Materie prime, la tempesta perfetta
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In due articoli del 10 e 16 Febbraio 2021 abbiamo parlato degli aumenti delle materie prime, in primis acciaio e polimeri e della scarsità di questi sui mercati internazionali.Qui la situazione aggiornata su prezzi delle materie prime, relativi aumenti e disponibilità di materiale.
Questo fenomeno ha creato una ricerca affannosa di materia prima da parte dei produttori ed una richiesta di aumenti alla distribuzione, più che giustificati e a 2 cifre. A ciò si aggiunge la ritardata disponibilità di prodotti, sia per il problema della reperibilità di container dall’Estremo Oriente, che per le difficoltà di approvvigionamento di tutti i prodotti lavorati.
Abbiamo analizzato la situazione ad oggi, sia con dati nazionali provenienti dalle organizzazioni Imprenditoriali di categoria, che contattando produttori e catene Italiane della distribuzione per valutare se e come sia cambiato il panorama.
Per FederUnacoma (Federazione Nazionale Costruttori di Macchine Agricole) il prezzo medio delle materie prime risulta in crescita del 22 % a marzo, rispetto a gennaio, con punte del 40% nella meccanica. Per gli acciai e i laminati aumento 70-80% sul periodo pre Covid. Più 45% per etilene e 120 % per il polipropilene.
Alle pressanti richieste di intervento governativo del settore Chimico-Plastico (vedi Unionplast e Unionchimica che abbiamo già citato a febbraio), si è aggiunta l’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili). Secondo l’ANCE l’acciaio è aumentato del 130%, 40% per il polietilene, 100% per le resine, 17% del rame e quasi 40% il petrolio.
Le Imprese sono in difficoltà per onorare contratti sottoscritti con ben altri costi e non sono disposte a firmare nuovi contratti, in una simile situazione. La normativa vigente non consente modifiche di quanto concordato e su questo aspetto si chiede una urgente revisione legislativa.
Sappiamo quanto l’edilizia rappresenti un volano per tutta l’economia. Un settore da anni in profonda crisi, che sembrava riprendersi, con le varie e forti misure di incentivo approntate dal Governo, coi bonus più disparati: 110%, facciate, infissi, rubinetti….
Alle materie prime citate si è aggiunto anche il legname, che ha subito incrementi “assurdi”, da un minimo del 20 del pino lamellare fino al 70% del legname da opera.
Legno = assi, listelli, tavole ed altro materiale dei reparti falegnameria in tutti i Centri DIY.
Legno = derivati come tranciati, multistrato, lamellari ecc. quindi aumenti per i mobili
Legno = pallets e bancali per le spedizioni che vanno a incidere sul costo dei trasporti.
Legno = cellulosa = carta/cartone e quindi aumento degli imballaggi.
Assolegno di Federlegno Arredo evidenzia come la superficie boschiva italiana sia triplicata in 70 anni, raggiungendo il 38% della superficie totale, ma lo sfruttamento è minimo e rappresenta solo lo 0,08% del PIL
Per il legname l’Italia dipende all’80% dall’import. Abbiamo forse l’unica materia prima disponibile…e non la sfruttiamo. Incredibile quanto ci sarebbe da investire in modo proficuo e non assistenzialista! Abbiamo decine di migliaia di “forestali assunti”, cui dare un vero lavoro. Incentivare la silvicoltura servirebbe a dare ricchezza e a calmierare i prezzi, oltre che fornire un positivo impatto ecologico con la manutenzione dei boschi.
Non ultimi nel tourbillon degli aumenti ecco i microchip, che sono impiegati ovunque nell’elettronica e la cui scarsità sui mercati sta creando notevoli problemi alla produzione.
Non solo l’Italia, ma l’Europa in generale ha de-industrializzato e dipende sempre più dalle grandi potenze asiatiche e americane. La Cina utilizza e consuma il 50% dell’acciaio mondiale (!!) La ripresa vigorosa della economia cinese ha acuito il problema e l’Europa di fronte alle carenze di materia prima non ha tolto o quantomeno limitato il dazio protezionistico del 25% quando si superano i limiti di importazione. Una “salvaguardia“ che diventa un boomerang perché limita ulteriormente le industrie europee.
La crescita del mercato USA, sia industriale che delle costruzioni, stimolato da una politica espansiva ha contribuito alla corsa agli acquisti, rastrellando tutte le materie prime.
Ecco la Tempesta Perfetta
Passiamo al giudizio di produttori e della distribuzione. A inizio 2021 si sperava che si trattasse di una bolla speculativa e che gli aumenti si riassorbissero, ma le aziende interpellate confermano che la situazione non è purtroppo mutata ed in diversi casi è peggiorata.
Per materie come il polipropilene riciclato il costo è più che raddoppiato e non si trova comunque materiale! Peggio per la materia vergine….La materia prima incide fortemente sul costo dei manufatti. Impossibile programmare stock e produzione come in passato perché le consegne di polimeri vanno a singhiozzo e per questo molte aziende hanno problemi produttivi e iniziano a non consegnare.
Alcune aziende hanno applicato a inizio anno degli aumenti minimi (5/7%) ed ora stanno chiedendo alla clientela ulteriori ritocchi, senza i quali le vendite sono già in significativa perdita. Tutti sono stati costretti, finora, a contenere gli aumenti, assorbendo parte di questi, e fidando in una bolla temporanea, riducendo i margini, ma non sarà possibile sostenerli per molto.
Fortunatamente è stata ulteriormente differita la plastic tax, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2022.
La distribuzione si è adattata a questa situazione ineluttabile. Gioco forza accettare gli aumenti che sono già stati riversati sul consumatore o sono in corso gli adeguamenti dei prezzi.
Manca certamente un’informazione della stampa nazionale sulla problematica aumenti. Solo la stampa economica come il Sole 24 ore ha evidenziato più volte il problema, che non è conosciuto a livello di massa e sarebbe auspicabile, sia da parte dei produttori che dei distributori, che si agisca in tal senso per giustificare ai consumatori le dinamiche sui prezzi.
Non sembra comunque che ci sia al momento una reazione negativa da parte del consumatore ai nuovi prezzi. Anche grazie al momento fortunatamente magico del mercato DIY, il prezzo non sembra essere un fattore di forte attenzione, come in passato.
Bisognerà ovviamente attendere e controllare questo aspetto nei mesi a venire, soprattutto pensando che il boom generato dalle chiusure COVID, venga a scemare, con le riaperture, i viaggi e le vacanze, che assorbiranno le spese degli italiani tra poco. Sentire operatori che si augurano un mercato più calmo è certamente un elemento mai sentito!
La preoccupazione maggiore per la distribuzione ha riguardato e riguarda le forniture. Produttori e importatori hanno fatto enormi sforzi economici e logistici per assicurare le consegne e la distribuzione ne ha beneficiato, comprendendo la generalità del fenomeno.
Ci sono certamente dei ritardi, e il tasso di servizio è diminuito rispetto al passato, ma gli stock non sono stati e non sono in una grande sofferenza come si paventava, benché ci siano segnali di peggioramento, come abbiamo visto, soprattutto per le materie plastiche.
Sia per l’aspetto consegne, che costi, molte catene hanno comunque preso o ripreso in considerazione altri fornitori alternativi. Soprattutto i beni di importazione sono sotto la lente di ingrandimento dei buyers. Pagare un ragionevole maggior prezzo, con la garanzia di una miglior qualità e servizio è preso in maggior considerazione negli acquisti da diversi buyers.
È indubbio e realmente certificato (veri marchi CE) che la produzione italiana o europea sia nettamente superiore nei confronti del prodotto asiatico. Questa è una piccola rivoluzione. Il prezzo resta importante, ma qualità e servizio possono spuntare un significativo vantaggio ed alcune aziende italiane hanno ripreso dei cicli produttivi abbandonati da anni, perché non competitivi.
Resta il problema di merceologie completamente assenti nella produzione europea e che quindi non hanno, almeno al momento alternative al Far East. Tante belle parole col Recovery Fund, ma nulla per una politica di incentivazione per una vera ripresa della produzione in Europa, pilotata dalla Comunità Europea.
Si teme che il fenomeno diventi strutturale. Certamente non si tornerà ai livelli pre Covid. Nessuno ovviamente intravvede una prospettiva a breve, ma tutti si augurano che questa situazione non duri a lungo, perché genererebbe un’inflazione pericolosa, con ripercussioni molto preoccupanti per l’economia italiana, già convalescente (sono ottimista e non dico malata cronica).
Purtroppo si incominciano a vedere i primi segnali di una crescita dell’inflazione, accentuata da un lungo periodo di assoluta calma. E passare da inflazione vicina allo zero ad un 1-2% è un segnale che agita i mercati.
Un ringraziamento per la preziosa collaborazione a:
Emilia Bonanomi, Plastecnic
Margherita Doriguzzi ,Metrica
Antonio Pomi, Wolfcraft
Daniela Ramello, Trafilplast
Sandro Argenti, Bricolife
Luigi Bertoni, Brico Ok
Giuseppe Cabras, Bricofer
Paolo Micolucci, Brico Io
Giovanni Todaro, FDT
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