Ten: DIY and Garden
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Massimo Pulcinelli e l’evoluzione di Bricofer (e di Self)


MASSIMO PULCINELLI
MASSIMO PULCINELLI

Dopo un silenzio stampa durato quasi due anni Massimo Pulcinelli, presidente del Gruppo Bricofer, torna a raccontare le novità di Bricofer, Self e Ottimax. E non solo.

Un’intervista a tutto tondo sulla sua visione del mercato, la situazione della distribuzione del settore e l’evoluzione futura dei format. Format sul quale il Gruppo, dopo aver consolidato il parco negozi, sta lavorando con grande concentrazione.

In quest’ultimo scorcio del 2021, come sta andando il mercato? Dal mese di settembre i produttori ravvisano un certo rallentamento, dopo le buone performance del 2020 e del primo semestre di quest’anno. Per il Gruppo Bricofer?

Per quanto ci riguarda, venendo da un anno, il 2020, faticoso per il grande lavoro rivolto alla risoluzione dei nostri problemi, il 2021 è sicuramente molto positivo e stiamo registrando crescite a doppia cifra, intorno al 20%. E direi in modo molto omogeneo su tutte e tre le insegne.

I comparti che stanno dando maggiore soddisfazione?
A parte il giardinaggio, vanno bene l’illuminazione e il mondo auto, che si difende benissimo con crescite a doppia cifra.

Come si concilia un andamento così trasversalmente positivo per tutto il comparto, con le difficoltà relative alle materie prime, i costi dei trasporti, ecc?
Credo che sia semplicemente l’ennesimo elemento di handicap che ci troviamo davanti e che va superato, certamente con un impegno maggiore.

Quanto contano per voi le importazioni?
Mediamente il 15%. Certamente abbiamo le difficoltà che hanno tutti e stiamo sopperendo con la collaborazione dei fornitori italiani ed europei, ma anche dal Far East o Paesi come la Turchia. Insomma, non la solita Cina.

Il progressivo e inarrestabile cambiamento della Gds del bricolage (secondo le dimensioni)

In una situazione di questo tipo, dopo tutto il periodo di pandemia, la distribuzione del bricolage ha goduto di una buona ripresa delle vendite, ma sconta poca dinamicità e poche novità. Cosa ne pensa?
Penso che sia un settore vecchio, stanco, o almeno questa è la percezione. Credo che nel digitale, nei nuovi servizi e nell’e-commerce vadano trovati nuovi stimoli e chiavi di lettura che possano renderlo effervescente. Noi li stiamo trovando lì.

Forse l’unica vera novità è il progressivo cambiamento dell’assortimento, con l’ingresso di nuove merceologie appartenenti, in particolare, all’ambito del casalingo. Anche nel vostro caso, ad esempio con l’elettrodomestico, che pure è una merceologia che non sembra offrire margini particolarmente elevati e viene venduto da molti attori della distribuzione fisica e virtuale. Perché questa scelta?
Intanto vorrei sottolineare che se è vero che il 1° margine non è eccezionale, quello risultante tra il 1° e 2° è rispettabilissimo così come quello del mondo dei casalinghi e del PET. E’ corretto dire che c’è molta competizione ma se si lavora bene i risultati ci sono. Detto questo, per raggiungere subito dei risultati, siamo partiti da soli ma ora facciamo parte di un Consorzio che ci permette di essere veramente competitivi con tutti i grandi player. Abbiamo creato un marchio/insegna come Blake per l’elettrodomestico – così come Pet Love e Dhomus casa- cui seguirà un assortimento eldom a marchio privato via via che andremo ad implementare con l’offerta i punti vendita. In termini di prodotto ci stiamo concentrando molto sul mondo cucina e sull’incasso, dove la battuta e il margine sono più alti. Giusto per dare un’informazione più precisa, tra 1° e 2° margine stiamo realizzando 35 punti percentuali, mettendo insieme il Ped (piccolo elettrodomestico. Ndr) e il mondo della cucina, con lavelli e cappe. E’ un mestiere che stiamo imparando ed è il naturale proseguimento del nostro lavoro, perché se rimaniamo fermi a vendere i soliti trapani e bastoncini per le tende, è difficile immaginare uno sviluppo con cifre importanti.

Questa è una riflessione interessante che ci porta dal centro bricolage ad un concetto di home center a tutto tondo.
Direi di sì. Noi nasciamo come insegna despecializzata e successivamente abbiamo lavorato per molti anni come insegna molto specializzata, molto tecnica, registrando  tra il 2016 e il 2017 i nostri migliori bilanci. Ma con l’arrivo di insegne come Bricoman o Ottimax ci siamo resi conto che il centro brico specializzato e altamente tecnico doveva forzatamente cambiare.

Però nella prossimità, nei centri cittadini il formato “classico”può reggere?
Si, il “city” regge perché è il formato del grande negozio cittadino e ha un senso, ma pensando al nostro formato di riferimento compreso tra i 2.500 e i 5.000 mq quel genere di specializzazione non rfunziona più perché non sei né carne né pesce e allora devi fare una scelta: o sei il piccolo Bricoman o il piccolo Ottimax oppure diventi il punto di riferimento, per il privato, della casa e del giardino.

Perchè non funziona più?
Funziona troppo poco, perché l’approccio che i big box stanno avendo sui reparti tecnici, di fatto, penalizza molto le medie e piccole superfici.

Ha citato Ottimax. Un conflitto in casa?
No, certamente non mi riferisco a Ottimax, abbiamo solo 6 negozi, facciamo la nostra piccola parte e il format non è proprio coincidente. Il riferimento va ai big box stranieri, ad eccezione di OBI che si posiziona in modo diverso, verso l’alto, e lavora molto con i marchi propri. E’ una strategia messa in atto soprattutto nei reparti tecnici e che prima dichiaravo miope, ma che invece ha l’obiettivo di aggiudicarsi progressivamente la più ampia fetta di mercato. Sembra che ci sia in atto una guerra al prezzo più basso, ma è apparenza, in realtà si tratta di una visione più strategica di quello che si possa pensare. Il messaggio è forte e chiaro.

E’ dall’uscita di Castorama dal mercato italiano che la GDS del bricolage vive una forte concentrazione di mercato…
Questo è un altro argomento. Allora si trattava di un tema di acquisizione di quota di mercato. Ora, dopo averla acquisita, le due maggiori insegne del gruppo Adeo, con il 37% di aree, fanno circa il 60% del nostro mercato. Un vero e proprio peso “massimo” che va a determinare, in maniera totalizzante, strategie di prezzo e di assortimento. Ora, noi ci difendiamo perché tra i piccoli siamo i più grandi ma la lotta è impari e gioco forza bisogna trovare un’alternativa.  Dobbiamo rendere i punti vendita più attraenti, orientandoci verso il privato, offrendo un mix che oggi non offre nessuno, dove è presente l’assortimento brico di base che conosciamo, sommato al Pet e il mondo casa, compresa la pulizia, la cura della persona e, per l’appunto, l’elettrodomestico, che diventa una deriva naturale e al quale andremo ad aggiungere anche il mondo cucina.

L’assortimento, i servizi e un grande progetto e-commerce

Cosa intende per mondo cucina?
Il mobile cucina vero e proprio, che trattavamo ma che avevamo smesso di farlo. Tornerà in assortimento, con un ampliamento della gamma che comprenderà non solo il monoblocco ma anche cucine fino a 3-4 mila euro, completo di servizi di progettazione, consegna, montaggio, ecc.

Se rimaniamo sulla filosofia dell’Home center, va detto che ci sono anche realtà che tendono a sovrapporsi in ambito merceologico. Mi riferisco a quelle formule tipo Rispamio Casa, Happpy Casa e ora anche l’olandese Action. Cosa ne pensa?
Diamo tutti fastidio a tutti e chiaramente dovremmo fare delle riflessioni più approfondite sulla messa a punto di un modello che possa rivelarsi vincente. Talvolta anche noi, siamo concentrati nell’approccio di vendere il prodotto e i servizi, e non siamo ancora focalizzati, non c’è ancora una visione del negozio 2030: ci stiamo ancora lavorando. Certamente ora fa molto effetto seguire l’onda ambientalista, essere green, parlare di risparmio energetico e fare beneficienza, ma non credo che sia questa la sola strada. E’ indubbiamente una cornice che arricchisce, ma penso che ci debba essere una sostanza diversa e credo che questa sostanza sia nell’approccio digitale, nei servizi e nell’approccio dell’e-commerce, fatto in un certo modo.

Fermiamoci un attimo sui servizi, vero “tallone di Achille” della distribuzione brico, dove non sempre le promesse vengono mantenute e, spesso, la qualità reale non corrisponde alla qualità proposta. Come mai? I professionisti vengono pagati poco? Sono mal selezionati? Non vengono formati?
Credo che la risposta degli inconvenienti sia da addebitare a tutte e tre i punti. Che non vengono formati è sicuro al 100%, che non vengono selezionati pure e non credo che sia quello il modo di offrire un servizio. Quando parlo di servizi, intendo dire che è necessario offrirli realmente e metterli davvero al primo posto, rendendoli fruibili in modo soddisfacente da parte del cliente.

Voi cosa state facendo in proposito?
Stiamo mettendo a punto una formula e abbiamo già stipulato un contratto finalizzato alla standardizzazione del rapporto. Ci stiamo lavorando e chiaramente l’obiettivo è quello di offrire al cliente un artigiano serio, preparato ed affidabile.

Veniamo all’approccio digitale e all’e-commerce. A che punto è il Gruppo Bricofer?
Se parliamo di digitalizzazione, tutto è industrializzato e semplificato sia che il cliente operi dal punto vendita o da casa. Dobbiamo stare al passo con i tempi e il riferimento non va solo ad Amazon, ce ne sono altri che fanno cose belle e importanti. Per quanto riguarda l’e-commerce, al momento rispondo con un “ni” ma certamente diventerà una realtà. Attualmente stiamo già operando con un brand differente “Brico Garden” (l’ex Thormax ) con buoni risultati e ordini tra i 100 e i 200 al giorno. Non sono tantissimi, ma non sono neanche pochi, considerando che, al momento, non abbiamo ancora destinato grandi investimenti e gli ordini arrivano sostanzialmente tramite market place, Amazon e, a breve, ManoMano. Stiamo guardano al conto economico.

Ci crede?
Si, ci stiamo lavorando e stiamo creando uno strumento ad hoc, qualcosa d’importante. Prima del Covid avrei detto che questo mercato sarebbe arrivato in 10-15 anni a valere il 20% dei nostri fatturati, ma con la pandemia, probabilmente, la tempistica si è ridotta a 5/7. Detto questo ci tengo a chiarire che non credo si potrà vendere di tutto. Difficilmente prodotti come la ferramenta, il materiale elettrico, il legno o il prodotto verniciante si potranno vendere tramite e-commerce. L’eventualità di sbagliare acquisto è molto elevata e se vero che molti marketplace mettono a disposizione i tutorial, ora che metti insieme tutte le fasi di pre e post acquisto, sei già andato in negozio e hai già risolto la tua necessità, in minor tempo. Diversamente altre merceologie si prestano alla vendita on line, come l’utensileria, le colle, i prodotti per il giardino, il balcone e l’arredo. Penso che entro 7 anni l’e-commerce arriverà a fare il 20% dei nostri fatturati ma il restante 80% resterà fisico, senza alcun dubbio. Però quel 20% non è poco, può significare una cifra tra i 2 e 3 miliardi. Naturalmente mi riferisco al cliente privato. Poi c’è l’artigiano, ma è un discorso che non mi riguarda, per ora.

Per ora?
Si, vedremo come riorganizzare Thormax, se decidiamo di svilupparlo, se lo manteniamo così com’è, aprendo un negozio l’anno che fa il suo e-commerce di vicinato. Non c’è niente di certo, al momento.

Parco negozi assestato e riorganizzazione interna ultimata

Attualmente ci sono 89 Bricofer, 26 Self e 6 Ottimax. Ci sono state chiusure e aperture. Finito l’assestamento?Sì, abbiamo dei dubbi su 2/3 location e su 4/5 negozi abbiamo superfici troppo grandi che stiamo subaffittando agli alimentaristi, per il resto è tutto assestato. Non abbiamo ancora unificato le insegne (Self e Bricofer), perché la difficoltà sta soprattutto nell’investimento che, per 26 negozi, può tradursi anche in 10 milioni di euro, e in questo momento preferiamo spendere in questioni più concrete. Oggi abbiamo il 10% di quota di mercato e il 14%/15% di aree coperte, la traduzione è che noi possiamo crescere, nei ricavi, del 40-50% sulle stesse aree. Siamo molto focalizzati su questo, poi va da sé che se capita una location di serie A la prendiamo, ma capita di rado.

Sistemata la rete negozi. Anche l’assetto interno, da un punto di vista economico e di organico?
Ci siamo normalizzati da quasi un anno e siamo tornati ad essere bravi come siamo sempre stati. Ci siamo riorganizzati ed è stato necessario procedere anche ad un lavoro di ristrutturazione interna, con, tra gli altri, una ventina di figure importanti che sono state poste in condizione di allontanarsi dall’azienda. Questa vita, e non solo quella lavorativa, ci pone tutti i giorni davanti alla necessità di un’evoluzione continua, e se non c’è un minimo di visione e una minima predisposizione al cambiamento, diventa difficile.

Ora com’è stata organizzata l’azienda?
Ora l’organizzazione è trasversale alle insegne e segue un criterio orizzontale, nel senso che c’è un buyer per settore. Li abbiamo aumentati in numero e se prima avevamo buyer dedicati per insegna, ora ne abbiamo una quindicina suddivisi per segmento di attività. Chiaramente, Self e Bricofer ragionano con la stessa filosofia e le stesse regole, Ottimax ne applica un ‘altra.

Da qualche tempo ci sono rumors su un vostro possibile cambio di sede. Vero?
No. E’ recentemente girata la voce sull’acquisto dell’ex Obi di via Casilina e di un possibile cambio di sede e apertura di un punto vendita. In realtà si è trattato di un’operazione immobiliare di famiglia che abbiamo già allocato ad un’insegna della grande distribuzione.

In questo biennio, comunque, Bricofer ha aperto dei nuovi negozi. Lo sviluppo di Ottimax, al contrario, sembra in stand by. Ci sono perplessità sull’insegna?
No, anzi. Sono fortemente intenzionato a svilupparlo. E’ chiaro che, con i problemi che abbiamo avuto, Ottimax ne ha risentito di più, considerando il lavoro con i brand da una parte e dall’altra la posizione dominante dei nostri competitor francesi che, con la loro forza economica e la loro bravura manageriale, hanno fatto in modo da renderci davvero difficile lo sviluppo dell’insegna.

Torno con un vecchio cavallo di battaglia. Un’alleanza tra insegne italiane?
L’imprenditore italiano fa difficoltà ad allearsi. E’ davvero molto difficile far le cose insieme perché c’è sempre la paura che quello vicino a te ti porti via qualcosa. Abbiamo tentato qualche anno fa ma senza successo. D’altro canto, va detto che l’aggregazione ha un senso solo se condividi appieno tutto, perché se in comune c’è solo la possibilità di acquistare e di ottenere lo 0,5% in più, è inutile. Non credo sia questa la strada corretta.

E quale sarebbe la strada?
Mettersi insieme davvero e creare il gruppo italiano, dove ognuno ha la quota di partecipazione di un megaprogetto che magari viene quotato e che davvero può competere con gli attori predominanti del nostro mercato. Questo avrebbe un significato e potrebbe essere l’unica evoluzione con un senso. Temo, purtroppo, che sia impossibile perché prevalgono sempre i particolarismi, specchio di un’Italia che non riesce ad uscire da schemi vecchi e poco premianti.

Cosa Le ha lasciato questa grande esperienza vissuta?
Mi ha lasciato la consapevolezza che davanti ai problemi, anche più grandi, ci sono sempre più soluzioni. Lo sapevo, ma oggi, dopo 42 anni di attività, ne sono ancora più convinto. La delega senza controllo è rischiosa e può essere negativa. Certamente è estremamente faticoso ma è il mestiere di un imprenditore che vuole crescere. Ciò significa essere l’uomo a disposizione dei propri manager, “supervisionando” il modo di pensare e di agire, che talvolta è giusto e altre volte raggiunge i risultati attraverso altre strade, purché ci sia la stessa condivisione dei valori e della responsabilità. Ecco, forse il grande tema di questo mondo è proprio la responsabilità, che significa essere abili a decidere, mentre le persone molto spesso non si assumono la responsabilità e non prendono decisioni. E i manager peggiori sono quelli che davanti all’incapacità di decidere non alzano la mano, non chiedono aiuto.

Momenti particolarmente preoccupanti? Desiderio di lasciare?
Lasciare mai non è proprio nella mia indole, al contrario mi metto a lottare. Arrivo prima in ufficio e mi infilo i guantoni. Sono felice di aver risolto tutti i problemi di carattere finanziario e di mettere tutti i nostri fornitori nella condizione di poter contare su una puntualità che spero, d’ora in poi, sia estrema.



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