Le famiglie italiane sono pronte a investire nella casa
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Si è svolta il 26 ottobre, per la prima volta in modalità online, la convention della distribuzione italiana di arredamento promossa da Federmobili. Con dati Doxa e Federlegno-Arredo.
Titolo della quarta edizione “È il momento di investire sulla casa. Non solo mobili. Il progetto chiavi in mano”.
La casa – con il lockdown e nel periodo post isolamento – è diventata ancora più importante, sentiment registrato da diverse indagini in questi mesi. Questi sondaggi – così come quello svolto da Federmobili e presentato durante la convention – evidenziano che le famiglie italiane sono pronte a investire nella casa, considerata un bene primario. E in gran parte si tratta di interventi migliorativi (ridefinizione spazi, rinnovo arredi, ristrutturazione, efficienza energetica, dotazione tecnologica) e in parte focalizzati allo spostamento in un’altra abitazione.
Tutti gli operatori della filiera dell’abitare – sottolinea Mauro Mamoli, presidente di Federmobili – devono quindi saper cogliere le opportunità che derivano da questo cambio di prospettiva, anche ricercando e attivando sinergie e collaborazioni tra professionisti. In questo contesto, la professionalità dei punti vendita si misura sempre di più sulla capacità di garantire al proprio cliente un’offerta e un servizio che vanno oltre alla fornitura di soluzioni di arredo. Dalla consulenza sul “contenuto” si passa alla definizione progettuale del “contenitore”. E il punto vendita diventa quindi il riferimento centrale per coordinare tutte queste attività differenti e offrire il cosiddetto progetto “chiavi in mano”.
I tre asset del progetto “chiavi in mano”
Nella quarta edizione della convention nazionale dei negozi di arredamento sono stati approfonditi gli scenari di mercato e i tre aspetti principali del progetto “chiavi in mano” che consentono di offrire alla propria clientela un’esperienza di acquisto con un servizio a 360°.
La capacità di creare un network efficiente: per garantire al cliente un progetto completo è necessario confrontarsi e dialogare con altre professionalità: dalle agenzie immobiliari alle imprese di costruzione, dai consulenti di home staging e alla rete di artigiani.
Gli strumenti nel negozio fisico e virtuale: per rispondere al consumatore è importante anche adeguare il mix merceologico, il progetto del layout nel punto vendita, la dotazione di software evoluti e di tecnologie digitali.
L’etica della sostenibilità: un aspetto di cui si parla tanto, ma spesso a sproposito. In qualsiasi ambito è necessario confrontarsi con il tema importante e sempre più centrale del rispetto dell’ambiente, al quale siamo tutti sempre più sensibili offrendo soluzioni, prodotti e progetti in chiave green.
A questo proposito due gli esempi presentati durante la convention, e dei quali abbiamo parlato anche su diyandgarden.com. Il primo è l’invito ai clienti di “rivendere” i propri mobili Ikea usati e dare loro una seconda vita. Una campagna, che in Italia ha preso il via il 27 novembre per terminare il 6 dicembre in tutti i 21 store localizzati sul territorio nazionale. Progetto frutto del percorso intrapreso dall’insegna svedese per diventare un business circolare entro il 2030, in favore dell’ambiente.
L’altro esempio riguarda Leroy Merlin che grazie alla sinergia con Renovars, holding a cui fa capo Facile Ristrutturare, cresce nei servizi focalizzati sulla ristrutturazione grazie alla nascita di CasaTua. La nuova società, partecipata al 51% da Leroy Merlin e al 49% da Renovars, è un hub di competenze unico sul mercato nazionale, che offre un “chiavi in mano” dedicato interamente al mondo del rinnovamento della casa.
Come di consueto i tre temi elencati sopra coincidono con le categorie scelte per l’edizione 2020 del contest Innovazione in Store”, promosso da AmbienteCucina in collaborazione con Federmobili e Innova.com per proseguire nella selezione dei punti vendita che affrontano in modo innovati le sfide del mercato. Il contest vede quest’anno il patrocinio di Assostaging e del Network dell’Abitare di Qualità.
Il convegno è stato aperto da Paola Caviglia, responsabile divisione Retail&Linving di Doxa) con un intervento sul tema “L’abitazione come fulcro della ripresa”. Questo 2020 è stato – e continuerà a essere – un annus horibilis, che ha dato un nuovo significato alla casa.
Il lockdown è stato un forte acceleratore di cambiamenti, un fenomeno che, come Doxa, era stato intercettato già da due anni. Driver del cambiamento vanno citati efficienza energetica, salubrità, sicurezza, aspetti oramai obbligatori nelle nostre case.
Dopo marzo, tuttavia, sottolinea Caviglia, è necessario un concetto più ampio di casa. «La casa deve essere “circolare”. O meglio, deve prevedere uno spazio per tutti i componenti della famiglia impegnati in attività diverse. Questo ha obbligato a cambiamenti importanti e in molti casi rapidi, a iniziare da più tecnologia e digitalizzazione per lavorare e socializzare. E quindi la connettività è diventata imprescindibile in ogni stanza».
La casa è lo specchio di ciò in cui crediamo. Il benessere come sostenibilità e salubrità è oramai radicato e non episodico. Abbiamo capito l’importanza di un’egosfera positiva per fronteggiare un esterno più pericoloso.
Questi cambiamenti hanno fatto sì che il 71% degli italiani voglia investire sull’abitazione ristrutturandola o addirittura cambiandola.
Ma su cosa intervenire? «Su tutto in generale, con lo spazio living in pole position, là dove, durante il lockdown, ci siamo rifugiati con la famiglia. Per migliorare la propria casa sono venuti in aiuto i bonus governativi, sui quali livelli di conoscenza sono elevati».
E sull’arredamento? «Convenienza, qualità, brand, consigli: ecco cosa interessa al consumatore. Il prezzo è importante, ma lo è di più il rapporto qualità-prezzo e i materiali, magari sostenibili. Perché per tanti oramai non basta “solo” che il mobile sia bello se non è certificato o sostenibile. Il brand è importante ma non è la chiave di volta. Tuttavia è il brand che può garantire il rapporto qualità-prezzo. Cosa batte il brand? Il peer to peer, ovvero i consigli. Altra discriminante è data dal credito al consumo, molto importante se si vuole cambiare l’arredo».
Come è andato il 2020. La parola alle associazioni
Maria Porro, presidente Assarredo – Federlegnoarredo ha poi fatto il punto sull’andamento dell’anno, così particolare e difficile.
Gli impatti economici complessivi sul secondo semestre del 2020 sono, come purtroppo previsto, complessivamente negativi portando il fatturato della filiera legno-arredo a -24,3% vs lo stesso periodo del 2019. Sull’intero 2020 la proiezione delle imprese stima l’andamento delle vendite a -16%, pari a circa 2 mesi di fatturato non realizzato.
Anche in questo caso la contrazione è un po’ più contenuta per ciò che riguarda l’estero, dove è forte il gap tra il -14% delle grandi aziende – con fatturato sopra i 50 milioni di euro – e il -20% delle piccole (sotto i 10 milioni), che diventa -26% per le micro imprese (fino a un milione di euro). «La differenza potrebbe derivare dal grado di internazionalizzazione: infatti maggiore è l’apertura internazionale e la conseguente diversificazione dei mercati, minore il rischio di dipendere dalle sorti di uno di questi mercati, fosse anche uno dei principali, e quindi migliore la capacità di ripresa aziendale».
Le vendite da gennaio a giugno hanno registrato un -27% rispetto allo stesso periodo 2019. Il calo più marcato si registra sul mercato nazionale, -29,7%, mentre le vendite all’estero sono state più contenute (25,7%) perché i negozi – al contrario dell’Italia – non erano stati tutti chiusi.
Per ciò che riguarda l’export nel periodo gennaio-luglio emerge che, dopo le incertezze registrate tra marzo e maggio a causa dello stato di isolamento, si è riallineato ai dati degli ultimi anni. Il calo più marcato (-37,5%) ha riguardato la Gran Bretagna, il più contenuto l’Olanda (-1,3%).
Porro ha poi sottolineato come la riapertura delle aziende abbia dato avvio alla ripresa degli ordinativi sospesi, con un riallineamento delle esportazioni, come visto sopra. Mentre i mesi estivi sono stati fondamentali per riprendere. Una ripresa – va detto – che ha visto i numeri crescere anche grazie alla riorganizzazione interna alle aziende.
«Dal punto di vista del consumatore quello che viene richiesto è più attenzione alla qualità e alla sostenibilità, ovvero come e di cosa è fatto l’arredo che si acquista. L’arredo made in Italy è un prodotto fatto per durare nel tempo. Il nostro compito è anche quello di far capire tutto questo. Ad esempio attraverso una scheda prodotto ben fatta e completa, che racconta quello che il cliente vuole sapere e che evidenzia come tanti mobili di “italiano” hanno ben poco. Altro nostro compito è quello di tenere i contatti con le associazioni internazionali».
Infine Maria Porro ha ricordato i tre filoni sui quali le associazioni di settore dovrebbero lavorare in sinergia: sfruttare i tanti finanziamenti produttivi e distributivi della Comunità Europea; migliorare la distribuzione partendo dall’ordine e arrivare alla consegna. Infine sviluppare progetti che impieghino le nuove tecnologie.
Mauro Mamoli, presidente Federmobili, ha invece presentato i risultati di un sondaggio che ha coinvolto i punti vendita.
Il negozio tipo ha tra i 6 – 7 addetti su 1000 mq e denuncia un fatturato di circa 700mila euro, in calo del 12% entro la fine del 2020, anno che non vedrà né crescita né pareggio
Tra i mobili più richiesti: cucina e living e zona notte. La casa è soprattutto quella principale e rinnovata (75%) e nuova (70%). Le tipologie di mobili più richieste riguardano gli ambienti completi.
Il processo di decisione d’acquisto è cambiato e si è velocizzato. Lo scontrino medio è rimasto pressoché invariato, anche se si nota una “ripresina” post lockdown.
Distribuzione e misure di sostegno governativo sono state sfruttate per ciò che riguarda l’indennizzo dei lavoratori autonomi (70%), la sospensione rate mutui, e così via. Da più parti, tuttavia, arriva la critica che gli interventi non siano sufficienti, lamentela che coinvolge anche altri settori.
Sul fronte dipendenti è stata utilizzata in particolare la cassa integrazione (80%), meno lo smart working (30%).
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