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Una distribuzione cinese sempre più “europea”

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DAVIDE-CARDELLINI

Partite dall’abbigliamento e dai “bazar”, molte aziende di distribuzione cinesi ora puntano alla specializzazione e la casa è uno dei segmenti di interesse. Come sono organizzati? Come stanno evolvendo? E come si lavora con loro?

Un lungo trascorso in GDO passando per Manetti& Roberts e Coltellerie Montana, fino all’apertura, negli anni Novanta della sua prima agenzia. E’ Davide Cardellini, contitolare con Michele Campaioli di Opera, agenzia che lavora per inserire aziende nella Gdo e che, negli anni, ha maturato un’esperienza molto interessante con la distribuzione gestita da società cinesi.

Una peculiarità che ci ha molto incuriosito e che ha dato vita ad un’intervista, molto interessante.

Come nasce questa “specializzazione”?
Nel 2015 la nostra agenzia lavorava con Vileda, un brand  all’epoca molto appetibile per i pochi mercatoni cinesi che stavano nascendo in Italia e che avevano il desiderio di iniziare a proporre un assortimento che non fosse classificato solo come la solita “cineseria”, con tutto quello che il termine si portava dietro. Ovvero una percezione da parte del cliente di bassa qualità e lo scarso interesse da parte della produzione ad avere a che fare con strutture con quelle caratteristiche. La situazione stimolò il mio interesse e pensai subito che fosse un canale destinato a crescere e a diventare importante.

Fu difficile l’approccio?
Direi complesso, anche perché la mentalità cinese presenta delle differenze. Il retailer cinese parla poco e pensa al prezzo ma è sensibile all’affare se lo intuisce va fino in fondo. La vera svolta avvenne nel 2018 quando, con Opera, acquisimmo la Cierre, società il cui proprietario aveva già intuito, a suo tempo, l’opportunità e si era specializzato, lavorando solo con la distribuzione cinese. La cessione di know how fu fondamentale e l’ex titolare, Roberto Isidori rimase con noi due anni per avviare il progetto, una vera e propria nuova divisione di Opera. Con agenti di vendita dedicati, una copertura del mercato che fosse nazionale e nuovi mandati.

Selezione a monte e rapporto molto stretto

Quali sono state le prime aziende ad aderire al vostro progetto?
Il primo brand è stato Vitakraft, specializzato nel settore del Pet. Con il titolare, Claudio Sciurpa condivisi il progetto e dal 2018, partendo letteralmente da zero, siamo arrivati alla fine del 2022 con un fatturato di 2.700.000 euro. Un altro esempio è quello di UHU Bostik del gruppo Bolton, che ha creato una divisone ad hoc, diversificando la vendita e affidando a noi, a livello nazionale, questo canale.

Oggi, qual è la situazione?
Oggi siamo noi che scegliamo le aziende con cui lavorare e non vice versa come qualche anno fa. Francamente va detto che ora c’è la fila di realtà che vogliono lavorare con i cinesi.

Per quale motivo?
Banalizzando potrei dire che oggi se apre qualcuno è un cinese e se qualcuno chiude è un italiano. Purtroppo, è una realtà diffusa e poi il produttore ha superato la diffidenza iniziale rispetto ad eventuali rischi nei pagamenti. Intanto perché noi operiamo una rigida selezione e poi perché i retailers cinesi si organizzano in gruppi e lavorano su superfici sempre più grandi. E soprattutto tengono molto alla loro reputazione.

Quanti sono?

Quanti sono in Italia? E’ possibile fare almeno una stima?
Molto difficile. Noi abbiamo fatto una scelta, non seguiamo le strutture sotto i 1000 mq, e in quella categoria dimensionale ce ne sono moltissimi. Attualmente seguiamo circa 800 ragioni sociali per un fatturato di 7 milioni di euro, ma c’è ancora molto da fare. Sono realtà solide che hanno un grande interesse e una grande attenzione a veicolare un’immagine di serietà. Esiste un sottobosco di realtà che cambiano ragione sociale spesso, per questioni fiscali, ma le strutture consolidate lo considerano un danno reputazionale che va a svalutare tutti.

Come sono strutturati?
In genere si riuniscono in gruppi ma ognuno con una propria ragione sociale. Tuttavia alcuni stanno evolvendo trasformandosi in gruppi d’acquisto sotto un’unica società che, a loro volta, riforniscono gli indipendenti.

Quanto è difficile lavorare con queste realtà, per questioni di mentalità e abitudini?
Il cinese è apparentemente molto elementare ma l’approccio iniziale non è semplice. Al di là della eventuale barriera linguistica è necessario entrare nel loro mood: ci si dà del tu, si parla subito di affari ed è necessario lavorare moltissimo sulla fiducia, fargli capire che non lo stai imbrogliando. Sono piuttosto diffidenti, sia caratterialmente sia per il fatto che si trovano in un Paese che non il loro e che conoscono poco. Certamente non sono tutti uguali, però tutti ti danno attenzione, stanno ad ascoltare perché sanno che può sempre valere la pena.

Brico e giardinaggio, comparti molto interessanti

Qual è il loro livello di preparazione?
Elevato. Hanno ben in mente l’obiettivo da raggiungere, che è il guadagno, e per questo sanno che è bene essere informati. Conoscono i prezzi, i prodotti, i marchi.

E il settore brico e giardinaggio quanto è interessante per loro?
Molto. Sono interessati a tutto quello che riguarda la casa e questo è un elemento in forte evoluzione. Molti di loro hanno iniziato con l’abbigliamento ma via via si stanno spostando sui comparti legati al mondo della casa e della manutenzione.

In cosa sono deficitari?
A parte le eccezioni che ci sono sempre, non hanno una giusta preparazione nell’allestimento dei punti vendita. Su display e layout hanno bisogno di una mano, sono antichi, ripetitivi e non ottimizzano lo spazio. Hanno ancora molto forte questa propensione alla quantità, alla massificazione, anche su articoli dove non è necessaria. Il risultato è un’esposizione un po’ caotica dove il cliente rimane un po’ smarrito. Ma è questione di tempo, alcuni si stanno già organizzando. Stessa logica per il personale di vendita che sta diventando sempre più italiano e sempre meno cinese.

Come viene trattato l’aspetto promozionale?
Il punto vendita cinese tratta il prodotto come se fosse sempre in promozione, secondo la logica dell’”every day low price”. Non ama l’altalena dei prezzi e non ama la stagionalità.

Com’è organizzano la logistica?
Tendenzialmente il modus operandi è la consegna diretta al punto venditae se sono grossisti nei centri di distribuzione, ma è marginale. Possono riunirsi in gruppo ma la logistica è quasi sempre a livello periferico.

Un modello sempre più “europeo”

Anche i gruppi d’acquisto cui faceva riferimento?
Si, al momento direi di sì. Anche se contano molti punti vendita tendono a rimanere su scala locale, al massimo regionale. In genere si tratta di realtà a gestione familiare e poi hanno uno spiccato senso imprenditoriale. Mi spiego. Il dipendente cinese ha sempre in testa l’idea di diventare imprenditore a sua volta e non è raro che ad un certo punto si rivolga alla famiglia per chiedere il capitale inziale per aprire un’attività commerciale. Lo fanno di continuo, non hanno paura e dimostrano anche un certo livello di incoscienza, mista a spregiudicatezza, che spesso li aiuta nell’impresa.

Quali accorgimenti è necessario prendere per vendere ad un retail cinese?
Premettendo che è fondamentale la selezione a monte, la principale caratteristica è l’elasticità e la velocità, soprattutto nella proposta del prezzo che deve essere allineato alle migliori condizioni che si trovano sul mercato, altrimenti non sono interessati. Il secondo aspetto riguarda i pagamenti. Il cliente cinese è un buon pagatore, ma va seguito molto perché generalmente sceglie sistemi di pagamento – il preferito è il bonifico – che gli concedono la massima libertà. Per questo i nostri agenti, oltre all’amministrazione s’intende, sono abituati a seguire il cliente in tutte le fasi, anche quella della riscossione.

Per concludere, quali sono le tendenze più forti che percepisce per queste realtà commerciali?
Su tutte la tendenza a diventare sempre più europei e quindi indistinguibili, alla stregua dei nostri punti vendita e anche meglio. Più ordinati, sempre aperti, con parcheggi e posizionati in aree strategiche. Indubbiamente hanno un futuro.

Nella Gallery esempi di allestimento

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