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AICG, servono incentivi per le rinnovabili

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Vanno bene le misure urgenti per affrontare i problemi nell’immediato, ma sono necessari interventi strutturali per incentivare l’uso di rinnovabili nella filiera del verde.

Sono queste secondo Davide Michelini – vicepresidente di AICG, l’Associazione Italiana Centri Giardinaggio – le due strade da intraprendere per affrontare la gravosa questione del rincaro dei costi per l’energia, che sta mettendo a dura prova tutto il settore.

“Abbiamo di recente partecipato a diversi tavoli di lavoro su questo argomento – spiega Michelini – Il problema più grande è il riscaldamento delle serre che davvero mette a rischio i mesi invernali di vendita e produzione. Per il momento i rincari di prezzo sono rimasti contenuti, per le Stelle di Natale, per esempio, intorno al 10-15%, ma i costi sono aumentati molto, molto di più”.

Non si tratta solo del riscaldamento, tuttavia, ma degli aumenti anche per l’energia elettrica, cominciati già la scorsa estate, che si aggiungono ai rincari delle materie prime, dei terricci, dei vasi, degli imballaggi. “Insomma, una serie di aumenti che potrebbe dare il colpo di grazia a un intero settore, con ripercussioni anche in primavera per la produzione e vendita di tutte le tipologie di prodotto che stanno in serra calda”.

Come considera gli interventi attuati fino a questo momento? “Qualcosa è stato fatto come misure di aiuto – sottolinea il vicepresidente di AICG – ma le misure sono ancora troppo limitate, quasi inconsistenti, anche perché mancano i decreti attuativi. Le aziende sono tutte fortemente esposte: anticipano costi per l’energia elettrica da maggio-giugno, quelli per il riscaldamento. Il rischio è di arrivare alle scadenze fiscali in pieno inverno e a corto di liquidità. Occorrono misure tampone più incisive a sostegno delle aziende per far sì che possano arrivare a primavera con le proprie forze”.

Ragionando sulle cause del problema, Michelini non tace un’amara considerazione: “Fa un po’ rabbia vedere che in molti casi i rincari sono dovuti a speculazioni: questo è davvero penalizzante per chi ha già investito in ottica di sostenibilità ambientale, per esempio in impianti di riscaldamento innovativo. Buona parte dei garden italiani si è dotata di impianti a biomassa: non è ragionevole che il costo di un quintale di cippato, o di altri combustibili, sia raddoppiato rispetto allo scorso anno. Per non parlare del pallet, che ci coinvolge doppiamente, sia per l’uso diretto, sia per la vendita: i prezzi sono quintuplicati rispetto al 2021”.

Che cosa si aspetta dalla politica? “Un intervento più deciso, un maggiore controllo della filiera, tra le più penalizzate. Parlo sia dei produttori, sia dell’ultimo anello, i garden center, che si trovano di fronte al cliente finale con prezzi esagerati. Finora i rincari sono stati contenuti, pur mantenendo una qualità alta, proponendo piante che durano, che sono coltivate nei garden fino alla fine, con la giusta illuminazione, concimazione, irrigazione. Questi costi sono però tutti a carico dell’azienda e non sappiamo fino a quando potremo farcene carico”.

Nel concreto, la richiesta è appunto per prima cosa di misure tampone che assicurino la liquidità: “Non possiamo permetterci di tenere chiuso, nemmeno parzialmente, o di rinunciare alle colture di serra calda, sarebbe un disastro, nonché un brutto messaggio in netto contrasto con il ruolo e il messaggio dei garden center: le piante sono vita e speranza”.

In seconda battuta, l’attenzione deve andare a un percorso di incentivi per il passaggio alle rinnovabili. “La politica deve fare la sua parte, non servono nuovi conti energia: andiamo in direzione dell’accumulo e facciamo in modo di diventare quanto più possibile autonomi dal punto di vista energetico”.

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