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Floricoltura Roncador, quando la serra si apre al mondo

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Matteo Roncador

Terza generazione, trent’anni di attività e un territorio – il Trentino – che ne modella l’identità e  il carattere. Matteo Roncador è entrato 22 anni fa nell’attività di famiglia trasformandola in un luogo di aggregazione in cui biologico, sperimentazione e cultura hanno trovato il loro spazio.

L’evoluzione del giardinaggio non si può circoscrivere solo al mondo delle grandi catene di garden center o alle insegne della gds. Serve andare sempre più a fondo per coglierne ogni sfaccettatura. Per questo motivo per il convegno “25 anni di greenup, storie del trade gardening tra hobby e cultura del verde” era necessario ascoltare l’esperienza di realtà più piccole, familiari, dove non manca però l’effervescenza, l’intraprendenza e la voglia di andare nella direzione di un punto vendita che sia pensato per la clientela. Un luogo di relax, cultura, incontro e aggregazione. A farci entrare nelle serre di Floricoltura Roncador ci ha pensato Matteo, terza generazione, che da oltre vent’anni affianca i genitori nella gestione dell’azienda e che l’ha portata a diventare un punto di riferimento nel territorio.

Hai iniziato a lavorare nella floricoltura di famiglia quando avevi 19 anni e hai visto l’attività cambiare. Com’è oggi Floricoltura Roncador?
La nostra floricoltura è di piccole dimensioni e si trova in Trentino a Mezzolombardo. In questa area della regione non esistono grandi garden center, solo un paio, su un totale di cento floricoltori. Il motivo è che da noi le aziende agricole si specializzano principalmente nella coltivazione di fiori e frutta. Nel corso dei trent’anni che esistiamo come azienda, siamo cresciuti, passando da poche produzioni stagionali a una gamma completa. Presidiamo tutto ciò che si trova dai produttori di talee e lo coltiviamo in piccole quantità. Inoltre, all’interno delle serre utilizziamo gli insetti utili così da garantire al cliente un prodotto sano. Il nostro è un approccio biologico aumentativo: usiamo gli insetti utili per eliminare quelli dannosi, abbattendo l’uso di fitofarmaci.

Il garden center è sempre più un punto di aggregazione e non solo di commercio. Si sta trasformando in uno spazio in cui stare bene e partecipare a diverse iniziative. Un approccio che state adottando anche nella vostra floricoltura, no?
Da cinque anni organizziamo Effetto Serra, una serie di eventi “floroculturali” in cui coinvolgiamo persone non totalmente coinvolte nel nostro settore. Per esempio, organizziamo eventi aperti ai disegnatori come Limoniamo. L’idea per Limoniamo è nata dalla frase di Luciana Littizzetto: “Quando torneremo a limonare duro”.  Sentirla mi ha fatto scattare la scintilla: potevamo associare il limone al bacio e attivare un contest per illustratori in cui dare vita a opere che rappresentassero questa combinazione. Lo scorso anno sono arrivati oltre 900 disegni e, dopo una necessaria scrematura, abbiamo esposto le opere nelle serre. In questo modo ci apriamo a una serie di iniziative al di fuori del nostro mondo e il cliente, visitando la floricoltura, può vivere anche qualcosa di diverso. Un altro evento di punta è gin e ginepri. Abbiamo associato dei produttori locali di gin a diverse tipologie di ginepri di nostra produzione. Presentando il nostro prodotto florovivaistico, possiamo raccontare i produttori locali. Lo scorso anno erano quattro realtà, mentre quest’anno ne abbiamo coinvolte una decina.

Quali sono i vantaggi di queste iniziative per l’azienda?
Siamo riusciti, in primis, ad abbassare l’età media del cliente. Se prima la clientela media si aggirava intorno ai 65 anni in su, ora ci assestiamo intorno ai 35-45 anni. Abbiamo anche richiamato e fidelizzato molte persone: è stato un mix tra la voglia di piante in casa, gli effetti della pandemia ma anche gli eventi.

Oltre che degli eventi, quando sei entrato in floricoltura ti sei occupato dei social media e pubblicità
Quando sono entrato  in azienda, l’idea di avere un budget da dedicare alla pubblicità non era scontato. Qui in Trentino non è comune pubblicizzarsi sulle riviste di settore o rilasciare interviste. Devo dire che è stata una bella lotta, dal momento che dovevo combattere con i miei genitori e i nonni che non capivano l’utilità della pubblicità, considerato che non c’era un ritorno immediato. Oggi, tramite social e pubblicità, cerchiamo di spingere e invogliare il cliente a venirci a trovare. Al contrario di altri però non ho un sito e-commerce. Penso che avere una piccola floricoltura ti permetta di consigliare personalmente i clienti e saper dire anche che una pianta è meglio non comprarla. Il rapporto diretto è più concreto.

Avete però un distributore automatico
Il distributore lo stiamo rodando. Mi sono dato qualche mese per capire se funziona. La necessità di averlo nasce per lasciare la domenica libera ai miei collaboratori e per essere a disposizione della clientela 24/7 con sei scomparti dedicati al reciso e altrettanti per le piante del punto vendita. Al momento sta andando meglio il reciso.

Da quando sei entrato in azienda ad oggi, com’è cambiato il format del negozio?
In questi 22 anni ho capito che non si finisce mai di investire nella propria azienda e bisogna saper offrire un buon servizio ai propri clienti. Il modo in cui si offre questo servizio è sicuramente cambiato: oggi ci sono anche le recensioni, i commenti e i social da gestire. Nel corso degli anni i cambiamenti sono stati possibili e applicabili anche grazie ai viaggi con Aicg che ha permesso di vedere con i nostri occhi realtà diverse in tutta Europa. E ci ha dato la possibilità di “portare a casa” delle innovazioni. Per esempio, le piante da giardino sui banchi, l’acquisto verticale, la divisione delle piante in base alla collocazione nel giardino, e metodi nuovi per consigliare la clientela.

Leggi anche:

Silvano Girelli, Flover: ” Il Garden Center, esperienziale e aggregativo”

OBI: “L’orientamento al garden è nel nostro dna, da sempre”

e il commento di Thalia Taioli sul blog di (RI)GENERIAMO

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