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Il legno in Kimono

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Redazione

Sua Maestà il legno, materiale da sempre di riferimento per il mondo del fai da te e non solo, può presentarsi ai suoi tanti estimatori come meglio crede: grezzo in tutta la sua naturalezza o colorato in mille tonalità diverse sulla base della fantasia dei suoi sudditi.

Ma ci fu un periodo, nel secolo scorso, parliamo degli anni ’70 e ’80, in cui sua Maestà il legno si cambiò d’abito e si presentò alle famiglie italiane, ai rivenditori e agli hobbisti del fai da te, vestito con un elegante Kimono.

Quello che stiamo facendo è ovviamente un gioco di parole, che però ha un suo fondamento. E’ proprio in quegli anni infatti che in molte case italiane era possibile notare pareti rivestite con particolari pannelli rivestiti, con le tinte delle varie essenze del legno. In particolare erano pannelli di compensato di legno esotico a tre strati incrociati, la cui superficie era nobilitata con carte impregnate in decorativi tipo legno. Tali carte provenivano dal Giappone e l’azienda di Alessandria che per prima propose questo tipo di prodotto al mercato italiano, coniò il proprio marchio, che nel tempo sarebbe diventato un punto di riferimento del settore, pensando proprio alla vestizione di sua Maestà il legno con un abito perfetto, elegante e dal sapore orientale. Fu così che nacque il marchio Kimono.

L’azienda esisteva già dal 1955 e aveva già maturato importanti esperienze nel comparto legno, quando, grazie al pannello Overply, cioè il pannello da rivestimento di cui vi stiamo raccontando la storia, raggiunse un livello di successo straordinario. Il pannello Overply negli anni ’70 e ’80 divenne una vera e propria moda andando ad assumere un ruolo da protagonista in molte case. Erano anni di forte sviluppo edilizio, molti italiani diventavano proprietari della propria abitazione e molti altri avevano la possibilità di godere di una seconda casa al mare o in montagna. Erano gli anni della carta da parati e delle perline e la soluzione proposta da Kimono risultò vincente per due motivi, il primo indubbiamente estetico e il secondo da accreditare alla grande comodità di installazione: i pannelli Overply possono essere applicati alla parete tramite un’intelaiatura in legno (assai semplificata rispetto a quella necessaria per le perline) oppure possono essere incollati direttamente sul muro.

Naturalmente Kimono oltre al pannello Overply aveva un catalogo che comprendeva una discreta offerta di prodotti in legno con tavole, compensati, pannelli e quant’altro. Una tipologia di offerta che ben si adattava alle esigenze del nascente mercato del fai da te, un mercato di cui Kimono sarebbe diventata protagonista. Ricordiamo, già nel 1981, la presenza di Kimono al Salone Internazionale del Fai da Te di Milano con un importante stand.

Nel frattempo i tempi cambiano e con essi anche le mode. Negli anni ’90 la carta da parati, le perline e quindi i gloriosi pannelli Overply perdono il loro appeal verso le famiglie italiane che ritornano alla pittura e quindi al colore, soprattutto se vivace. Non cala invece l’interesse per il fai da te che, anzi, trova una sua affermazione e consolidamento nella nascita e crescita delle prime importanti insegne di grande distribuzione specializzata. L’intuizione di Kimono rispetto alle potenzialità del bricolage in Italia stavano anno dopo anno diventando sempre di più una realtà ed è allora, nel 1991, che venne chiamato Roberto Lepri (nella foto), giovane laureato in economia e commercio all’Università di Genova ma con le idee molto chiare.

Quando sono approdato in Kimono – racconta Roberto Lepri, oggi amministratore delegato dell’azienda – il mercato manifestava due chiare tendenze: da un lato c’erano i tradizionali rivenditori del legno, in crisi e con la necessità di evolversi verso il consumatore fai da te e dall’altro la grande distribuzione specializzata, in straordinaria crescita. Quella offerta dalla GDS era un’opportunità che non potevamo trascurare. Abbiamo quindi fatto un grande lavoro di riqualificazione della nostra forza vendita, formandola specificamente per gestire al meglio una relazione con un buyer e abbiamo iniziato ad affiancare al prodotto quell’elemento fondamentale per costruire un rapporto virtuoso con la GDS che è il servizio. Considerando i risultati posso dire che furono scelte azzeccate, che ci consentirono di crescere in maniera controllata e sicura”.

La grande distribuzione certamente garantisce acquisti e fatturati importanti però, per quello che ci risulta, non è facile gestire tutti i loro “desideri”. In quei primi anni come si comportavano le grandi insegne?

Noi siamo sempre andati avanti bene e consapevolmente – continua Roberto Lepri -, abbiamo detto no ad alcune richieste che non potevamo accettare, certamente abbiamo commesso alcuni errori, però nel complesso abbiamo raggiunto risultati eccellenti. Riguardo ai rapporti dell’epoca con questi grandi compratori esistevano ovviamente dei problemi causati dall’indispensabile cambio di mentalità, anche da parte nostra, che era in atto ma che non era del tutto completato. Ricordo per esempio un incontro a Montecatini con il vertici dell’allora Consorzio Punto Legno, i quali ci chiesero una serie di premi a fronte del raggiungimento di determinati risultati e le scaffalature in omaggio. Oggi queste sarebbero considerate richieste assolutamente normali, 25 anni fa invece erano totalmente fuori dalla nostra mentalità commerciale. In quel caso probabilmente perdemmo un’opportunità.

Avete davvero perso un’opportunità? Conosciamo aziende che per cogliere a tutti i costi quel genere di opportunità corsero grossi rischi in quegli anni.

E’ vero. La grande distribuzione poteva dare molto, però chiedeva anche molto e per soddisfare tutte le loro esigenze occorreva avere le “spalle grosse”, occorreva avere una capacità di investimento e di gestione finanziaria del denaro che solo le aziende con 20 anni di utili alle spalle potevano vantare. Noi eravamo tra queste, tuttavia la consapevolezza delle nostre possibilità e la convinzione di una programmazione sicura ci hanno sempre portati a valutare che ogni opportunità fosse tale, in quel preciso momento, anche per noi.

Riprendendo una vecchia battuta è un po’ come dire che se al tavolo da poker non riesci ad individuare il “pollo” è molto facile che il “pollo” potresti essere proprio tu. Parliamo ora un po’ di noi consumatori. Come siamo cambiati in questi anni?

C’è stata una indubbia evoluzione culturale a favore del fai da te che ha favorito l’identificazione di un mercato in quanto riferimento per la soluzione di moltissime necessità. Fino a vent’anni fa se si doveva acquistare una chiave inglese, spontaneamente veniva in mente la ferramenta, oggi si pensa invece al centro fai da te o brico che dir si voglia. Questo non è un dettaglio: significa essere arrivati al completamento della costruzione e della penetrazione tra i consumatori di un mercato. Da qui in poi si deve solo crescere.

Da sempre però sentiamo che il nostro mercato è straordinariamente indietro rispetto a quello degli altri grandi d’Europa, Francia e Germania su tutti. Da sempre si parla di crescita del bricolage in Italia, ma negli anni pur se crescita c’è sempre stata è sempre stata molto lenta e le differenze con gli altri mercati europei permangono nonostante il passare degli anni. Arriveremo, e quando, ai livelli di Francia e Germania?

Non sono d’accordo sull’affermazione secondo cui gli italiani siano “indietro” rispetto ai francesi e ai tedeschi. Il consumatore italiano non è indietro è semplicemente diverso. La nostra cultura, che ha radici millenarie, ci porta a tendere a livelli di qualità della nostra vita e della nostra casa molto diversi da altri paesi europei. Noi italiani tendiamo verso la ricerca della qualità , il che ovviamente non aiuta quella pratica del fai da te che raramente è supportata da conoscenze ed esperienze tecniche e manuali idonee (da decenni sono sparite dalle scuole le applicazioni tecniche – n.d.r.). Voglio fare qualche esempio banale ma significativo: ci sono paesi come l’Inghilterra o gli Stati Uniti dove troviamo la moquette in bagno, o ancora più banalmente il gesto di mettere la baguette sotto l’ascella tipico dei francesi per noi è inconcepibile. Siamo un popolo che esprime una cultura diversa. Ognuno poi può decidere se classificarsi indietro o meno rispetto alle altre culture presenti nel nostro continente.

Questa ricerca del gusto e dell’estetica potrebbero in effetti essere un vero limite per lo sviluppo del fai da te in Italia. D’altro canto è proprio in Italia che è nata quella tendenza verso l’autoproduzione di design che sta portando scuole e giovani designer a proporre un fai da te con contenuti culturali ed estetici di alto livello, ma facilmente realizzabili da tutti. Però in questo concetto di ricerca della perfezione che inevitabilmente si scontra con la scarsa preparazione tecnica e manuale, non potrebbero, o forse dovrebbero, avere un ruolo determinante le aziende e la distribuzione del settore?

Non c’è dubbio. Per questo motivo noi da anni lavoriamo moltissimo sui criteri di esposizione del prodotto legno, sul merchandising, sul packaging, sulla didattica, sulle etichette esplicative fino a dotare i nostri prodotti di QRCode per collegarsi a nostri filmati didattici, che spiegano con grande chiarezza l’applicazione fai da te dei nostri prodotti. Dobbiamo uscire dalla logica di Mastro Geppetto, il prodotto di fai da te è soggetto alle regole del marketing come qualsiasi altro prodotto.

A fronte del vostro impegno rimane il fatto che alla fine il consumatore va nel negozio per trovare prodotti e conforto. Varcata la soglia possiamo dire che trova tutte le risposte alle sue domande e ai suoi dubbi?

Purtroppo no. La formazione del personale della grande distribuzione è ancora troppo bassa. Non mi sembra che gli addetti alla vendita delle varie catene siano in grado di vincere quella soglia del dubbio che è la discriminante prima per convincere un consumatore a scegliere il fai da te rispetto a ricorrere ad un professionista. Il consumatore vuole essere rassicurato e il venditore dovrebbe essere in grado di spiegare e di fugare ogni dubbio. Quando non è così è inevitabile che la scelta vada verso il professionista, con la conseguente perdita di un’opportunità importante per il fai da te.

Possiamo fare un esempio specifico che riguardi il settore legno?

L’esempio più lampante ci viene dal comparto dei laminati per la pavimentazione, che negli ultimi anni hanno fatto registrare trend di crescita davvero importanti. Oggi molti li comprano nei centri fai da te e poi se li fanno installare da un professionista, però, sulla base delle richieste, delle domande e delle mail che ci arrivano in azienda, posso dire senza alcun dubbio che la posa fai da te è straordinariamente in crescita.

Se la grande distribuzione non riesce, con il proprio personale, a fugare il “dubbio” del consumatore, quest’ultimo non potrebbe trovare conforto e rassicurazione nella rivendita tradizionale?

E’ probabile, anzi, credo che questa, insieme alla specializzazione, potrebbe essere l’arma vincente della distribuzione tradizionale rispetto alla grande distribuzione. E’ perfettamente inutile che un singolo negozio cerchi la competizione con le grandi insegne sui terreni del prezzo o delle promozioni. Credo che la distribuzione tradizionale possa giocare un ruolo importante se offre quei servizi che la grande distribuzione non riesce ad offrire, primi tra tutti proprio la competenza e la capacità di coinvolgere con entusiasmo il consumatore in un’esperienza manuale spesso per lui nuova.

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