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Retail, le differenze inventariali pesano circa 5 miliardi di euro

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furti nei centri brico

Il costo economico causato dalle differenze inventariali in Italia nel 2020 è stato pari a 4,97 miliardi di euro, in aumento rispetto al valore stimato per il 2017 che si attestava sui 4,8 miliardi di euro.

Se da un lato si sono registrate diverse difficoltà logistiche dovute ai tanti mesi di lockdown, dall’altro le esigenze e le abitudini dei consumatori sono cambiate con una conseguente evoluzione nei trend del mercato della distribuzione, ora essere sempre più multicanale, senza confini netti tra fisico e digitale.

In quest’ottica nella ricerca dedicata a “La Sicurezza nel Retail in Italia 2021”, condotta da Crime&tech, con il supporto di Checkpoint Systems e in collaborazione con il Laboratorio per la Sicurezza, è risultato chiaro che anche l’omnichannel sia un fenomeno da ascrivere ormai tra le cause analizzate proprio dall’indagine: se tecnologia e innovazione sono alla base del business di ogni retailer – gdo e non – esse occupano ora un ruolo di primaria importanza anche nel contrasto delle differenze inventariali.

Come ricordato da Marco Dugato, amministratore di Crime&tech e ricercatore di Transcrime – Università Cattolica durante la presentazione, i retailer di oggi e di domani dovranno fare i conti con strategie e soluzioni tecnologiche innovative e costantemente aggiornate per rimanere competitivi e ridurre al minimo le perdite.

Proprio per via dei problemi gestionali connessi all’emergenza e alle aperture e chiusure forzate coordinate in autonomia da parte di ogni Paese, questa nuova edizione del barometro ritorna a focalizzarsi sulla situazione italiana, senza perdere d’occhio il resto dei retailer europei.

Un trend influenzato dalla pandemia

Il report ha evidenziato che il costo economico totale causato dalle differenze inventariali in Italia nel 2020 è stato pari a 4,97 miliardi di euro, in aumento rispetto al valore stimato per il 2017 che si attestava sui 4,8 miliardi di euro (80 euro per cittadino). I valori rilevati, tuttavia devono essere considerati con cautela in quanto le aziende possono adottare diversi metodi per classificare e quantificare le perdite.

Sempre lo scorso anno le differenze inventariali delle aziende italiane del settore retail e gdo sono state in media pari all’1,41% del fatturato annuo. Tra i settori considerati, supermercati, ipermercati e discount (1,89%) presentano un valore significativamente sopra la media, mentre il settore Calzature e accessori (1,04%) è quello che ha registrato il valore più basso.

Guardando all’andamento delle differenze inventariali tra il 2020 e gli anni precedenti, si registra una stabilità nell’incidenza delle perdite, addirittura con una lieve diminuzione (-6,5% in media) in quasi tutti i settori rispetto al 2018. Le misure adottate a causa della pandemia hanno impattato in modo diverso sulle perdite nel settore retail e gdo. Il 41% dei rispondenti afferma che hanno comportato un aumento delle differenze inventariali, mentre il 38% ha evidenziato una diminuzione. I diversi andamenti non sembrano essere legati a particolari settori merceologici. Secondo Dugato, “Se un’azienda è stata in grado di adattarsi velocemente all’emergenza ha saputo anche fare fronte alle differenze inventariali; il contrario per chi non è stato così flessibile”.

La quota di differenze inventariali sconosciute, ovvero perdite per cui non è stato possibile identificare una causa, è rilevante (52% in media) e per circa un terzo degli intervistati è addirittura aumentata rispetto al 2019. Il momento in cui si registrano le differenze inventariali più alte per la maggioranza delle aziende rimane il periodo natalizio. L’entità delle perdite è fortemente legata alle categorie di prodotti venduti e di conseguenza alle caratteristiche della clientela e alle modalità di vendita. Anche le caratteristiche dei punti vendita, oltre all’adozione di misure di sicurezza dedicate e l’esperienza dello staff, sono fattori che incidono sulle perdite.

Al primo posto i furti esterni

Tra le cause principali delle differenze inventariali, ha ricordato ancora Marco Dugato, le aziende elencano in primis i furti esterni. “Va notato che la seconda causa sono gli errori amministrativi e contabili, mentre al quarto posto ci sono gli scarti. Quindi grande peso agli errori operativi, oltre alle cause criminali. Entrambi vanno affrontati in sinergia, ma con metodi diversi”.

Per quanto riguarda i furti esterni, il taccheggio è la modalità più frequente, seguita dal furto di necessità (“nell’ultimo anno ci è stata segnalata la crescita di questa tipologia, uguale al taccheggio ma con un fine diverso, ovvero quello di soddisfare esigenze di sopravvivenza”) e dal furto con scasso. “Rilevanti i furti con scasso e il vasto mondo delle frodi. Residuali invece le rapine, minimali dal punto di vista economico, anche se più impattanti da quello della sicurezza o della sua percezione”.

Tra gli episodi di taccheggio, il modus operandi più frequente è la rimozione delle etichette antitaccheggio, seguito dal “grab and run” (entro, afferro il prodotto, scappo). Nella maggior parte dei casi i ladri si limitano all’occultamento dell’articolo tra i vestiti o all’interno di borse o zaini. Poco usate le borse schermate, le cosiddette “booster bag”, anche se questa modalità ha in genere un impatto economico maggiore (in media 600 euro vs gli 80 euro di un taccheggio “semplice”, valore che cambia tuttavia a seconda dei settori merceologici considerati). Si registra, inoltre, una crescita dei casi di articoli non passati in cassa attraverso strumenti di checkout alternativi.

Dal 2019 al 2021, Campania, Abruzzo e Lombardia sono le regioni in cui i punti vendita hanno registrato un’incidenza maggiore di episodi di taccheggio. Osservando però il valore totale degli eventi registrati, si nota come Lombardia ed Emilia-Romagna siano le regioni maggiormente colpite.

Tra i prodotti più rubati per valore economico i capispalla per ciò che riguarda il settore abbigliamento, gli alcolici (super, ipermercati e discount), le calzature (calzature e accessori), gli smartphone (elettronica di consumo) e gli utensili elettrici (fai da te).

Il problema delle frodi online

Nel 2020, secondo il 50% degli intervistati sono aumentate anche le frodi online o tramite mezzi di pagamento (furto di identità, carte clonate o rubate). Un dato piuttosto uniforme tra i diversi settori merceologici e in parte spiegato dal maggiore ricorso alle vendite online nel corso dello scorso anno. La crescita esponenziale dell’utilizzo dell’e-commerce ha portato anche a un aumento delle frodi tramite canali online.

Per quanto riguarda le frodi esterne, a preoccupare in particolare sono i resi fraudolenti, l’abuso di carte fedeltà, lo scambio di etichette dei prodotti. I furti e le frodi commessi da fornitori sono in prevalenza stabili tra il 2019 e il 2020. I fornitori di servizi logistici (es. corrieri, trasportatori) e i fornitori di altri servizi (es. società di sicurezza, pulizie, vigilanza) sono i principali fornitori coinvolti in furti e frodi.

Oltre alle cause di natura criminale, emergono come molto rilevanti nella determinazione delle perdite totali anche gli errori amministrativi e gli scarti e rotture. Ad esempio, nel settore Abbigliamento gli errori amministrativi hanno un’incidenza superiore a quella dei furti esterni, mentre nel settore Super, iper e discount rilevanti sono gli scarti e rotture, gli sfridi e la merce scaduta. In questo caso significativa la segnalazione da parte del comparto diy.

Il costo economico totale delle perdite nel retail e nella gdo, un dato che deriva dalla somma delle differenze inventariali e delle spese in misure di sicurezza sul fatturato, è pari in media al 2,01% del fatturato. Una stima conservativa del costo economico complessivo medio delle perdite è di circa miliardi di euro, pari a circa 84 euro a testa per ogni cittadino, un dato in aumento rispetto alle stime degli anni precedenti.

Prima di passare a esaminare le eventuali soluzioni per arginare il problema Marco Dugato ha ricordato quattro punti che le aziende dovrebbero tenere presente. “Penso sia necessario innanzitutto puntare sulla cooperazione tra pubblico e privato. Quindi investire e sviluppare soluzioni tecnologiche, possibilmente integrate nei servizi aziendali. Puntare sulla formazione del personale e infine favorire la ricerca su questi temi. Tutto questo può servire a capire i problemi, individuarli e possibilmente risolverli”.

Contrasto e prevenzione

Nel 2020 il retail e la gdo hanno speso, in media, lo 0,6% del fatturato in misure di sicurezza. Tra queste, videosorveglianza, sigilli alle porte e controlli alle uscite di sicurezza, barriere antitaccheggio e doorman/portierato sono le più utilizzate.


Per quanto riguarda le misure di protezione dei singoli prodotti, le più gettonate rimangono le etichette antitaccheggio applicate in-store, oltre a scaffali chiusi ed etichette antitaccheggio applicate alla fonte.


A questi mezzi “meccanici” gran parte degli store aggiunge anche una formazione ad hoc del personale. Per il 75% degli intervistati la formazione riguarda tutti i punti vendita della propria azienda, mentre per il 18% in più della metà.

Coinvolgere di più le forze dell’ordine

Interessante, secondo Marco Dugato, notare come rapine e furti con scasso siano i reati più denunciati alle forze dell’ordine; furto di necessità e taccheggio invece lo sono molto meno. Ancor più alto è il tasso di mancata denuncia per le frodi.

Infatti dalla ricerca appare determinante migliorare il rapporto con le forze dell’ordine. Ad esempio, aumentare il tasso di denuncia degli episodi registrati all’interno dei punti vendita è fondamentale per rendere le statistiche ufficiali più precise per ottenere una più reale dimensione dei fenomeni criminali.

Inoltre, il numero e la qualità delle denunce potrebbero fornire più elementi per identificare comportamenti organizzati o ripetitivi e aiutare a prevenirli. Dovrebbero quindi essere favorite iniziative che aumentino scambio informativo, a partire da sistemi che supportino le aziende nel riportare gli episodi in maniera più rapida.

A una maggiore collaborazione deve naturalmente legarsi anche un maggior supporto tecnologico non solo con la capacità di prevenzione e contrasto, ma anche di miglioramento dei processi gestionali interni o di assistenza alle vendite. Sempre più necessario perciò che le tecnologie siano integrate tra loro e all’interno dei processi aziendali in modo da massimizzarne l’efficacia.

E qui si torna alla necessità di puntare su formazione e ricerca. Da un lato, la formazione è centrale per aumentare la capacità dello staff di affrontare, risolvere o prevenire eventuali problemi. Dall’altro investire nella ricerca implica la capacità di meglio comprendere quali siano gli scenari specifici a cui un’azienda deve rispondere e quali siano le soluzioni tecnologiche più adatte per ridurre le perdite.

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