GDO, a Federdistribuzione e alle istituzioni.
Oggetto: le errate interpretazioni del DPCM del 3 novembre da parte di autorità locali, che hanno causato la chiusura «ingiusta» di reparti dei supermercati e soprattutto garden center, con il rischio di mettere a seria prova la tenuta di tutto il comparto, soprattutto in vista del Natale.
A firmare l’urgente richiesta di chiarimenti, affinché non si lasci spazio a dubbi o interpretazioni di quanto previsto dal DPCM, è stato direttamente il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, insieme a Mario Faro e Nada Forbici, rispettivamente presidente e coordinatore della Consulta nazionale florovivaismo.
“Il problema – spiega Nada Forbici – si è manifestato in particolare in alcune regioni: Veneto, Friuli Venezia Giulia e Sicilia. In queste zone, in seguito a una interpretazione scorretta del DPCM del 3 novembre, è spesso scattato lo stop alle attività di vendita di piante, che erano invece tutelate da decreto «in quanto completamento e sbocco della filiera agricola”.
Sono arrivate così ordinanze di chiusura degli spazi dedicati a piante e fiori nei centri commerciali, supermercati e ipermercati, mentre lo stop all’attività di realtà commerciali di oltre 250 mq ha fermato diversi garden, “che superano facilmente queste dimensioni, inglobando spesso produzione e vendita, senza che a livello regionale o comunale ne sia stata riconosciuta l’eccezionalità”, prosegue Nada Forbici.
Se a tutto questo si aggiungono anche i divieti agli ambulanti all’interno dei mercati locali, il rischio per il comparto florovivaistico è che non ci sia praticamente più spazio per la vendita di piante e fiori – in particolare Stelle di Natale e alberi veri, nel periodo delle feste – se non ci sarà un’applicazione omogenea e corretta di quanto previsto dai DPCM. A vantaggio, denuncia Coldiretti, dell’acquisto di piante e fiori in plastica, che pesano sull’economia e sull’ambiente.
Il problema non riguarda però solo alberi di Natale e stelle, ma anche altre piante (i ciclamini, per esempio) e fiori recisi già pronti per la vendita che rischiano di dover essere buttati con un danno gravissimo per un settore già duramente segnato. “Un settore – spiegano i firmatari – che ha già pagato un conto da oltre 1,5 miliardi di euro a causa della pandemia, con la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro, dai vivai ai negozi”. Senza considerare per il settore florovivaistico anche i problemi di export, i ritardi di consegne e trasporti e i le difficoltà di vendita.
Cosa auspicate in vista del prossimo DPCM Natale? “Semplicemente che venga rispettato il DPCM del 3 novembre – sottolinea Nada Forbici – dove piante e fiori risultano aperti alla commercializzazione. Al contrario con diverse ordinanze e successive interpretazioni è successo di tutto e di più, soprattutto in alcune regioni: reparti di piante e fiori chiusi nella gdo, garden center chiusi nei weekend, superfici di apertura limitate. Abbiamo bisogno che per i prossimi 20 giorni non ci siano restrizioni per l’anello finale del nostro prodotto, altrimenti le aziende floricole dopo la primavera non riusciranno a reggere questo secondo contraccolpo”.
Il valore della produzione italiana di fiori e piante è stimato in 2,57 miliardi di euro, con 27mila imprese e 200mila posti di lavoro.
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