Art Plast: un’azienda da record
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Nonostante il caldo e l’afa dell’estate Art Plast, azienda che ben conosciamo per la sua produzione di mobili, contenitori e portautensili in plastica distribuiti da tutte le migliori insegne del bricolage, ha ricevuto la visita di Giacomo De Ghislanzoni, presidente della Camera di Commercio di Pavia, Piero Maccarini, direttore dell’Unione Industriali di Pavia e Fabrizio Raina, dirigente dell’Ufficio Sindacale della stessa Unione Industriali, fortemente interessati dai risultati straordinari raggiunti da Art Plast negli ultimi dieci anni di attività. Se si considera che la provincia di Pavia in quanto a sviluppo industriale è il fanalino di coda della Lombardia, si capisce come le performance della pavese Art Plast possano suscitare interesse e curiosità. Art Plast dal 1998 ad oggi ha registrato un incremento del fatturato del 564% raggiungendo lo scorso anno il tetto dei 12 milioni di euro. Una crescita percentuale superiore a quella del PIL cinese.
Nel corso della visita ai tre stabilimenti e al centro logistico Art Plast, il titolare dell’azienda, Dino Baraggioli, ha avuto modo di spiegare ai suoi ospiti i “segreti” di questo successo, che non sembra risentire della crisi economica in atto da qualche anno. “Il mercato del bricolage in Italia e in particolare il nostro segmento – spiega Dino Baraggioli – ha ancora molte potenzialità di crescita. Per essere sempre competitivi e ovviare alla crisi economica, che ha portato ad un drastico calo della domanda, è indispensabile investire in ricerca e sviluppo, progettando, realizzando e proponendo prodotti sempre nuovi e innovativi, utili per chi li acquista in quanto studiati sulla base di indagini di mercato orientate ad individuare le reali esigenze della gente e con un rapporto qualità-prezzo ottimale. Questo approccio ci ha portato ad ampliare sempre di più la gamma dei nostri prodotti, consentendoci così di coprire un numero sempre maggiore di settori di mercato.”
Visitando gli stabilimenti è inevitabile notare la serie di controlli della qualità che, a partire dalle materie prime arrivano fino al prodotto finito. Il processo di controllo è gestito da un sistema informatico di gestione della qualità che consente di avere una piena tracciabilità delle sostanze utilizzate nella trasformazione, creando una vera e propria “carta d’identità” del prodotto. Proprio curiosando tra i grandi sacchi delle materie prime e aggirandoci tra le presse e le varie macchine che danno forma ai prodotti Art Plast, abbiamo scoperto che essi sono composti da polipropilene e non da PVC (sostanza che può essere riciclata solo con lo stesso PVC, come accade, per esempio, anche all’alluminio).
“La nostra scelta della sostenibilità in funzione della tutela ambientale – sottolinea Dino Baraggioli – è fondamentale perché riteniamo che, oltre al dovere etico di imprenditori nei confronti delle generazioni future, oggi si debba necessariamente fare i conti con una sensibilità ecologica che porta il consumatore a scelte attente e consapevoli. Già oggi noi possiamo garantire che i nostri prodotti sono conformi alla normativa REACH, purtroppo non ancora obbligatoria nel nostro Paese. Oltre a ciò il nostro centro di ricerca e sviluppo sta studiando le applicazioni pratiche a livello produttivo del WPC, una particolare plastica ottenuta da fibre vegetali che permette il riciclo al 100% del prodotto che ha raggiunto il suo fine vita: trasformando così il rifiuto in una risorsa.”
Qualità, ricerca, tutela della salute e dell’ambiente, progettazione in funzione delle esigenze della gente, il tutto condito con uno staff di circa 50 dipendenti con un’età media inferiore ai 40 anni … non sembra nemmeno di essere in Italia. “Non solo siamo un’azienda italiana – tiene a precisare Dino Baraggioli – e siamo orgogliosi di esserlo, ma non importiamo nemmeno alcun prodotto. Tutto il nostro catalogo, che conta circa 400 articoli, è interamente prodotto nei nostri stabilimenti nella Lomellina e anche i nostri fornitori sono sempre preferibilmente selezionati tra le aziende della nostra zona. Questa è la nostra interpretazione del chilometro zero.”
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