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Quanto costano le differenze inventariali?

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Pubblicato il 20 giugno scorso, il rapporto “Retail Security in Europe. Going beyond Shrinkage”, condotto da Crime&tech, spin-off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – Transcrime, con il supporto di Checkpoint Systems, fa il punto sulle perdite derivanti dalle differenze inventariali, che ogni anno costano alle insegne oltre 50 miliardi di euro, 2% del fatturato annuale dell’intero comparto. Lo studio raccoglie i feedback dei retailer di 11 Paesi (oltre all’Italia, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Russia, Spagna, Svezia e Regno Unito).

Come ogni anno, l’indagine fa la classifica dei primi cinque prodotti più rubati per valore. Per il food sono bevande alcoliche, formaggi, carne, dolci e pesce in scatola; per il settore abbigliamento: accessori, maglieria, pantaloni e camicette; nel settore dell’elettronica e tra gli attrezzi di alto valore nei negozi di fai-da-te ci sono, rispettivamente, telefoni cellulari e accessori.

Qualche numero

Se confrontate con il fatturato totale delle aziende, le perdite totali relative alle differenze inventariali rappresenterebbero il quarto maggior retailer per dimensione in Europa. Tra i settori che presentano i più alti tassi di differenze inventariali: gli alimentari (2,0%) e l’abbigliamento (1,4%); quelli che registrano i tassi più bassi: elettronica (0,4%), bellezza e cosmesi (0,5%) e articoli sportivi (0,7%). Il valore delle differenze inventariali analizzato comprende furti esterni ed interni, ma anche errori amministrativi, uso non conforme, scarti, merci scadute e merci e prodotti freschi danneggiati. (1. Cause differenze inventariali)

In sintesi il rapporto ha rivelato anche che, nel 2017, il tasso di differenze inventariali complessivo è aumentato dello 0,19% rispetto al 2016. A determinare le differenze inventariali vanno ricordati il taccheggio, i furti commessi dai dipendenti e le frodi, mentre sono in aumento forme fraudolente interne più sofisticate (falsi vuoti, resi fittizi, e frodi legate alle carte fedeltà). L’adozione di moderne tecnologie di self-checkout aiuta a contenere il problema, ma sebbene si sia registrato un aumento notevole nell’adozione delle tecnologie Rfid, l’utilizzo è ancora limitato (5,7%) nonostante i benefici. (2. Spese sicurezza settore)

Le contromisure più adottate includono sistemi di videosorveglianza (utilizzata dall’80% dei rispondenti), tecnologie EAS e sistemi di allarme gestiti da terzi (70%), mentre oltre il 25% dei rispondenti combina sistemi EAS e videosorveglianza per una protezione più efficace. (3. Istogramma generale)

Secondo Ernesto Savona, direttore di Crime&tech, la ricerca sottolinea come i retailer di tutta Europa utilizzino un mix di sistemi tecnologici per misurare le differenze inventariali, che comprendono sia le perdite dovute a reati, sia quelle causate da azioni non criminose. Tuttavia è necessario tener conto di tutti questi diversi approcci nell’interpretazione dei risultati presentati. “Per questo motivo, lo studio va oltre le differenze inventariali e analizza le politiche e le tecnologie adottate dai retailer, i fattori contestuali che hanno un impatto sulle perdite nel settore retail, i metodi adottati dai taccheggiatori e come le contromisure e le soluzioni relative alla sicurezza vengono adottate e combinate insieme”.

Focus sull’Italia

Se guardiamo alla situazione italiana, il costo stimato delle differenze inventariali è quantificabile in 3,3 miliardi di euro all’anno, mentre la spesa destinata alle misure di sicurezza si aggira intorno ai 1,5 miliardi di euro all’anno. Il costo totale attribuibile alle perdite nel settore retail quindi può essere stimato in circa 4,8 miliardi di euro all’anno (80 euro pro capite all’anno). In particolare i retailer hanno registrato, in media, un tasso di differenze inventariali dell’1,2% del loro fatturato, comprese le perdite note e sconosciute (media degli anni 2015-2016-2017, con una media dell’1,2% nel 2017) ma il valore varia a seconda del settore.

Anche in Italia, il settore degli alimentari riscontra il tasso di perdita più elevato (il 2,4% nel 2017, con un aumento dello 0,1% rispetto al 2015); l’abbigliamento e gli altri settori registrano valori simili per le differenze inventariali (0,8% nel 2017) e mostrano una tendenza costante nei tre anni. I punti vendita che si trovano nelle province di Genova, Milano, Imperia, Bologna e Napoli mostrano i valori delle differenze inventariali più elevati per il 2017. Tra le cause delle differenze inventariali, troviamo in pole position il taccheggio, seguito da furto con scasso e rapina. Oltre al “grab and run” – che potrebbe essere tradotto con  “prendi i soldi e scappa” – gli altri metodi sono la rottura di etichette/placche antitaccheggio e l’uso di borse schermate. La maggior parte degli intervistati italiani sottolinea anche il problema delle micro-bande, composte da 3-4 persone, spesso attrezzate con distaccatori di etichette antitaccheggio, jammer, magazzini dove conservare la merce rubata. I retailer italiani spendono in media lo 0,5% del loro fatturato in misure di sicurezza, che sono in linea con il resto dei Paesi europei: sistemi di videosorveglianza, seguiti dall’EAS e dagli allarmi. (4 istogramma spese)

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