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Il valore della crisi: idee e investimenti

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” Dopo una crisi che nell’arco di sei anni ne ha più che dimezzato il fatturato complessivo, per il comparto degli Utensili Elettrici la svolta è arrivata nel 2014 e, pare, prendere vigore in questo primo semestre del 2015. Secondo le rilevazioni di Assutel – Associazione Nazionale Aziende degli Utensili Elettrici Componenti ed Accessori – il mercato degli elettroutensili ha registrato nel 2014 un incremento del 10,3% rispetto all’anno precedente e le stime 2015 paiono confermare tale trend”.

Questo era l’incipit dell’ultimo comunicato stampa diffuso dall’associazione di categoria nel luglio 2015, un comunicato che faceva il punto sulle ottime prestazioni e previsioni del comparto batteria (ormai il 40% del mercato) e la sempre maggiore rilevanza di un target “nuovo” a cavallo tra l’hobbista evoluto e l’artigian-professionista.

Con queste premesse e con un portale, diyndgarden.com agli esordi, non potevano non “debuttare” con la presenza di una delle principali aziende dei comparti sia hobbistico sia professionale. Il riferimento va a StanleyBlack&Decker e l’interessante incontro con Alberto Casati, General Manager GTS Southern Europe presso Stanley Black & Decker Inc.

Il 2015 si è concluso. Le previsioni di Assutel sono state confermate?
Come tutti gli operatori ricorderanno, il punto minimo del mercato si è toccato nel periodo 2012/2013, poi è iniziato un lento e costante recupero che stiamo vivendo anche ora, pur con tutte le difficoltà del mercato italiano che, come sappiamo, è sempre un follower degli altri mercati europei. Tuttavia i segnali positivi ci sono, abbastanza costanti e continui.

E per Stanley Black & Decker ?
Per quanto ci riguarda sono ormai 30 mesi che cresciamo a doppia cifra. Certamente, con alcuni accorgimenti di carattere gestionale, di iniziative, di novità prodotto e, naturalmente, di investimenti.

In che modo, concretamente?
Con un differente approccio al nostro modo di operare. Il 2012 ci trovò impreparati: l’anno precedente, il 2011, era stato positivo, poi, d’un tratto, da gennaio tutto cambiò e, improvvisamente. La situazione pretese una profonda riflessione, considerando che la nostra politica non ha mai rincorso il prezzo a tutti i costi – una politica che, se non c’è sell out, non dà nessun risultato, se non perdere fatturato e marginalità – e la crisi ci ha imposto un cambio culturale, supportato da nuovi prodotti e investimenti. Un caso su tutti il lancio della gamma FatMax.

Una nuova linea di prodotti nel bel mezzo della tempesta?

Esatto, il lancio della gamma Fatmax avvenne con un mercato che perdeva il 25% e ciò provocò molta sorpresa. Com’era possibile proporre una gamma limitata e specifica in mercato in grossa difficoltà e molto competitivo? Eppure FatMax, con una gamma contenuta, ma con una proposta chiara e ben identificabile, nella segmentazione dell’utilizzo, è stato un successo e, oggi, a distanza di 3 anni, è un marchio che ha raggiunto quote di mercato pari a brand che sono presenti sul mercato professionale da 40/50 anni.

Sicuramente la proposta era ben congeniata e pronta a soddisfare un bisogno specifico, ma in che modo avete convinto il rivenditore, non sempre facile – soprattutto in tempi di crisi – ad aprirsi alle novità?
Innanzitutto, con FatMax, abbiamo soddisfatto un bisogno, ovvero offrire ad un utilizzatore evoluto, non propenso a spendere grandi cifre per un prodotto professionale di fascia alta, un elettroutensile che avesse qualcosa in più rispetto ad un modello domestico. Ma per farlo abbiamo dovuto inventare un nuovo nome e inserirlo all’interno del marchio Stanley. Diversamente, con il brand Black+Decker non avremmo ottenuto gli stessi risultati, gli addetti ai lavori ricorderanno l’esperienza della gamma XT. Allo studio sul prodotto, si aggiunse, proprio in quel periodo, l’esigenza della distribuzione di ampliare il target e attirare una clientela sempre più professionale, con prodotti adeguati.

E oggi FatMax….
Oggi è una linea ben introdotta nei centri brico ma anche nel tradizionale. La novità è che anche qualche grossista comincia a mostrare interesse. Il felice connubio con la distribuzione è anche il risultato di esigenze e linguaggi comuni, e il punto di forza è stato quello di aver messo in campo energie per supportare il prodotto, facendo anche dei test in alcuni punti vendita. Certamente, non va dimenticato che Stanley è un marchio talmente forte e talmente trasversale sia per il professionista sia per l’hobbista che ha reso alla nuova gamma un po’ più facile il percorso ma, in ogni caso, questo è un esempio di come sia possibile sfruttare, in un momento di grandissima difficoltà, una fascia di mercato nuova. Un altro esempio positivo ha coinvolto il marchio DeWalt, subito dopo la fusione tra le due aziende abbiamo avuto la possibilita’ di sviluppare una linea storage a sotto il brand DEWALT nato dalla grande specializzazione nel settore di Stanley.

A tal proposito, la gestione dei marchi può essere molto difficile e complessa. Quali sono state, o sono, le criticità nel doverli far convivere?
Il lavoro più complesso e impegnativo è stata la scelta del livello di posizionamento, tenendo conto dei punti di forza e delle valenze di ogni marchio e andando ad individuare il marchio rispetto alle applicazioni e all’utilizzatore. Un lavoro che aveva anche l’obiettivo di fare pulizia ed avere il minor numero possibile di doppioni e sovrapposizioni sui marchi e, soprattutto, nella gestione dei canali distributivi. La razionalizzazione c’è stata e talvolta un marchio ha dovuto “cedere qualcosa”, come ad esempio Stanley che, nello storage, stava sviluppando un sistema innovativo, con caratteristiche performanti declinate per il settore edile. Nel momento in cui è avvenuta la fusione, 4 anni fa, il lancio di questa linea è stato spostato sotto il brand DeWalt, decisamente piu’ attinente e vicino alle esigenze del mondo construction.

Quali sono stati i marchi più “spigolosi” da allineare?
Un marchio in toto non direi, anche se, riflettendo a posteriori, il brand che soffre maggiormente in Italia è Facom; un brand fortissimo in Francia, ma che, in Italia, sconta la storica presenza di Usag e Beta, due marchi di grande tradizione, con produzioni in Italia e un’identità nell’automotive e nell’industria molto radicata. Eppure Facom offre almeno 3000 referenze in più del catalogo Usag, quindi una maggiore profondità e specializzazione, ma non è sufficiente. Forse questa è la criticità maggiore.

La crisi dell’edilizia è stata uno dei primi sintomi della crisi globale e oggi, nel residenziale, più che il nuovo è il mercato della ristrutturazione il vero business. Questo mutamento ha modificato le modalità di acquisto e la tipologia del prodotto acquistato?
Sicuramente, l’ha modificato e lo sta facendo ancora. Il mercato del construction si stava evolvendo in modo importante, tra il 2008/2009, anche a causa di una distribuzione, la rivendita edile, sempre più orientata verso l’attrezzatura. La crisi, è vero, ha rallentato questo processo, ma solo rallentato, perché è ancora in corso e i nostri prodotti ne hanno beneficiato, dato che sono maggiormente usati nell’ambito della ristrutturazione. Tant’è che negli ultimi anni, nel caso degli elettroutensili, i martelli non sono più la prima famiglia di prodotti venduti, e il cordless è diventato prioritario.

Torniamo a B+D e al consumo privato. Quali i cambiamenti, in questi ultimi anni?

E’ difficile rispondere a questa domanda. E’ davvero cambiato qualcosa o sono cambiati i canali distributivi? Pensiamo a quanto viene venduto sul web e all’opportunità, per l’utilizzatore, di raccogliere informazioni e scoprire range di prodotti che, prima, le aziende non avevano la possibilità di collocare sul mercato (listini, spazi, scelte commerciali). Se osserviamo l’offerta su web, scopriamo che i siti di e-commerce, degli stessi rivenditori “fisici”, trattano un numero dei referenze maggiori rispetto a quelle che hanno in negozio. La conseguenza è un cliente più informato e che può confrontare più facilmente. E questo, a mio avviso, serve per migliorare e ampliare il mercato e aumentarne la cultura; elemento, quest’ultimo, di cui la pratica del fai da te sconta storicamente più di una lacuna.

Lacune storiche non colmate, anche da una distribuzione che, al contrario, avrebbe potuto cogliere le giuste opportunità per diffondere la partica del fai da te. Non crede?
Un esempio concreto: sono reduce da un viaggio in Usa dove ho avuto modo di visitare diversi punti vendita Home Depot e Lowe’s. Le due catene di bricolage più importanti, con filosofie completamente differenti, tanto che se ne percepiscono immediatamente i contorni, non appena varcata la soglia dei rispettivi negozi. In Home Depot l’accoglienza e la presenza dell’addetto alla vendita è costante e partecipativa, al contrario, in Lowe’s, si palesa solo su richiesta. Due modalità differenti per due insegne di successo ma, non dimentichiamo che Home Depot, è la più importante insegna del bricolage nel mondo, non ché la quarta in termini assoluti.

Torniamo in Italia. Ottimax ha appena aperto a Cesena. Qual è la sua impressione?
Stiamo lavorando molto bene e siamo favorevolmente impressionati. Ciò che colpisce è l’attenzione alla merceologia e alla sua valorizzazione. Se ne percepisce lo studio e il pensiero e, questo, dal produttore è vissuto molto positivamente, perché è ovvio, vorremmo sempre che il nostro prodotto fosse ben valorizzato in negozio. Nel comparto elettroutensili hanno realizzato shop in shop che giudico molto premianti per il fornitore ma anche per l’utilizzatore che puo’ finalmente percepire il valore aggiunto del brand da lui scelto e andare in profondità della gamma che propone.

E la nascita di Sistema? La prima novità del 2016?
Al momento si tratta di un ufficio acquisti che lavora per migliorare le condizioni contrattuali. Tuttavia, penso che, se lo scopo è quello di diventare un’alternativa ad Adeo, si dovrebbe perdere meno tempo a parlare di condizioni e dedicare maggiori energie allo sviluppo. Sono molti anni che lavoro in questo mercato e ho visto nascere molti gruppi d’acquisto; gruppi che non hanno mai dato buoni risultati, se non un’apparente miglioramento delle condizioni commerciali. Diverso il destino per le aggregazioni intese come sviluppo di marketing o sviluppo strategico di cui l’ultima, in ordine di tempo, è Technotrade, una realtà che, nel mondo della fornitura industriale ha lo scopo di fornire, ai rivenditori indipendenti, gli strumenti per fare sviluppo, marketing e dare vita ad un proprio marchio. Progetti, mi risulta, che stiano portando avanti molto bene.

L’attenzione per la Gds, da parte dei fornitori, è sempre alta, ma è innegabile che, per diversi motivi, la ferramenta stia attraversando un periodo di rinnovata considerazione. StanleyBlack&Decker si ritrova in quest’affermazione?
Abbastanza, perché i dati confermano che il tradizionale è ancora il principale attore, per giro d’affari, dell’intero mercato. Non solo, anche in termini sociali e territoriali continua a rappresentare un canale forte e strategico che, negli anni, è riuscito ad evolvere e specializzarsi, offrendo un numero sempre maggiore di servizi sia al privato sia al professionale/industriale. Sono anche convinto che, in questo momento, non siano due canali in contrapposizione, ma complementari e la maggiore difficoltà, per la ferramenta, è quella di difendersi dalle realtà industriali e da nuove aziende che vendono direttamente.

Per concludere, cosa comprende il 2016 di StanleyBlack&Decker?
Considerando la pluralità dei brand, molti progetti e molti prodotti. Molto importante la novità che presenteremo a giugno, nell’ambito del marchio professionale DeWalt. Si tratta di un prodotto davvero innovativo, con oltre 500 pagine di brevetti, e che può segnare un grosso cambiamento, in un mercato emergente come quello del prodotto a batteria. Segnalo il piccolo elettrodomestico, che continua essere una gamma importantissima con quote nell’aspirazione del 58% e nel vapore del 47%, e dove presenteremo diverse novità tese, in particolare, ad educare il consumatore a parlare con un linguaggio nuovo e alla comprensione dei nuovi sistemi di batterie. Non si parlerà di minuti e voltaggio perché la performance cambia e così anche il sistema di lettura. Per Black+Decker proseguirà lo sviluppo dei prodotti principali, soprattutto nel comparto batteria, considerando che quest’anno si concluderà l’era della batteria nichel-cadmio e, per quanto riguarda l’utensileria manuale, proseguiremo in particolare con il rilancio di Usag, dove è previsto un ampliamento della gamma e della piattaforma di prodotto che va a coprire le prestazioni. Infine, non verrà a mancare, l’intenso lavoro di dialogo con il consumatore finale, mediante i social, dove la pagina facebook di Black+Decker Italia è la community più grande del gruppo, con più fan rispetto agli altri Paesi Europei. Una conferma di quanto sia attrattivo il marchio, sul mercato italiano.

Una risposta a “Il valore della crisi: idee e investimenti”

  1. Patrizio ha detto:

    Condivido il pensiero di Alberto, non posso che essere assolutamente convinto che il mercato tradizionale ancora ha motivo di esistere anche deve essere capace di reinventarsi; magari l’idea di acquistare avendo dietro una filosofia di sviluppo ed intervento sul mercato piuttosto che il prezzo e la condizione di pagamento, rappresenta il primo passo verso la rinascita.
    Diventa così chiaro che anche il rapporto con i fornitori deve modificarsi……
    Bravo Alberto e saluti

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