Dall’analogico al phygital store: qual è la ricetta segreta?
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Alessandro Samà, ceo di BricoBravo, Matteo Comin, cso di Calicantus, e Marco Macari, vicepresidente 4ecom raccontano gli ingredienti giusti per non rimanere indietro nella sfida dell’integrazione phygital.
Omnicanalità e integrazione phygital sono ormai concetti noti e consolidati anche nel settore del ferramenta-brico. Oggi infatti il consumatore acquista indifferentemente nello store fisico o sull’e-commerce per rispondere a ogni sua esigenza.
Il retail però deve sapersi far scegliere e soprattutto riconoscere mettendo a punto una serie di strategie per essere efficace ma soprattutto coerente in entrambe le sue declinazioni, fisica e digitale. Se da una parte il valore aggiunto del negozio fisico, come ci ricorda Alessandro Samà, ceo di BricoBravo, “è il contatto con il cliente e la fiducia del cliente storico”, allo stesso tempo è fondamentale oggigiorno “creare una propria identità online puntando proprio sui valori del punto vendita, perché solo in questo modo si è in grado di emergere e di essere scelti dalla clientela”. In poche parole per avere successo l’identità tra fisico e digitale deve essere coerente.
“Purtroppo ad oggi ancora tanti negozi hanno timore nell’investire nell’online ma non si rendono conto del fatto che rappresenta un’espansione della propria attività e, se portata avanti correttamente, può portare vantaggi anche al rivenditore stesso” sottolinea Samà. E quindi da dove partire? Per il ceo di BricoBravo sarebbero tre le prime azioni da mettere in campo: “investire su una figura digitale, munirsi di un gestionale e più in generale non stare fermi perché il settore corre e si rischia di rimanere indietro” sottolinea Samà.
Omnicanalità sì, ma attenzione ai dettagli
Il cammino verso un’integrazione phygital naturalmente nasconde le sue insidie ed è a tutti gli effetti una sfida. Secondo Matteo Comin, cso di Calicantus: “Il consumatore finale o il cliente business è già omnicanale di per sé e ragiona con una logica di indifferenziazione del canale. Utilizza come crede e conviene le comodità del canale tradizionale ma anche i vantaggi del digitale”.
Pertanto sembrerebbe che sia il retail a dover rendere la customer experience il più adeguata e coerente possibile perché il cliente è già maturo da questo punto di vista. In quest’ottica è necessario che i retailer organizzino la customer experience in modo che non si creino discrepanze tra off e online in termini di prezzi, disponibilità o descrizione di prodotto.
“Un altro punto a cui prestare attenzione”, avverte Comin, “è la logistica dell’e-commerce perché le aspettative del consumatore sono alte ed è fondamentale che sia agile e fluida perché impatta direttamente sulla customer experience”. Senza dimenticare, ovviamente, la customer service sia in pre-vendita sia in post-vendita.
Fino ad ora abbiamo parlato però di un cliente che già conosce il punto vendita e in qualche modo è entrato in contatto. E se si dovesse invece partire da zero? Secondo Marco Macari, vicepresidente 4ecom si dovrebbe “iniziare con un buon digital marketing e una strategia coerente che permetta di agganciare gli utenti in target con il proprio business e poi “riagganciarli” con strumenti come la live shopping”.
Così è possibile mostrare il prodotto all’opera attraverso una diretta sui social durante la quale si può acquistare il prodotto direttamente sull’e-commerce. Tra i suoi benefici, come sostiene Macari, “la capacità di coinvolgere il team e creare una cultura digitale ma soprattutto presentare al pubblico stesso il proprio store grazie al fatto che la maggior parte delle realtà realizza le live proprio in una zona dedicata del punto vendita”.
Dati e AI per una strategia che funziona
Alla base di tutto, di ogni decisione e di una strategia phygital corretta vi devono essere informazioni chiare e precise. In questo senso i dati sono centrali e come
Matteo Comin, cso di Calicantus, sottolinea: “Sono il tesoro dell’azienda e per questo è necessario gestire correttamente i processi di miglioramento continuo senza che vadano a discapito dell’esperienza di acquisto del cliente”. In poche parole se siamo in possesso di dati – utili e informativi – abbiamo una migliore visione di ciò che succede dentro e fuori il punto vendita e possiamo eventualmente cambiare rotta o pensare di adottare migliori strategie.
“Con l’intelligenza artificiale, vista l’enorme quantità di dati a nostra disposizione, possiamo valutarli e capire quali sono importanti e quali no, senza distinzione tra canale fisico e digitale” aggiunge Comin. Dati che andranno naturalmente monitorati e letti con cognizione di causa da figure specializzate.
E già che abbiamo chiamato in causa l’intelligenza artificiale: quale potrà essere il suo ruolo nel retail? Per Marco Macari sono almeno tre i possibili utilizzi:”In primis nel magazzino poiché grazie al machine learning è in grado di fornire delle informazioni predittive su, per esempio, cosa comprare o non comprare e come manipolare i prezzi da oggi a sei mesi. Il secondo ambito potrebbe essere nell’attività degli scaffali attraverso l’uso di telecamere e della tecnologia computer vision”. Ebbene sì, si può riconoscere quando viene tirata su dallo scaffale la merce e come, se viene presa e appoggiata nuovamente ma anche la pedonabilità, se qualcuno ripassa nello stesso punto e dopo quanto tempo.
E il terzo ambito? “L’AI è impiegabile anche nell’ambito HR per la formazione del personale. Pensiamo a un agente AI al quale fornire tutta la documentazione aziendale a cui un nuovo dipendente si può rivolgere in caso di dubbi. Basta porre una domanda o un quesito e avere la risposta, rendendo più agile il lavoro di tutto il team” conclude Macari.
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