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40 anni di brico per Carlo Botta

Abbiamo contattato Carlo Botta, Responsabile Wolfcraft in Italia, per farci raccontare peculiarità e differenze del bricolage italiano di ieri e di oggi.

Partiamo dal principio. Era il 18 novembre 1976 quando Carlo Botta, dopo la laurea in Scienze Politiche con indirizzo economico internazionale, fu assunto come assistente marketing alla Stanley. Dopo una gavetta ed una crescita professionale all’interno della Divisione utensileria Stanley, a 29 anni fu promosso dirigente, assumendo la Direzione Marketing Stanley.

Dopo 14 anni di Stanley, il 1° marzo del 1990, Carlo Botta fu chiamato dalla Wolfcraft per costruire e guidare la filiale italiana del prestigioso marchio di accessori per il fai da te. “ La determinazione e la passione sono stati e sono ancora fondamentali – racconta Carlo Botta -, però molto importanti sono anche l’umiltà di mettersi a disposizione di chi detiene l’esperienza e il coraggio di cogliere le opportunità nel momento esatto in cui capitano, come la scelta di accettare l’onore e l’onere di aprire la filiale Wolfcraft.”

Chi ha avuto come “maestro “ ?
Io ho avuto la fortuna di avere un Capo come Sandro Cozza, per tutti gli anni ’80 fino all’inizio degli anni ’90, amministratore delegato di Stanley, che mi ha insegnato molto e che ha creduto e investito sulla mia persona. Ricordo che nei primi anni ’80 si affacciava sul mercato la grande distribuzione brico e già allora si proponeva con dinamiche molto diverse rispetto ai rapporti a cui eravamo abituati con la distribuzione tradizionale. Sandro Cozza era un grande professionista con una particolare vocazione verso le vendite e questa “nuova grande distribuzione” che pretendeva premi, agevolazioni e contratti del tutto particolari per l’epoca, non era…diciamo nelle sue corde. Fu così che me ne affidò completamente la gestione, un’opportunità straordinaria per me in quanto mi ha consentito di sviluppare una professionalità specifica che si sarebbe rivelata fondamentale negli anni a venire. Mi insegnò la necessità di “ cambiare cappello “, a seconda delle situazioni. Adattarsi….Cambiare di fronte ad un dettagliante, un grossista o un buyer GDO-GDS

Cosa significava fare marketing nel mercato del fai da te degli anni ’80?
Erano anni pionieristici e di grande entusiasmo. A quell’epoca il fai da te era interpretato come un hobby per il tempo libero e la lavorazione del legno sembrava essere una nuova frontiera su cui investire tutte le nostre energie. Eravamo coscienti che si trattava di un mercato di nicchia in Italia, ma eravamo fiduciosi che si sarebbe sviluppato fino ad avvicinarsi ai livelli già raggiunti da altri mercati del nord Europa.

Nasce il fai da te tra l’entusiasmo generale

Effettivamente in quegli anni l’entusiasmo che regnava a tutti i livelli intorno al neonato mercato del fai da te aveva raggiunto livelli straordinari. Dal nulla apparvero nelle edicole due riviste specializzate, in tante città italiane proliferavano fiere del fai da te e alcune aziende persero la testa, fino ad arrivare a proporre la combinata da salotto (per non fare nomi la Mago Magh), chiusa in un mobile ma pronta a fresare, tagliare e piallare direttamente nel salotto di casa, senza dover necessariamente andare in cantina o nel box.

Era una situazione un po’ esagerata?
Il grande fermento intorno al fai da te non era solo interno al settore. Si interessavano della crescita di questo nuovo hobby anche molti mass media e molti opinionisti, anche celebri e prestigiosi, si esponevano con giudizi e pronostici. Ricordo che durante “Uso Tempo”, la fiera del fai da te più importante dell’epoca, che si teneva a Roma, mi ritrovai a parlare ad un convegno sul tempo libero, avendo al mio fianco Piero Angela e Margherita Hack.

Dal Fai da Te al bricolage. Arriva la Gds

Poi le cose sono cambiate e possiamo dire che dal fai da te si è passati al bricolage: un vocabolo più gentile per indicare pratiche e prodotti atti al miglioramento della casa. Dall’hobby si è passati a parlare di necessità, pur con l’intento di far espletare tali necessità gradevolmente.

In questo passaggio quale ruolo ha avuto la crescita della grande distribuzione specializzata?
La GDS ha avuto sicuramente un ruolo importante perché avendo un rapporto diretto con il consumatore hanno avuto la possibilità di capire le reali esigenze ed aspettative dei clienti, che, sempre di più non erano più solo gli uomini, come era negli anni ’80, ma, grazie all’introduzione di merceologie diverse, una tra tutte la decorazione, si ampliava lo spettro di riferimento del target alle donne e alla famiglia.

In questo passaggio dall’hobby al “migliora la tua casa” le aziende hanno perso quell’entusiasmo che invece avevano dimostrato nei primi anni del fai da te. O no?
Secondo me negli anni ’80 l’entusiasmo e le aspettative erano esagerate e questa esagerazione di entusiasmo portò anche a parecchie delusioni. In realtà il cliente italiano ha una preparazione tecnica e una manualità molto basse, è sempre stato così e sarà così ancora per molto tempo. Ciò non significa che non abbia la voglia oltre che la necessità di fare da sé i lavori di manutenzione e abbellimento della propria casa. Però noi aziende, ma anche la distribuzione, dobbiamo impegnarci nel rendere al nostro consumatore la vita il più facile possibile. In Wolfcraft, per esempio, da anni proponiamo progetti completi che comprendono, a fronte di uno specifico intervento (pavimentazione, cartongesso, taglio e immagazzinaggio della legna, ecc.) tutti i prodotti necessari con un supporto di didattica e tutorial filmati.

Quindi meglio il do it for me (cerco chi svolga per me il lavoro) rispetto al do it yourself?
Diciamo che il do it for me c’è sempre stato in Italia e probabilmente gran parte delle persone lo preferiscono al do it yourself, tant’è che è sempre più frequente incontrare insegne della distribuzione che offrono il servizio di artigiani fidati per fare i lavori nella casa del consumatore che ha acquistato i prodotti nel punto vendita.

La “piccola” Grande Distribuzione Italiana

Abbiamo già sottolineato un tratto significativo riguardo all’ingresso della grande distribuzione nel mercato del bricolage italiano. Quali sono stati e quali sono i pregi e i difetti della Gds in Italia?
Dagli anni ’80 ad oggi la GDS in Italia è certamente cresciuta, ma rimaniamo comunque lontani dai livelli che troviamo nei paesi europei che abbiamo sempre portato come esempio di sviluppo. La nostra grande distribuzione in realtà è piccola. La dimensione media dei punti vendita è di circa 3.000 mq, ma se togliamo Leroy Merlin, Bricoman e Obi si abbassa drasticamente a 2.000 mq E’ anche vero che nel resto d’Europa si sta facendo un passo indietro sulle grandi metrature, ma la loro media rimane comunque imparagonabile alla nostra.

E’ solo una questione di dimensioni?
Esistono anche altri problemi. Il primo riguarda lo scarso interesse che le grandi insegne europee hanno dimostrato e dimostrano per l’Italia. Questo non perché il nostro mercato non sia appetibile, ma per una burocrazia e una serie di vincoli che rendono davvero difficile e impegnativo per le insegne straniere (e Italiane !!!) aprire un punto vendita. Il secondo riguarda la tradizionale frammentazione della distribuzione. Lo scenario della Gds italiana è generalmente molto polverizzato, con piccole realtà che non riescono a dare un contributo determinante alla crescita di quella cultura del fai da te che tutti abbiamo sempre auspicato.

Se guardiamo la GDS italiana troviamo gruppi che hanno una propria immagine “ omogenea “ e un’organizzazione reale, penso per esempio a Brico OK, altre invece sono aggregazioni fatte essenzialmente per acquistare a prezzi più bassi i prodotti presso i fornitori.

La vittoria dell’individualismo italiano…..mi associo, ma faccio come voglio io……

Un altro punto riguarda i ricarichi, che in Italia sono molto più alti che negli altri Paesi. Incidono sicuramente gli alti costi gestionali e la tassazione, ma spesso questi diventano un alibi.

Ultimamente stanno nascendo aggregazioni piuttosto importanti, per esempio Sistema o Evoluzione Brico o il recente accordo tra Bricolife e il Gruppo Made. Cosa ne pensa di questo fermento?
Penso sia positivo perché certifica la volontà di crescere. Mi auspico che queste sinergie portino sviluppo di marketing e di strategie. Sarebbe un errore limitarsi ancora una volta alla sola trattativa commerciale o peggio ancora “ finanziaria”. Comunque è ancora presto per dare giudizi.

Per concludere, quale deve essere l’impegno degli operatori della produzione e della distribuzione nei prossimi anni per continuare nella crescita e nello sviluppo del mercato?
Formazione e didattica. Oggi la ferramenta tradizionale è ancora straordinariamente importante perché può seguire il cliente con addetti qualificati, in grado di dare consigli e suggerimenti utili, anzi indispensabili, se consideriamo che l’italiano continua ad essere tecnicamente poco preparato. Quindi formazione degli addetti vendita, ma anche un grande lavoro di diffusione della didattica a favore del consumatore. Oggi esiste internet che, se usato bene, può essere un mezzo determinante per diffondere notizie e informazioni, grazie alla possibilità di utilizzare oltre ai testi e le immagini anche i video. Il successo dei nostri filmati nel canale Youtube di Bricoliamo, web magazine rivolto al pubblico che abbiamo sostenuto sin dai suoi primi anni dalla messa in linea, testimonia l’interesse della gente a capire e a crescere. Noi dobbiamo dare gli strumenti.

Nella foto: da sinistra Stefania, Patrizia, Carlo Botta, Elisa, Antonella

2 risposte a “40 anni di brico per Carlo Botta”

  1. Adolfo Tomassi ha detto:

    complimenti bella vera e grande storia
    di cui ho avuto la fortuna di seguirla da vicinissimo sin dal lontano 1982
    auguri per la tua nuova/ritrovata mansione
    buon Lavoro
    adolfo

  2. Tiz Cittadina ha detto:

    Bella carriera e grande dialettica.

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