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Danilo Villa, Bricoio. Un anno dopo

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Nominato il 1° marzo, Danilo Villa si appresta a compiere il primo anno in qualità di consigliere delegato e direttore generale di Bricoio, insegna che attualmente conta 118 punti vendita, l’ultimo, in ordine di apertura, inaugurato a Bergamo il 30 novembre scorso.

Esperienza lavorativa ormai quarantennale, suddivisa tra industria e distribuzione, Villa ha lavorato, tra gli altri, nel Gruppo Fiat, in DHL, in Pirelli, 5 anni in Esselunga e 5 in Coop Italia. Ora, da quasi un anno si occupa di bricolage.

Come si è chiuso l’anno? E il bricolage rispetto al Food? ambito dal quale proviene?
Quest’anno si è chiuso meglio del 2016, che pure era già stato positivo. Il settore ha assorbito meglio di altri la contrazione generale dei consumi e la diminuzione del numero dei negozi. Fatta questa premessa mi pare che nel commercio l’impasse non sia ancora terminata e ci vuole ancora un po’ di tempo perché tutto si rimetta in movimento. Tuttavia, come è noto, più della crisi è il cambiamento del sistema economico e della società che sta pesando su tutto. Ora è difficile dare un giudizio equilibrato, solo tra 20 anni, in retrospettiva, avremo la giusta capacità di analisi per dare un senso e capire meglio questo momento storico di grandi cambiamenti globali.

Il valore del tempo

Quello che sembra certo è il cambiamento che il commercio sta attraversando. Non crede?
Di sicuro il mondo è cambiato, anche nel modo di fare commercio, o meglio, quella che sembrava una situazione standard, è stata messa in discussione sia da un calo che da un orientamento diverso dei consumi e da un diverso modo di approcciare l’acquisto. E’ un percorso ancora in progress e modelli non ce ne sono, quindi, tutto è in discussione. Bastino ad esempio le riflessioni delle grandi insegne alimentari sulla crisi dell’ipermercato, un formato che, per dimensioni, necessita un’interpretazione un po’ meno facile di quanto non fosse prima, quando il grande spazio era sinonimo di grandi quantità di merce e di grande afflusso di clienti.

Ora la quantità non sembra più essere un requisito necessario…
Sì, pare che non sia più il logo trainante anzi, davanti a certe dimensioni, sembra prevalere il disagio e lo smarrimento. Il tempo ha assunto un valore diverso e anche le attività. Oggi, ad esempio si cerca di impiegare il tempo libero dedicandosi allo sport o al benessere in generale. MI pare una grande sfida, quella di riuscire a dare un senso nuovo a questi grandi spazi, così come ai centri commerciali, in generale.

Nel bricolage la situazione è molto diversa e, nella rete GDS, oltre il 54% dei negozi non supera i 2.000 mq di superficie di vendita. Superficie media di riferimento per un’insegna di prossimità come Bricoio che, in questi anni, ha lavorato sull’immagine, sull’offerta e sul lay out. Un cambiamento ancora in atto?
C’è un percorso di cambiamento che è in corso, non si tratta di cambiare le directoring dei reparti, ma dell’interpretare nel modo più efficace l’adiacenza delle merceologie e il percorso che è utile far fare alla clientela. E poi il rapporto con il Cliente, tutto da rafforzare, con elementi che vanno oltre il prodotto. Per noi il servizio è uno dei punti di forza, sul quale stiamo lavorando con grande intensità, basti vedere le nostre ultime novità.

E’ necessario lavorare sul personale

Più servizio e meno prodotto nel futuro di Bricoio?
No, insieme. Non necessariamente l’uno deve portare via spazio all’altro…

Allora andrete su superfici più ampie?
Più che sulle superfici è necessario lavorare sul personale, affinché sia in grado di stare davanti allo scaffale spiegando il prodotto, le sue caratteristiche, le sue funzioni ed il suo utilizzo. Per spigarlo con cognizione di causa.

Sono stata spesso critica, con il suo predecessore, circa l’inserimento in assortimento di detersivi per il bucato e prodotti per la cura della persona. Qual è la sua posizione in merito?
Penso che chi ha introdotto i detersivi abbia fatto una cosa intelligente e ora ne stiamo godendo i benefici. Tuttavia, se si rimane ancorati ad un certo modo di proporre il prodotto, quando magari non è più efficace, allora stai occupando dello spazio che può essere utilizzato per altri prodotti. Se il dibattito è fra i puristi e non del bricolage, non mi interessa partecipare. Dal mio puto di vista la domanda corretta è: quali sono i prodotti utili per le necessità del quotidiano? Ha senso che stiano all’interno di uno spazio, con delle coerenze, ragionevoli? Se guardiamo ai negozi di ferramenta e casalinghi di paese o di quartiere direi di sì.

Parla di una categoria di negozi che ha visto molte chiusure. Non pensa che, in qualche modo, si corra il rischio di trasformarsi un generalista?
No, non è vero. Il confine esiste, e sono il buon senso, il risultato economico, i limiti delle tabelle merceologiche e la capacità delle persone in negozio, nel gestire un certo tipo di assortimento e di proporlo in un modo adeguato, a definirlo. Ciò che mi interessa più di tutto è che il mio negozio, venga percepito come un luogo nel quale tornare per risolvere, comodamente e facilmente, il maggior numero di problemi possibili. A testimonianza sono il percorso merceologico di Brico io con l’introduzione del corner del casalingo, l’assortimento Pet, ora anche “Bella Casa” o il “Car Care”. Esempi che ben raccontano come, per raggiungere gli obiettivi, dobbiamo fare in modo che il negozio sia leggibile, comprensibile e praticabile in modo comodo, per tutti i tipi di clientela che frequentano Bricoio. Accontentiamo l’artigiano e le famiglie, e se ci mettiamo anche qualche caramella per i bambini, magari abbiamo reso meno complicato, per i genitori, il momento dell’acquisto.

Mai stata contraria alle caramelle…
E’ un esempio. Quello che voglio comunicare è quanto sia necessario studiare e sperimentare, magari anche recuperando qualcosa delle vecchie ferramenta, continuando a spingersi verso un mondo di servizi che sono sempre più necessari. Dobbiamo essere capaci di fare meglio del web, di Amazon o altri “pure player”, che il servizio, per come noi lo intendiamo non possono proporlo.

In Italia è differente

Il vostro format è mediamente sui 2.000 mq, con punte sui 3.000 ma anche formati al di sotto dei 1.000 mq. Nella composizione dell’assortimento è necessario fare delle scelte: ampiezza o profondità?
Dipende, tuttavia, se devo dare una risposta, direi ampiezza. La vera profondità presuppone che tu sia veramente un super specialista, e in alcuni settori, la profondità, diventa ampiezza. E siccome noi siamo più piccoli di altri concorrenti, dobbiamo essere più agili e più flessibili nell’interpretare i bisogni della clientela e del territorio, che dobbiamo conoscere e interpretare.

Una politica, totalmente in contraddizione con l’omologazione cui tendono molti retailers anche nel brico. Si pensi solo alla strategia “One” di Kingfisher…
Vero, di esempi ce ne sono diversi, tuttavia non è detto che tutte le sperimentazioni in questa direzione siano di successo e valgano per tutti i Paesi. In Italia, molte multinazionali del commercio hanno dovuto rivedere i loro progetti declinandoli sulle nostre abitudini e sul nostro tessuto commerciale, che è molto differente rispetto al resto d’Europa. Dal mio punto di vista, non esiste niente che sia uguale a se stesso, per più di un lasso ragionevole di tempo, perché poi devi necessariamente interpretare il mondo e il tempo in cui sei.

Nella trasformazione cui ha accennato sopra, il personale di vendita diventa elemento chiave nel decretare il successo o meno di una formula commerciale. Quali i programmi in tal senso?
E’ scontato che dobbiamo fare qualche sforzo in più rispetto al passato, peraltro in linea con le richieste da parte del personale. Abbiamo approntato un programma di formazione molto intenso e i fornitori si dimostrano molto collaborativi.

Ora si parla di “teatralizzazione” del punto vendita e shopping experience. Come la declinerebbe nel punto vendita di bricolage?
Faccio sempre i complimenti a chi ci prova, ma credo che sia necessario stare attenti. Prendiamo l’esempio di Ikea, un bellissimo modello ma quanto è esportabile e praticabile? Mah. Loro sono bravissimi e vista nei loro negozi funziona, ma presuppone spazi enormi e un certo tipo merceologie. Mi è parso di capire che alcuni nostri concorrenti stiano cercando di andare in quella direzione, con più spazi dedicati alle demo e meno alla vendita ma, per quanto riguarda Bricoio, questa non è l’opzione che pensiamo di dover seguire. Abbiamo optato per la scelta di corner specialistici – shop in shop -, un’esperienza molto interessante, che è maturata all’interno e dove esiste, in ogni caso, la tensione verso un’esposizione gradevole e attraente per il cliente.

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