Compri 1 e paghi 2. Qualche verità sul digital advertising
Prima che il 2025 finisca proviamo a buttare la palla avanti dotandoci degli strumenti per analizzare e capire al meglio i dati che arriveranno sulle scrivanie all’inizio del prossimo anno sull’andamento del mercato pubblicitario in Italia.
Probabilmente il dato che occuperà i titoli degli articoli sulle testate specializzate in marketing e comunicazione sarà quello relativo al superamento della soglia del 50% degli investimenti nel digital advertising.
Secondo i dati elaborati dall’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano nel 2025, a fronte di un mercato pubblicitario totale di 11,6 miliardi di euro, l’internet advertising raggiungerà i 6,03 miliardi a fine 2025, con una crescita del 10% rispetto al 2024.
Sostanzialmente internet si consolida sempre di più come il media più frequentato dagli uffici marketing e dalle agenzie, seguito dalla TV che vale circa il 34% del mercato totale, mentre stampa e radio coprono ormai quote residue nelle pianificazioni adv.
Un capitolo a parte andrebbe dedicato a realtà, oggi marginali ma in forte crescita, come l’OOH (acronimo di “Out of Home”che si riferisce a tutti i tipi di pubblicità che si trovano al di fuori dell’ambiente domestico, come cartelloni, annunci sui mezzi pubblici, insegne luminose e arredi urbani) e il Retail Media.
Internet cresce a scapito di stampa e TV
Dieci anni fa, nel 2015, le cose erano molto diverse. Su un totale mercato di 7,3 miliardi di euro, la TV assorbiva circa il 43% degli investimenti (3,1 miliardi); internet, in piena crescita, sfiorava il 30% con 2,150 miliardi e la stampa rappresentava circa il 15% con 1,050 miliardi.
L’andamento dei dieci anni successivi è fin troppo evidente: la crescita di 20 punti percentuali dell’internet advertising è stata pagata dalla TV che è passata dal 45% al 35% in termini di quota di mercato e dalla stampa che è stata ridotta ai minimi termini.
Google e i social si arricchiscono, per gli altri le briciole
Entrando nel dettaglio è importante evidenziare che gli investimenti nel digital advertising sono stati indirizzati sostanzialmente verso i grandi player internazionali, i cosiddetti GAMT (Google, Amazon, Meta e TikTok), che, dei 6,03 miliardi di euro pianificati si sono accaparrati l’84% con una crescita del 12% rispetto al 2024.
Il restante 16% viene frantumato in briciole e bricioline che vanno a comporre il fatturato di tutto il resto del mondo internet nazionale: da Fanpage, con i suoi 20 milioni di visitatori unici mensili al nostro TEN-diyandgarden con 35 mila visitatori mensili. Nel mezzo un mondo di comunicazione, più o meno buona, più o meno corretta, più o meno utile. Ma questo è un altro discorso.
Quello che ci interessa capire in questo caso è l’enorme disparità degli investimenti che esiste tra i GAMT e il resto del mondo internet. È davvero giustificato premiare in maniera così importante i grandi del mondo search e social?
Dispersione del messaggio e degli investimenti
Agli albori di internet, diciamo nel decennio 1991/2001, il mondo del marketing e della comunicazione accoglieva con grande favore l’espansione della comunicazione in internet perché finalmente rompeva il dominio della televisione generalista, molto utile per il periodo, ma con un’inevitabile dispersione del messaggio e quindi dell’investimento.
Per intenderci: lo spot del boxer protettivo contro le perdite urinarie Tena Man che sta passando su alcune televisioni generaliste in questo periodo (siamo in autunno 2025 – n.d.r.) sarebbe lecito chiedersi in quanti tra i telespettatori possono essere interessati al messaggio e quindi all’acquisto del prodotto. Sicuramente i contatti pagati ma inutili riguardano probabilmente tutti i giovani, gli uomini sotto i 60 anni e tutte le donne forse tranne le mogli anziane di mariti incontinenti.
Questa presa di coscienza dell’inopportuno spreco di denaro nella pianificazione di mezzi generalisti ha però avuto vita breve. Infatti, lo sviluppo delle politiche commerciali di Google e la crescita dei social network hanno riproposto una formula di comunicazione, ancora una volta decisamente generalista.
Per avere un’idea più precisa abbiamo dato in pasto a Chat GPT tutti i dati prodotti sul tema da Nielsen DAR 2024, Osservatorio Internet Media Polimi 2025, IAS/Lumen 2024, WPP Media 2025. Il risultato ottenuto è molto chiaro.
Indicatori di dispersione e precisione dei mezzi pubblicitari in Italia (2025)

I limiti dell’internet generalista
Detto questo è evidente che i numeri enormi che sono in grado di sviluppare Google e i social nel mondo digital possono risultare gratificanti per ogni manager del marketing o per qualsiasi agenzia debba gestire un budget. Con i mezzi generalisti si fa bella figura a patto che non si entri nel merito dell’investimento e dei ritorni in rapporto alla dispersione altissima che abbiamo visto.
A questo punto è lecito chiedersi perché la dispersione sui mezzi digitali generalisti è così importante, quando da sempre sentiamo parlare di profilazione e di destinazione chirurgica del messaggio. La risposta, in sintesi, è che le piattaforme, per ragioni tecniche e normative, non parlano a persone specifiche ma a cluster probabilistici e ottimizzano per performance e non per aderenza al target.
In altre parole, la selezione del target a cui destinare il nostro messaggio le piattaforme generaliste non lo compongono sulla base delle dichiarazioni degli utenti, spesso approssimative e non aggiornate ma soprattutto fortemente limitate, dal 2018, sul fronte normativo con il GDPR e successive restrizioni, bensì dai comportamenti degli utenti e dalle loro interazioni, il che significa un like, un commento, ma anche un video visto per errore o una ricerca una tantum.
Una scommessa senza certezze
Il modello adottato è quindi probabilistico e non deterministico. Gli algoritmi lavorano su cluster ampi, quindi, non hanno la possibilità di dire “mostra la campagna a questa persona o a questo determinato target” si devono limitare a veicolare il messaggio a “persone probabilmente interessate o simili a quelle che potrebbero essere interessate”.
È evidente che in questo modo una parte significativa delle impression finisce, inevitabilmente, su utenti potenzialmente simili, ma non davvero in target. Più l’audience è ampia, più cresce la dispersione.
Infine, è anche importante considerare che, dato il successo che sta riscuotendo in questi ultimi anni, il digital advertising delle piattaforme generaliste è da considerarsi saturo o comunque vicino alla saturazione.
Gli spazi pubblicitari non sono infiniti. Quando ci sono molti inserzionisti che vogliono raggiungere un determinato target in un determinato periodo l’algoritmo espande automaticamente il cluster verso utenti “vicini” al target desiderato (che già abbiamo visto composto da persone “probabilmente” interessate) aumentando ulteriormente il tasso di dispersione.
Ecco perché a volte capita di vedere comunicazioni pubblicitarie di prodotti che per nulla ci azzeccano con il sito in cui sono state posizionate.
Questo vale, a maggior ragione, nei settori brico e garden dove tendenzialmente i prodotti da promuovere sono tecnici e indirizzati ad un uso specifico, spesso quindi, per evitare di buttare al vento significative porzioni di budget, quindi destinati ad un target di consumatori ben definito.
Se poi si parla di comunicazione B2B, quindi orientata agli operatori economici del settore è evidente che il mezzo generalista è quasi da considerare come un suicidio del budget.
I mezzi generalisti possono essere ragionevolmente utilizzati per campagne di marca in cui l’obbiettivo è la diffusione più ampia possibile presso i consumatori, della visibilità e della conoscenza del logo dell’azienda. I social in particolare possono rivelarsi una chiave importante di successo, purché vengano utilizzati in maniera oculata, sulla base di strategie di marketing pensate e non semplicemente acquistando impression. Come utilizzarli al meglio è un discorso che vale la pena approfondire… in un prossimo articolo.
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