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Il consumatore chiede trasparenza e scelte etiche


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Le questioni sociali come la tutela dell’ambiente, i diritti dei lavoratori, le discriminazioni di genere, il lavoro femminile, solo per citarne alcune, sono sempre di più determinanti nelle scelte legate al processo d’acquisto dei consumatori.

Le aziende e i brand si trovano così a dover scegliere se prendere posizione su questi temi oppure se astenersi.

Per capire meglio i profili del fenomeno molto interessante è lo studio commissionato da Trustpilot, piattaforma globale di recensioni, che ha coinvolto 600 marketer provenienti da Regno Unito, Stati Uniti, Australia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Svezia, che operano in quattro diversi settori.

Il 70% degli esperti di marketing intervistati hanno dichiarato che il brand che prende posizione a sostegno di questioni sociali, politiche o ambientali potrà beneficiare di un aumento di vendite e ricavi.

Un dato che non vede le aziende italiane allineate, infatti il 53% di esse preferiscono astenersi dal prendere posizione perché preoccupate dalla mancanza di un riscontro commerciale positivo o, peggio ancora, dal rischio di un impatto negativo.

Altri motivi che frenano la volontà di prendere posizione su temi sociali sono: la cultura aziendale interna (52%), la mancanza di competenze o di know-how (41%), la confusione in merito alle normative di riferimento (32%) e la rilevanza che il tema riveste per l’azienda (23%).

La versione dei marketer italiani

Nonostante questa reticenza delle aziende nostrane alla comunicazione sociale, l’81% degli esperti di marketing italiani sono concordi sull’importanza di dimostrare la propria vicinanza alle questioni etiche e il 45% afferma che in questo modo si possono guadagnare nuovi clienti.

Non solo, il 36% dei marketer italiani intervistati ritiene che la mancata presa di posizione su questioni etiche possa essere dannosa per l’azienda, causando recensioni e valutazioni negative, e il 31% ammette che non esporsi in merito può far frenare le vendite.

Il problema individuato è la mancanza di consenso interno, che spesso frena la scelta di prendere posizione.

La versione dei consumatori

Eppure, secondo lo stesso studio, il 97% dei consumatori italiani afferma che l’onestà e la trasparenza di un’azienda rappresentano un fattore decisivo nelle decisioni di acquisto, e oltre la metà degli intervistati (54%) dichiara di prendere in considerazione la posizione di un’azienda sulle questioni etiche prima di effettuare un acquisto.

Inoltre, in un’altra indagine di Trustpilot condotta su 7.000 consumatori, il trattamento ingiusto dei dipendenti e dei fornitori, il greenwashing e il servizio clienti scadente sono i principali fattori di disaffezione all’acquisto.

La stessa indagine mette in evidenza altri fattori importanti nel rapporto tra brand e consumatore con riscontri spesso molto diversi tra le posizioni dei consumatori e il pensiero strategico dei professionisti del marketing.

Consumatori vs marketer

Per esempio, i consumatori hanno dichiarato di volere che i loro marchi di riferimento siano onesti e trasparenti sulle loro attività che hanno un impatto sull’ambiente (46%), propongano prodotti e servizi eccellenti (46%) e trattino i loro dipendenti con rispetto (45%).

Gli esperti di marketing invece ritengono che i consumatori vogliono eccellenti prodotti e servizi (60%), onestà e trasparenza riguardo alle attenzioni all’ambiente del marchio (53%) e essere al centro dele attenzioni del marchio (46%).

Interessante è poi mettere a confronto le fonti da cui i consumatori attingono informazioni per farsi un’idea su un determinato marchio e i mezzi che i marketer indicano come più efficaci per la costruzione di un’opinione positiva del proprio marchio presso i consumatori.

Per informarsi su un determinato marchio i consumatori usano fondamentalmente internet navigando in primo luogo i siti web (aziendali e specializzati) per il 62% degli intervistati, i social network (48%), al 40% troviamo i mezzi di digital advertising (banner, native, search, ecc.) mentre l’advertising off line (stampa, TV, affissioni) vengono indicati dal 29% degli intervistati. Il tradizionale strumento della brochure è stato indicato solo da 17% degli intervistati. 

Se andiamo a vedere l’idea che i marketer hanno riguardo alle preferenze dei consumatori sulle fonti da consultare per l’informazione su un marchio scopriamo che la massima attenzione oggi viene posta ai social network che vengono indicati dal 65% degli intervistati come post e inserzioni a pagamento e dal 40% come pubblicazione di post di informazione. I siti web sono stati citati nel 52% dei casi, il digital advertising nel 40% e i siti di recensioni (Trustpilot, Tripadvisor, Google Reviews, ecc.) nel 36%.

L’advertising off line i marketer lo hanno distinto tra I mezzi genericamente tradizionali (33%) e i mass media (30%). Interessante è la segnalazione in questa particolare classifica di Amazon (26%), mezzo totalmente trascurato dai consumatori per la costruzione dell’immagine di una marca e l’alta percentuale (24%) di chi ha risposto “non so/non comunichiamo opinioni”.



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