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L’appello di Netcomm e l’alternativa alla Web Tax

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Secondo quanto dichiarato da Roberto Liscia, Presidente di Netcomm, la recente proposta del Governo di estendere la Web Tax a tutte le imprese digitali in Italia rappresenta una minaccia diretta all’innovazione e alla competitività del nostro tessuto imprenditoriale.

Mentre i Paesi dell’Unione Europea si impegnano a promuovere la crescita del settore digitale, l’adozione di misure fiscali punitive nel nostro Paese, secondo Netcomm, il Consorzio del Commercio Digitale in Italia, rischia di frenare la trasformazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese, già in difficoltà all’interno del contesto internazionale.

Negli ultimi anni, il governo italiano ha implementato la Web Tax, introducendo un’aliquota del 3% sul fatturato delle imprese digitali, con l’intento di garantire un gettito fiscale equo. Tuttavia, la recente proposta di rimuovere il limite dimensionale significa che anche le piccole e medie imprese, già gravate da costi operativi elevati, potrebbero essere colpite da questa tassa.

Netcomm sottolinea come la filiera dell’e-commerce in Italia contribuisca a creare un valore per l’intera economia e società: secondo una recente ricerca, infatti, questo comparto ha generato un valore condiviso di oltre 133,6 miliardi di euro in Italia nel 2022, pari al 7% del PIL.

A beneficiare della ricchezza generata dalla filiera è l’intera società: grazie a questo valore, lo Stato può investire 49,6 miliardi di euro in servizi pubblici e infrastrutture, migliorando il benessere della collettività e supportando lo sviluppo economico del Paese con il 37% del totale generato, che corrisponde al 9,1% delle entrate fiscali 2022.

U problema per le PMI ma anche per i clienti finali

Partendo da queste evidenze, Netcomm esprime una forte opposizione all’estensione della Web Tax, sostenendo che tassare il settore digitale, già in difficoltà, costituisca un errore strategico. Molte delle aziende italiane, per lo più piccole e medie, operano in un contesto economico sfidante, caratterizzato da concorrenza internazionale e margini di profitto ridotti.

Questi nuovi oneri fiscali potrebbero limitare la loro capacità di crescita e sviluppo, con conseguenze negative per l’intero ecosistema digitale. La pressione fiscale ulteriore non solo scoraggerà gli investimenti in innovazione, ma avrà un effetto a catena sull’intero ecosistema digitale.

L’intera filiera subirebbe un aumento dei costi e questo si tradurrebbe inevitabilmente in un incremento dei prezzi per i consumatori finali, riducendo la convenienza dei servizi online e rallentando la crescita del commercio elettronico.

“Tassare in modo aggressivo il settore digitale non favorirà la crescita economica del Paese. Il rischio di doppie imposizioni e la conseguente fuga di imprese all’estero rappresentano motivi di preoccupazione. È cruciale che i policy maker comprendano che, aumentando il gettito fiscale, si sta anche soffocando un settore che potrebbe contribuire in modo significativo alla ripresa economica del Paese. L’Italia deve adottare una strategia che favorisca la digitalizzazione, piuttosto che penalizzarla” dichiara Roberto Liscia, Presidente di Netcomm

Una possibile alternativa alla Web Tax potrebbe essere quella di adottare un sistema di tassazione basato sui profitti anziché sui ricavi. Questo garantirebbe una maggiore equità, tenendo conto della reale capacità economica delle imprese, evitando di penalizzare le realtà in fase di crescita o con margini ridotti. Inoltre, si potrebbe prevedere una fiscalità “channel neutral”, cioè neutrale tra i diversi canali di vendita, fisico e digitale, per evitare che un settore venga penalizzato rispetto all’altro.

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