Osservatorio Non Food 2013
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Sono stati presentati nel suggestivo contesto del Piccolo Teatro Studio di Milano i risultati dell’undicesima edizione dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy – Indicod-Ecr, l’associazione italiana non profit che riunisce 35 mila aziende industriali e distributive del settore dei beni di consumo. Lo studio, in collaborazione con TradeLab, dal 2002 monitora in modo sistematico il settore dei beni non alimentari. L’edizione 2013 si è arricchita di un approfondimento sugli ipermercati, i malati del momento, realizzato da IRI e da un’analisi sull’evoluzione dei consumatori Non Food nei diversi canali d’acquisto curata da GfK-Eurisko.
Le relazioni presentate sono state tutte estremamente interessanti, compresa la tavola rotonda finale condotta da un Luigi Rubinelli, direttore di Retail Watch (portale internet di informazione per il mondo della distribuzione), come sempre acuto nelle analisi e pungente nelle domande.
In termini generali ciò che è emerso è il momento difficile che anche il non food sta passando: nel 2012 la flessione rispetto al 2011 è praticamente raddoppiata. Tutti i comparti hanno segnato un calo nelle vendite e tutte le tipologie distributive hanno risentito della debolezza dei consumi. Anche la distribuzione moderna specializzata registra per la prima volta dopo vari anni una lieve contrazione.
Nel 2012 il totale dei consumi delle famiglie, a valori correnti, ha subito una contrazione dell’1,4%; se però si prendono in analisi i valori reali (che non considerano gli effetti della variazione dei prezzi) il dato è ancora più preoccupante: il calo supera i 4 punti percentuali. Questa sofferenza dei consumi, che ha raggiunto livelli senza precedenti, riflette, secondo le indagini svolte dall’Osservatorio, l’aggravamento della situazione economica di una parte rilevante delle famiglie italiane, oltre al deterioramento del potere d’acquisto e all’erosione del clima di fiducia, minato dalle politiche restrittive attuate dai governi dell’Unione Europea.
In questo contesto, ovviamente, i consumi Non Alimentari si configurano come il settore che ha risentito maggiormente dei tagli di spesa delle famiglie, registrando una flessione a valori correnti dell’8,7%, quasi doppia rispetto a quella dei prodotti Grocery. A causa di questo significativo calo gli acquisti di prodotti non alimentari vedono ulteriormente assottigliata la loro incidenza sui consumi complessivi: era del 21% nel 2011 passa al 16% nel 2012. In realtà, come ha fatto notare anche Luigi Rubinelli, questi dati, come tutti i dati statistici in generale, non tengono conto di alcune tendenze d’acquisto orientate a canali alternativi quali gli ambulanti, gran parte dell’e-commerce, l’usato e altre. Tutte realtà che unitariamente fanno registrare un giro d’affari ridotto ma che messe insieme probabilmente rappresentano una quantità di acquisti significativa.
Molto interessante sono poi gli spunti, relativamente alle caratteristiche delle famiglie italiane di oggi e di domani, forniti dall’Osservatorio. Nel 2000 le coppie con figli rappresentavano quasi la metà della realtà italiana con il 45,8%, i single erano il 24% e le coppie senza figli il 21,4%. Già nel 2007 viene registrato uno spostamento che vede un calo delle coppie con figli al 41,3%, mentre crescono i single al 27,2% e le coppie senza figli al 22,3%. Ebbene secondo le proiezioni dell’Osservatorio prima del 2020 avverrà il sorpasso: i single saranno il 34% della popolazione, le coppie con figli scenderanno al 31%, mentre le coppie senza figli si assesteranno al 24%. E’ evidente che stiamo vivendo un cambio sociale di straordinaria importanza.
Ma ancora più interessante, soprattutto in relazione ai consumi e all’approccio che le aziende della produzione e della distribuzione dovranno tenere se vorranno tentare di prosperare, è l’evoluzione dei diversi tipi generazionali. Soprattutto le aziende del bricolage, che hanno sempre in mente uno stereotipo del pensionato sempre meno attinente alla realtà è bene che riflettano su questi dati. Ebbene nel 2007 i cosiddetti Millenial, nati nel 1980 e anni seguenti, cioè la generazione digitale nata con in mano tastiera e mouse, rappresentavano già la maggioranza con il 27,7%, seguiti dai Boomer, nati tra il 1945 e il 1964, con il 27%, dalla famosa Generazione X, nata dal 1965 al 1979, con il 23,1% e infine dai Mature, nati nel 1944 o prima, con il 22%.
Conti alla mano, l’Osservatorio segnala che nel 2020, cioè tra sette anni non settanta, i Millenial rappresenteranno il 42% dei consumatori, i Boomer il 24%, la Generazione X il 23,4% e i Mature il 10,6%. Questi dati riguardano il totale della popolazione, quindi nei Millenial sono compresi anche i bambini che probabilmente in quanto consumatori poco interessano agli operatori del bricolage. In ogni caso se sfoltiamo il dato dai bambini con età inferiore ai 14 anni scopriamo che la percentuale dei Millenial rimane comunque la maggioritaria con il 28,4%. Tutte persone abituate dalla nascita a navigare in internet, a informarsi, a documentarsi e a confrontarsi usando la rete, i social, i forum e quant’altro. Tutte persone con cui le aziende e la distribuzione del bricolage hanno a che fare già oggi, ma che nel prossimo futuro saranno quelle che decreteranno il successo o il fiasco di una marca o di un’insegna.
Veniamo ora alla specifica analisi dei mercati e dei loro andamenti. I mercati Non Food monitorati dall’Osservatorio (che considera solo una parte dei mercati non alimentari del più ampio aggregato dei consumi non alimentari dell’Istat) ha raggiunto nel 2012 un valore complessivo di 101 miliardi euro, segnando una flessione del 5,5%, più che doppia rispetto a quella dell’anno precedente, che era stata del 2,4%.
Tutti i comparti Non Food hanno registrato una flessione nelle vendite, anche quelli che fino all’anno precedente avevano mantenuto un certo dinamismo, con, nella maggior parte dei casi, un peggioramento nel trend. Unico comparto in controtendenza quello dell’Elettronica di consumo che, pur mantenendo saldo negativo (-3,6%), ha dimezzato il calo rispetto all’anno precedente, dimostrando di riuscire a reagire alla crisi con maggiore dinamicità rispetto ad altri comparti del non alimentare.
Particolarmente negativa, con flessione a due cifre, e in marcato peggioramento rispetto al 2011 è stata la dinamica di Mobili e Arredamento e di Edutainment (supporti musicali, libri, homevideo, videogiochi): rispettivamente -11% e -14% .
Prosegue il trend negativo, iniziato nel 2008, di Abbigliamento e Calzature, il più importante comparto del Non Food, che subisce una contrazione quasi del 5%, la peggiore degli ultimi anni.
Maggiore tenuta hanno invece registrato altri comparti, che pur segnando saldi negativi, hanno mantenuto flessioni più contenute, senza peggiorare il trend rispetto al passato: prodotti di Ottica, Cancelleria, Giocattoli.
La crisi ha toccato anche il nostro comparto del Bricolage, che nel biennio precedente aveva registrato un buon consolidamento: con la contrazione del 2012 si riporta sui livelli di giro d’affari del 2009, pari a 12 miliardi di euro (-6% rispetto al 2011). Considerando altri mercati e altri andamenti non ci si può lamentare più di tanto, anche perché, nel caso del bricolage, forse più di altri, sfugge alle statistiche quella quota di ambulantato, di cinesi, di usato e di e-commerce. Proprio rispetto all’e-commerce risulta che la quota di consumatori che hanno fatto almeno un acquisto di un prodotto per il bricolage è passata dal 13,5% del 2008 al 28,8% nel 2013: più che raddoppiata. Di questi il 15,5% ha fatto un acquisto di bricolage in rete negli ultimi tre mesi.
Entriamo ancora di più nel dettaglio e vediamo gli andamenti rilevati dall’Osservatorio nei diversi canali distributivi. La nota più evidente riguarda il fatto che in generale la distribuzione moderna ha risentito meno della debolezza dei consumi. A seconda del comparto stiamo comunque parlando, nella migliore delle ipotesi di lievi crescite o di sostanziali tenute, con flessioni più sensibili nei comparti dell’edutainment e della telefonia.
Chi ha fatto registrare le migliori performance nell’ambito della distribuzione moderna sono gli specializzati che hanno eroso quote di mercato ai super e agli ipermercati praticamente in tutti i comparti del non food. Nonostante tutto anche i negozi specializzati, per la prima volta dopo diversi anni di crescita, hanno dovuto chiudere il 2012 con una seppur lieve flessione, pari allo 0,5%.
Per quanto riguarda in particolare il bricolage si segnala come la distribuzione moderna sia cresciuta, dal 2007 al 2012, erodendo quote alla distribuzione tradizionale e passando dal 30,3% al 35,5%. L’erosione alla distribuzione tradizionale da un lato e a quella generalista (super e iper) dall’altro ha portato la distribuzione specializzata nel bricolage ad aumentare in maniera molto significativa il flusso di consumatori nei propri punti vendita: considerando gli ultimi tre mesi, nel 2003 erano 5.610.486 mentre nel 2013 sono cresciuti a 10.699.485, mantenendosi sopra all’articolo sportivo (8.468.439) e all’arredamento (8.267.154).
Un fenomeno interessante rilevato dall’Osservatorio che ci spiega con i numeri la tendenza verso il negozio specializzato, lo troviamo nel comparto dell’abbigliamento, dove, dal 2003 al 2013 si registra un calo di consumatori all’interno dei Grandi Magazzini, da 12.089.663 a 11.846.617, a fronte di una importante crescita nei punti vendita specializzati che sono passati dai 17.424.521 del 2003 ai 25.360.918 del 2013.
Per concludere riportiamo la segnalazione dell’Osservatorio secondo cui, nel 2013 le insegne della distribuzione moderna non alimentare (forse tranne quelle del bricolage – n.d.r.) hanno aumentato la frequenza di aggiornamento dei contenuti su Facebook e la presenza (e soprattutto il numero di post) su Twitter: attraverso i social network infatti le aziende non solo si arricchiscono di un forte potenziale comunicativo ma raccolgono molte informazioni fornite dai consumatori, che possono utilizzare per generare valore, migliorare la propria offerta, attivare una gestione del marketing one to one sempre più mirata e multicanale.
La sintesi finale: “il mutato paradigma di consumo e il conseguente orientamento del consumatore alla parsimonia, impongono dunque a tutte le tipologie distributive un ripensamento del proprio modello di business e della struttura dell’offerta”.
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