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Essere digitali o non essere digitali? This is the question

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Nella vita bisogna scegliere e sul quesito “essere o non essere digitali” non c’è più tempo, la scelta non può più essere derogata. In Italia solo il 61% delle pmi con meno di dieci addetti ha un sito web, si sale all’87% di quelle che hanno tra i 10 e i 20 addetti. Ovviamente più si sale e più troviamo aziende dotate di sito web.

Già da questi dati capiamo che la scelta di “essere digitali”, per le aziende che operano in Italia, è tutt’altro che scontata, se poi consideriamo che per “essere digitali” non è certamente sufficiente avere un sito web, la situazione si complica ancora di più.

Un sito web non alimentato da contenuti e non inserito in una strategia multicanale dove tutta la comunicazione, dal packaging al punto vendita, è integrata e funzionale, è davvero poco utile e a volte può rivelarsi persino dannoso. Non solo, in Italia il 58% dei siti in rete (considerando l’entità della percentuale in questo caso troviamo anche le grandi aziende) non sono ottimizzati per smartphone, il che significa che quando ci colleghiamo a questi siti con il nostro cellulare li vediamo male, con caratteri illeggibili perché troppo piccoli e impossibili da gestire nonostante il nostro gesticolare tra pollice e indice per ingrandire ciò che intravediamo sullo schermo.

Quando questo accade, la nostra predisposizione verso l’azienda in questione, come minimo ne esce ridimensionata. Un danno non da poco se si considera che ormai il collegamento a internet da mobile ha sorpassato quello da pc. Nel giorno medio 15 milioni di italiani si collegano a internet da uno smartphone e circa 13 milioni da pc.

Non essere “ottimizzati” significa “non essere” digitali. Non aggiornare i contenuti del sito significa non essere digitali, non gestire una comunicazione sui social significa non essere digitali, chiedersi ancora “ma se faccio pubblicità sul web funzionerà?” significa non essere digitali. Nelle medie europee segnalate da Nielsen, internet ha superato la TV assicurandosi il 36% degli investimenti totali (la TV 33% e la stampa 25%). Anche in Italia gli investimenti adv in rete galoppano raggiungendo il 29% del totale, erodendo però quote alla carta stampata, arrivata al 17% e con un trend negativo costante da alcuni anni, ma non alla TV che ha ancora un ruolo predominante (nonostante il crollo degli ascolti) con il 49% sul totale investimenti.

Ciò che è più curioso è che tanti di questi manager (titolari, ad, direttori generali o marketing) che in azienda non sono digitali, nella loro vita privata lo sono, eccome. Già, perché nella vita privata siamo tutti tremendamente digitali, primi in tutte le classifiche europee.

Il 70% degli italiani non lascia passare mezz’ora dal suono della sveglia mattutina per dare un’occhiata al proprio smartphone. Controllare se abbiamo ricevuto sms o messaggio su WhatsApp oppure dare un’occhiata alla nostra pagina social è ormai un dovere inderogabile. Il 74% del gli italiani aggeggia con il proprio smartphone anche se in compagnia di amici, il 69% guardando la TV, il 60% al ristorante, il 42% durante le riunioni di lavoro, fino ad arrivare a un 35% che guardano lo smartphone attraversando la strada e un 20% mentre guidano l’auto.

Sono 15 milioni gli italiani attivi ogni giorno su Facebook e quando dobbiamo acquistare qualcosa la prima ricerca è su internet: nei forum per raccogliere opinioni, in Youtube per vedere filmati sul prodotto e nei siti di ecommerce per controllare i prezzi. Poi in molti casi andiamo comunque nel punto vendita, ma alla velocità di internet nel fornirci le informazioni che cerchiamo non ci rinunciamo.

Insomma sembra proprio che nella vita privata corriamo con le scarpette chiodate di Usain Bolt, ma appena arriviamo in azienda le togliamo e ci infiliamo le vecchie pantofole, confortevoli e rassicuranti ma spesso poco adatte per offrire le performance che il nostro pubblico, i nostri clienti ci chiedono. Essere o non essere? Questo è il problema.

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