Come cambiano i luoghi del commercio
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Gli stili di vita emersi nel post-pandemia stanno modificando la struttura del territorio, con un impatto sul ruolo degli spazi urbani. In questo cambiamento è compreso anche il retail, caratterizzato sempre di più come luogo di esperienza, di incontro, di aggregazione sociale.
Allo stesso tempo deve però soddisfare il bisogno crescente di “prossimità”, per essere non solo vicino, ma anche rilevante per il cliente attraverso un sistema complesso di relazioni umane e digitali. Ecco allora la necessità di costruire un “New Normal Retail”. Ma come? Quali le strade da percorrere? E come impattano in questo scenario le sempre maggiori aspettative legate alle tre tematiche ESG, acronimo per Environmental, Social, Governance?
Ha provato a rispondere la School of Management del Politecnico di Milano, in collaborazione con il Retail Institute Italy, nell’incontro “Retail 5.0: i nuovi luoghi del commercio, tra fisico e virtuale”.
Un problema complesso
Lucio Lamberti, Professore di Omnichannel Marketing e Marketing Analytics, School of Management del Politecnico di Milano, ha introdotto quello che definisce “un evento ricco di spunti su un fenomeno come la contaminazione tra fisico e virtuale”. Lamberti parte dalla domanda se le categorie fisico e virtuale abbiano ancora un senso. “No, oramai è già un paio di lustri che è emerso il fatto che i visitatori visitano i punti vendita con in mano uno smartphone”. È evidente però che nel settore del commercio questo rappresenta logiche differenti, così come gli investimenti, le competenze e quindi gli addetti.
“La progressiva offerta di questo tipo di esperienze a metà tra fisico e digitale rappresenta un’estensione del servizio con il consumatore che utilizza quello che più gli aggrada”. Si tratta di un problema complesso, perché è sì organizzativo ma allo stesso tempo anche tecnologico. Un problema che va risolto coniugando soluzioni tecnologiche con spinte emozionali spesso importanti.
Verso il New Normal Retail
Nel suo intervento Alberto Miraglia, general manager di Retail Institute Italy, ha illustrato alcuni esempi in diversi settori e in diversi Paesi di come potrebbe essere il “New Normal Retail” in un futuro neanche tanto lontano.
Cos’è oggi il retail? è uno spazio di interazione che si declina in prossimità fisica e digitale, in grado di sviluppare una relazione forte con il territorio. Questo però richiede una conoscenza profonda del cliente, che si deve tradurre in un uso efficace dei dati e in azioni rilevanti e pertinenti per il cliente.
“Quando ci poniamo la domanda su come sarà il nuovo normal retail dobbiamo partire indagando sui nuovi impulsi dei consumatori”. Uno scenario dunque di grande cambiamento, fatto di omnicanalità, sostenibilità, quick commerce, e molto altro ancora. Assumono perciò un rilevanza strategica i fattori formazione e crescita delle competenze a supporto dell’evoluzione delle professioni del retail.
“La Retail Revolution è sempre più sotto gli occhi di tutti, accelerata dall’emergenza. La crisi ha infatti velocizzato le tendenze precedenti esistenti con l’ascesa – inesorabile – dell’online. Questo ha però consolidato anche l’importanza del commercio locale, etico e responsabile”.
Il ruolo del negozio fisico evolve trasformandosi da luogo dove acquistare i prodotti a spazio privilegiato nella relazione con i marchi. Un negozio quindi più digitale ma allo stesso tempo più “reale”. Ovvero espressione di quei valori che il brand vuole condividere con i clienti. Nel negozio fisico vanno trovati valori reali, una relazione importante e trasparenza non solo sulla proposta commerciale.
Global retail trend: ispirazioni e spunti
Miraglia è passato poi a illustrare i nuovi luoghi del commercio in quello che ha definito come un “virtual retail safari” in alcuni store in giro per il mondo, ispirati alle tendenze identificate nel Global Retail Trends Almanac 2021. I temi sono: il commercio sostenibile; il digital incontra il fisico; la personalizzazione; nuovo concetto di convenienza.
1. Sustainable retail, i consumatori esigono una trasparenza sempre maggiore da ogni livello della filiera. Ad esempio Allbirds di Chicago nasce online e ora è il Dtc fottwear brand più grande del mondo. Nei negozi Allbirds ai clienti vengono spiegati i prodotti e da cosa nascono grazie all’impiego di ingredienti come lana, legno o zucchero, ai quali vengono dedicati degli spazi ad hoc. Nei Levi’s Haus di Londra si applicano le 3R “ripara, reinventa, ricicla” a un prodotto che come i jeans è poco sostenibile. I clienti sono invitati a portare abiti, non necessariamente targati Levi’s, e i sarti sono a disposizione per riparare e reimmettere in circolo. Anche qui molte informazioni al cliente sulla sostenibilità del servizio venduto. Nel comparto dell’alimentare, a Oxford lo store Waitrose ha lanciato “Unpacked” per proporre ai clienti prodotti “reduce, reuse, refill” – anche qui il fil rouge delle 3R – per risparmiare sugli imballaggi. Timberland flagshipstore di Londra è stato inaugurato con la promessa di una campagna per piantare 50 milioni di alberi in tutto il mondo entro il 2025. Una parte del negozio è dedicato a spiegare tutto questo attraverso uno storytelling fatto non solo di parole ma di azioni concrete.
2. Digital meets physical, in altre parole la tecnologia sì funziona, ma solo se aggiunge valore alla customer experience. Ikea City a Shangai è uno spazio di circa 3mila mq, piccolo rispetto alla media dei 28mila mq, con una vocazione di show room con 3500 prodotti, dei quali 1200 da portare direttamente a casa. I clienti possono avere accesso ad altri 6000 articoli visitando la piattaforma online. In questo caso i prodotti vengono portati direttamente a casa. Nel negozio si invita i clienti a entrare in contatto con la marca in modo innovativo e giocoso. Polette a Londra nasce digitale e diventa fisico. Gli showroom non hanno stock, solo campioni: i prodotti vengono realizzati solo on demand. Non ci sono quindi sprechi né magazzino, si tratta di aspettare alcuni giorni per ricevere gli occhiali a casa. A Parigi un grande negozio Nike è un luogo dinamico, nel quale il marchio dialoga con i clienti. Attraverso l’app e l’esperienza in store il brand mostra l’innovazione, dando davvero ai visitatori la sensazione di essere nel cuore “pulsante” di Nike.
3. Personal experience, ovvero la personalizzazione trasforma un prodotto di tutti i giorni in qualcosa di prezioso. Freitag a Zurigo propone a pochissimi clienti per volta di crearsi con 250 franchi svizzeri la propria borsa, realizzata con materiali di riciclo (teloni di camion, cinture di sicurezza, camere d’aria). Poi l’esperienza viene condivisa grazie agli ambassador-clienti. A Sidney invece è possibile creare il proprio snack KitKat grazie all’interazione con gli addetti che lo preparano davanti al cliente. In circa 40 minuti e con 15 dollari australiani il consumatore ha un’esperienza unica.
4. New convenience: sul prezzo-prodotto è difficile competere se non prendendo come esempio i discount, molto cambiati nel corso degli anni. Come nel caso di il premium store Aldi a Shangai: sviluppo di una food station, piatti pronti da consumare mentre il telefono si ricarica, offerte anche su merceologie extra discount, servizio scan&go con consegna istantanea entro 3 km. Si tratta dello sviluppo di un nuovo format.
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