Il non food cresce rallentando
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Prosegue la ripresa delle vendite nell’universo extra alimentare: nel 2016 i consumi degli italiani sono cresciuti di un ulteriore 1,0% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 102,5 miliardi di euro. E i segnali positivi sono arrivati dalla quasi totalità dei segmenti che compongono l’universo non alimentare, bricolage compreso.
A rivelarlo è l’edizione 2017 dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy, lo studio condotto da GS1 Italy in collaborazione con TradeLab.
I numeri del 2016
Il mondo dei consumi delle famiglie, così come calcolato dall’Istat e composto da servizi, consumi grocery e consumi non alimentari, vale oggi circa 1.024 miliardi di euro e cresce nel 2016 del +1,4% sostenuti prevalentemente dalla crescita dei servizi (+1,5%).
I consumi non alimentari nel 2016 sono arrivati a 152,8 miliardi di euro e sono cresciuti del +1,0% in linea con la crescita dei consumi grocery (+1,1%): grazie alla ripresa degli ultimi anni il peso percentuale dei beni non alimentari sul totale dei consumi delle famiglie si è stabilizzato intorno al 15%, avvicinandosi al 17% del 2007 pre crisi, anno in cui l’importanza dei consumi non alimentari era paragonabile a quella del totale dei consumi grocery (17,5%).
Nel 2016 i 13 settori monitorati dall’Osservatorio presentano un bilancio di segno positivo, con un’evidente ripresa in quasi tutti i settori, anche se a ritmo ridotto rispetto all’anno precedente.
Il bricolage, quarto mercato per importanza economica dopo abbigliamento e calzature, elettronica di consumo e arredamento, passa dagli 11,860 miliardi di euro del 2015, a 11,965.
I canali distributivi
L’Osservatorio Non Food di GS1 Italy conferma la razionalizzazione in atto nella rete dei punti vendita Non Food presenti sul territorio italiano. Ma rivela anche un trend meno accentuato rispetto al passato: nel 2016 hanno chiuso circa 4.600 punti vendita e il bilancio tra aperture e chiusure è stato dello -0,1%.
Il calo più significativo viene registrato nella distribuzione tradizionale, mentre le grandi superfici e le catene hanno perso nel 2016 rispetto all’anno precedente 370 punti vendita, a fronte però di una crescita nel decennio 2007/2017 del 5,7%. Un dato questo che è frutto della dialettica tra la spinta alle nuove aperture del primo quinquennio e il processo di razionalizzazione della rete registrato tra 2011 e 2016.
Molto decisa invece, nell’ultimo decennio, è stata la crescita delle GSS (grandi superfici e catene) in termini di quote di mercato: nella maggior parte dei comparti merceologici del Non Food le GSS hanno conquistato o rafforzato la propria leadership sugli altri canali.
In questo caso il bricolage, insieme al mobile/arredamento, rappresenta un’eccezione. I dati dell’Osservatorio confermano che questi due mercati sono gli unici con un peso, in termini di quote di mercato della GSS, inferiore al 30%: nel bricolage abbiamo un 27,4% con una timida crescita dello 0,2% nel 2016 sull’anno precedente, come testimoniato anche nel Monitoraggio di DIYandGARDEN. Nel mercato del bricolage l’erosione di quote della GSS sulla distribuzione tradizionale è decisamente più lenta rispetto agli altri mercati Non Food, ma comunque inesorabile: consideriamo che negli ultimi anni, sempre in crescita, di quasi 7 punti percentuali, che in un mercato da 12 miliardi non sono propriamente briciole.
In deciso calo sono invece le quote della grande distribuzione alimentare che vede ridotto il peso del bricolage, negli ultimi dieci anni, dal 9,4% al 7,8%. Una tendenza questa che si manifesta in tutti i comparti merceologici testati dall’Osservatorio; unica quota di mercato del Non Food in crescita nella GSA è la cancelleria.
La digitalizzazione del Non Food
Naturalmente, oltre ai dati e alle analisi sul commercio fisico una grande attenzione è stata messa sul grande tema della digitalizzazione, con tutto quello che comporta.
Il processo di digitalizzazione della società viene classificato dall’Osservatorio come elemento che ha influito maggiormente sui cambiamenti nelle scelte dei consumatori: negli ultimi dieci anni, superando varie fasi (1.0, 2.0 e 3.0), si può dire che il percorso può ormai dirsi concluso e la digitalizzazione è uno stato ormai acquisito.
Gli impatti sul comportamento di acquisto e di scelta del “luogo”, fisico o digitale, dove acquistare da parte del consumatore hanno modificato il ruolo dei diversi canali distributivi, ne hanno fatto nascere di nuovi e spostato le relative quote di mercato, anche e soprattutto nell’ambito dei settori non alimentari.
Internet si usa per cercare informazioni, realizzare confronti, leggere pareri e consigli ma anche per fare acquisti. Nasce il commercio elettronico e nasce quindi un nuovo canale distributivo, il canale digitale, a volte unico canale di vendita per pure digital player, a volte canale di vendita che si “affianca” a quelli già esistenti nei retailer più tradizionali. Si comincia a parlare di multichannel, e si prospetta la necessità di strategie che consentano al retailer di attivare azioni di coordinamento nella gestione di differenti canali di vendita che convivono e, in extremis, competono. Ma dura poco.
Il punto di vista del consumatore è diverso: non c’è competizione, non c’è alternanza. il punto vendita fisico e quello digitale “convivono”, sono entrambi necessari per un’esperienza di acquisto soddisfacente.
L’omnichannel, supera il precedente concetto di multichannel. La strategia omnichannel, per gli attori della distribuzione, ha l’obiettivo di integrare (e non più solo di affiancare) i canali fisici (punti vendita, show room, ecc.) e i canali digitali (e-commerce, mobile promotion, ecc.). Questo perché il processo di acquisto del consumatore è radicalmente cambiato: nella shopping experience rientrano ormai a pieno titolo la comparazione e la valutazione dei prodotti, delle offerte e dei servizi aggiuntivi, utilizzando i canali online e nello specifico, sempre più spesso, quelli in mobilità.
Il processo è ancora in divenire: infatti già oggi qualcuno parla di “no channel era”. In effetti ormai si può comprare qualsiasi cosa in ogni momento, su qualsiasi device.
Dal punto di vista dell’assetto distributivo dei mercati Non Food, questa rivoluzione ha generato effetti di non poco rilievo. Se si analizzano i mercati di cui oggi è possibile stimare l’entità dei valori veicolati dall’e-commerce, ci si rende conto di quanto il decennio sia stato emblematico.
In particolare il settore che appare rivoluzionato nel corso del decennio è l’edutainment, in tutte le sue componenti: nel complesso il trend ha portato la quota di mercato dal 4,0% al 25,2%, ossia da un ruolo del tutto marginale ad uno di attore principale o almeno co-protagonista. All’interno dei singoli segmenti il ruolo è in realtà leggermente diverso ma comunque in crescita: leader nei videogiochi (45,8%) e nell’homevideo (35,3%), primo follower nei supporti musicali (25,6%) e competitor con grandi potenzialità nei libri (16,5%).
Altro comparto interessato dalla diffusione del commercio via web è quello dell’elettronica di consumo, seppur con tendenze e quote di mercato molto più basse rispetto ai segmenti dell’entertainment: nel decennio si è passati dal 3,4% al 7,0%, con punte più rilevanti nella fotografia (22,4%) e nei piccoli elettrodomestici (13,2%).
Nel bricolage si parla ancora di pochi punti percentuali sul totale quote di mercato. Bisogna dire che dati precisi sull’ecommerce del bricolage non ci sono, nemeno all’interno dell’Osservatorio, questo perché è un dato molto difficile da acquisire in quanto a fronte di uno scarso successo dei portali di e-commerce delle insegne esiste una presenza molto frammentata ma spesso di successo di proposte e-commerce da parte della distribuzione tradizionale. Naturalmente mettere insieme i dati dei singoli punti vendita indipendenti è un’impresa non da poco, ma che probabilmente potrebbe portare a sorprese inaspettate.
Infine si sottolinea come se l’e-commerce deve essere ormai considerato un canale distributivo, internet è, ancora di più, un fondamentale canale di comunicazione tra le aziende e i consumatori. Questo aspetto è sottolineato anche dall’analisi sui social network avviata da diversi anni nell’ambito dell’Osservatorio. I dati sono emblematici: nel 2016 quasi il 90% delle aziende della distribuzione non alimentare gestisce un profilo ufficiale in lingua italiana su Facebook e il 50% su Twitter, evidenziando la necessità di confrontarsi quotidianamente con i propri follower e fan.
Anche in questo caso il bricolage non può essere considerato all’avanguardia, anche se alcune esperienze molto interessanti le troviamo in linea.
OSSERVATORIO NON FOOD GS1 ITALY Le statistiche degli ultimi 10anni
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