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Edilizia e digitalizzazione: a che punto siamo


Lorenzo Bellicini, Cresme
Lorenzo Bellicini, Cresme

La ricerca “La digitalizzazione nel settore delle costruzioni: scenari e potenzialità del mercato”, realizzata da GS1 Italy in collaborazione con Cresme, ha cercato di fare una fotografia il più possibile fedele di un comparto complesso e articolato, che, come molti altri sta cambiando tra mille difficoltà.

Presentata durante l’evento “Digitalize or die? Tracciabilità, interoperabilità e sostenibilità per la modernizzazione delle costruzioni”, la ricerca ha messo in luce lo sviluppo nel periodo post-pandemico, identificando le cause della bassa produttività e individuando quali potrebbero essere le strade per recuperare efficienza.

Come il passo avanti nel percorso che GS1 ha già intrapreso al fianco di buildingSMART International, ente che a livello mondiale guida la trasformazione digitale del settore delle costruzioni, per supportare gli stakeholder del settore delle costruzioni.

Una filiera frammentata

Un mondo articolato e molto ampio, come ha introdotto Antonio Mura, direttore tecnico di Cresme. Si va dalla manifattura alla progettazione, dalle casse settoriali alle agenzie immobiliari, alle assicurazioni, ai facility manager, e così via.

“Lo spaccato del settore che emerge dalla ricerca è quello di una filiera frammentata, con livelli di digitalizzazione e gestione dei processi eterogenei. Un settore che fatica a trasferire le informazioni sia orizzontalmente, tra una fase produttiva e l’altra, sia verticalmente, tra imprese, professionisti e addetti”.

A dare un valore al settore allargato delle costruzioni ci ha provato il Cresme guardando alla produzione nel 2015 e quantificandolo in 470,4 miliardi, quasi un terzo del Pil (31,7%).

Esiste un problema di produttività? “Nel 2022 dopo il Covid è stato il secondo comparto più martoriato, dopo quello del turismo. Però se guardiamo bene vediamo che qualcosa si sta muovendo. E questo da addebitare all’introduzione di maggiori controlli, alla crescita nelle opere infrastrutturali, alla crescita del settore impiantistico, ovvero la componente più tecnologica del comparto costruzioni”.


Infatti, quello delle costruzioni è il macrosettore che ha sperimentato la crescita media della produttività più elevata in particolare dopo la pandemia con il +1,5% annuo nel periodo 2017-2019 e addirittura il +9,2% nel 2022 contro, rispettivamente, il +0,4% e il +2,8% della media nazionale.


Una peculiarità tutta italiana visto che solo in Italia, tra i 4 principali Paesi europei, le costruzioni hanno mostrato una crescita così significativa della produttività nel corso degli ultimi sei anni: +2,0% medio annuo in Italia, -0,8% in Germania, -4,5% in Spagna e -1,0% in Francia.

Cosa rallenta la digitalizzazione

“Si può dire che c’è stato un progresso per ciò che riguarda la digitalizzazione, anche se non possiamo fare confronti con altri settori molto più digitalizzati, come Ict, settore immobiliare, Pubblica Amministrazione. Va però sottolineato che le potenzialità di sviluppo sono enormi”.


E allora cosa rallenta la digitalizzazione? Scarsa internazionalizzazione; tante imprese familiari, con scarsa cultura per ciò che riguarda sia il management che gli addetti; una filiera lunga, complessa, articolata. Una filiera lunga, con difficoltà nel flusso delle informazioni e nell’organizzazione dei rapporti tra i diversi attori, genera pesanti inefficienze anche in termini di costi dell’attività.

Il peso dei bonus edilizi

La ricerca ha cercato anche di identificare le cause della ripresa della produttività del mondo delle costruzioni in Italia, a partire dall’incremento esponenziale dei prezzi.

Un recupero di produttività dovuto, tra le altre cose, anche al traino degli incentivi fiscali e dai bonus per le ristrutturazioni, il cosiddetto mercato della ristrutturazione incentivata che, secondo stime Cresme, nell’ultimo triennio ha assorbito circa il 30% del totale degli investimenti. Tuttavia c’è ancora molta strada da percorrere per arrivare ai livelli medi degli altri settori dell’economia italiana. Rispetto alla media del triennio 2017-2019, nel 2022 il valore aggiunto per ora lavorata è aumentato di +9,2%, arrivando a 26 euro per le imprese edilizie e a 25 euro per gli studi di architettura e d’ingegneria.

Una performance migliore rispetto alla media generale dell’economia italiana (+2,8%), dove però il valore aggiunto per ora lavorata è decisamente più alto (36,5 euro). Anche l’espansione del mercato delle infrastrutture (+11,5% l’aumento del valore della produzione tra 2022 e 2019) potrebbe aver svolto un ruolo nella crescita della produttività, così come la sempre maggiore importanza della componente impiantistica. Basti pensare che 10 anni fa valeva il 27% della produzione settoriale, arrivando oggi a pesare per il 35%, il dato più alto in Europa.

Tuttavia la produttività oraria resta ancora troppo bassa e questo rappresenta il problema principale del settore delle costruzioni in Italia. Una situazione che va attribuita al costo dell’errore che l’attività edilizia porta con sé: previsioni di spesa e tempi di esecuzione che si allungano rispetto ai programmi sono parte importante delle cause che determinano la bassa produttività.

Manca la condivisione delle informazioni

Dall’indagine è emerso inoltre quanto digitalizzazione e automatizzazione della tracciabilità in cantiere siano strategiche. E non solo per migliorare la produttività e l’efficienza, ma anche per mitigare il rischio operativo. Senza un tracciamento efficace dei flussi di materiali e di lavoro, in particolare in caso di subappalto, l’impresa si espone ai rischi amministrativi, di sicurezza e ambientali con le conseguenze prevedibili.

Altro problema riguarda il processo di standardizzazione delle informazioni tecniche di prodotto. In particolare, sono distribuzione e imprese a lamentare una certa reticenza da parte dei produttori nell’aderire a standard condivisi per le informazioni tecniche.

Eppure, ricorda Mura, la standardizzazione delle informazioni e il miglioramento dell’efficienza nello scambio dei dati all’interno della filiera stanno diventando un imperativo a tutti i livelli sia presso le imprese produttrici. “Specialmente nei settori maggiormente internazionalizzati, sia nel settore della distribuzione, sia presso imprese e installatori, anche alla luce della sempre maggiore integrazione impianto-edificio, con la diffusione della domotica e dell’Internet of Things”.

Digitalizzazione come driver di efficienza

Nell’ultimo decennio il settore delle costruzioni ha trovato nella digitalizzazione la strada per sostenere la crescita, migliorare l’efficienza, aumentare la produttività e mitigare il rischio sul lavoro. Ma la situazione, come visto sopra, è ancora lontana dal livello raggiunto in altri settori economici.

“Il passo decisivo verso un settore pienamente digitale è che i prodotti in fase di progettazione, costruzione, consegna, gestione e manutenzione siano identificabili e rintracciabili – ha ribadito Paolo Cibien, industry engagement director di GS1 Italy – durante il suo intervento focalizzato su” Il linguaggio comune oer un ecosistema digitale” –. Una filiera in cui le informazioni sono facilmente reperibili e confrontabili aumenta la produttività a tutti i livelli, riduce gli sprechi e rende i processi più sostenibili ed efficienti”.

Favorire il dialogo tra gli attori

In questo contesto, è strategica la diffusione nel mondo delle costruzioni degli strumenti BIM (Building Information Modelling), che consentono una gestione integrata di tutto il processo e rappresentano la via maestra all’ingresso della filiera nell’era digitale.

Il BIM potrebbe esprimere tutte le sue potenzialità utilizzando gli standard GS1, a partire dall’identificazione univoca del materiale di costruzione fino alle operazioni di facility management, di fatto creando un gemello digitale univoco attraverso il Global Trade Item Number (GTIN), il codice GS1 per l’identificazione globale dei prodotti da costruzione, che può così abilitare una migliore comunicazione tra progettisti e imprese di costruzioni.

E dalla ricerca emerge proprio la mancanza di dialogo tra costruttori e progettisti. Come favorire, quindi, la crescita della digitalizzazione nel mondo delle costruzioni? Prima di tutto è necessaria l’adozione di un modello di progettazione, architettonica e impiantistica gestito su piattaforma BIM. Basti pensare che oggi su 10 progetti pensati in BIM, solo metà arrivano a realizzazione sempre in BIM e solo uno o due sono gestiti in piattaforma BIM.

A sottolinearlo anche Ferdinando Napoli, presidente di edilportale.com, che invita a colmare questo ritardo e a favorire una maggiore diffusione di questi strumenti, occorre che tutti i prodotti siano univocamente identificabili e rintracciabili in ogni fase: progettazione, costruzione, consegna, gestione e manutenzione. Strumenti che aiutano un mercato di riferimento che comprende, secondo le stime di edilportale, 1.500 produttori edili e circa 8.000 rivenditori di materiali edilizi.

Necessario, come secondo step, il rispondere alla crescente necessità di collegare il mondo virtuale con quello fisico, grazie alla creazione di gemelli digitali, aprendo la strada a un nuovo modo di lavorare, che consente di accedere a dati e informazioni utili, garantiti e aggiornati, che tutte le parti interessate possono scambiarsi in maniera rapida e affidabile.

Il tema della smart home

Quando si parla di digitalizzazione nell’edilizia, o meglio nelle costruzioni, non si può dimenticare la parte che riveste il settore elettrotecnico ed elettronico. E proprio su questi aspetti si è soffermato Franco Villani – presidente e amministratore delegato, Bticino, nel suo intervento.

Dove ha ricordato che va guardato anche al prodotto, che nel caso di Bticino, ruota intorno alla smart home. “Un aspetto del quale vorrei parlare al passato prossimo e non al futuro. Visto che esiste già da alcuni anni e che funziona bene. Si tratta di referenze gestibili, automatizzabili, flessibili, installate oramai in almeno un milione e mezzo di abitazioni in Italia. Soluzioni che funzionano e non danno problemi, sono semplici, scalabili, modulabili”.

Serve più formazione

Se la domotica di prima era complicata e costosa, ora invece la smart home può essere modulabile, così come i costi dei componenti. Riguardo al mercato, Villani conferma quello già ricordato nella ricerca, ovvero la sua frammentazione che lo caratterizza spesso in modo negativo. “Tuttavia se si investe in formazione i problemi calano. I nostri prodotti per smart home colloquiano con la rete, è necessaria quindi una conoscenza e una preparazione ad hoc, ma sono alla portata di tutti gli attori della filiera”.

Va anche tenuto presente che questi temi interessano al consumatore finale, in particolare dopo la pandemia con la crescita dell’interesse verso la propria abitazione. Un interesse che vede la sicurezza al primo posto, seguita dal comfort e dall’efficienza energetica.

“Senza componenti smart home si può continuare a vivere, però chi ristruttura la propria abitazione e investe su questi vantaggi pratici e concreti (cronotermostato, simulazione di presenza, citofoni intelligenti) conta su queste commodity che diventano quotidianità. Fondamentale è quindi fare conoscere tutto questo, lavorare sull’esperienza d’acquisto. Arrivare al cliente finale in modo efficace spiegando che si tratta di un valore aggiunto fatto di più comfort, efficienza, comodità”.

Siamo entrati in una fase nuova di mercato

Nei prossimi anni, il settore delle costruzioni sarà attraversato da un radicale processo di modernizzazione e sappiamo che a guidare questo cambiamento sono due driver: sostenibilità e digitalizzazione.

Tuttavia, come ha sottolineato la ricerca Cresme, la strada da fare è ancora lunga nel nostro Paese.
Garantire la tracciabilità completa per il flusso fisico e digitale delle merci, abilitare l’interoperabilità tra gli stakeholder della supply chain, avviare insieme un processo di innovazione e sostenibilità: questo, secondo Lorenzo Bellicini, direttore e amministratore delegato di Cresme, farà la differenza nel futuro del comparto.

Abbiamo voluto mettere insieme chi sta facendo qualcosa sul fronte della digitalizzazione. “Siamo entrati nel primo ciclo dell’era dell’ambiente costruito, perché in realtà il 50% del settore è costituito da manutenzione ordinaria. Basti osservare che il valore del mercato delle costruzioni, quantificato in 280 miliardi di euro nel 2022, sia in gran parte costituito proprio da opere di manutenzione ordinaria,

Da qui a qualche anno dovremmo quindi essere in grado di gestire un cambio del mercato, fatto anche di volatilità, che già stiamo osservando. 2019, 2020, 2021, 2022, 2023: ognuno di questi anni ha mostrato dei cambiamenti. Tuttavia sostenibilità e digitalizzazione sono stati i temi costanti.

Nel settore delle costruzioni manca una formazione ad hoc di qualità. E non solo: “Stiamo parlando di un comparto che manca di attrattività e di immagine. Insomma: “operaio non è bello”! secondo il sentire comune. E poi c’è anche un problema di cultura, perché l’innovazione è prima di tutto culturale e richiede tempo e studio”.

Le attività industriali hanno rivoluzionato la produzione, a partire dall’automotive. Una rivoluzione che arrivata anche in questo settore. “Basti pensare ai droni, fino a qualche anno fa sconosciuti o considerati un gioco, e ora divenuti uno strumento importante, gestito e conosciuto in particolare dai geometri, che per per primi ne hanno visto le potenzialità chiedendo il permesso all’Enac di poterli utilizzare”.

Cosa va migliorato

Tante anche le criticità di questo settore. A iniziare dalla bassa produttività, per continuare con una filiera lunga e frammentata, affollata da regole diverse. Così come frammentate sono le leadership, che vanno ricostruite. Anche di fronte a un mercato polarizzato, basato in particolare sui costi. E poi bassi margini, fragilità finanziarie, scarso livello di R&S, anche se qualcosa sta cambiando. Senza dimenticare il ruolo cruciale delle normative, sempre in divenire, e il rapporto con le università. Una redditività in aumento, ma ancora troppo bassa.

L’innovazione è competizione e non solo tra imprese e settori, ma anche tra Paesi. Tra i primi Cina, Usa, UK, Germania per ciò che riguarda intelligenza artificiale, robotica, etc. Altro problema è quello costituito dal costo dell’errore che comporta crescite dei costi del cantiere. In Usa è del 30%.



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