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Un dispositivo digitale allunga la vita


italiani e digitale
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Il 19 ottobre è stato presentato presso la sede romana del Cnel il rapporto dedicato a “La digital life degli italiani” realizzato dal Censis in collaborazione con Lenovo.

Una ricerca che cerca di fare il punto su come la digitalizzazione abbia migliorato la qualità della vita dei cittadini italiani, perché semplifica tante attività quotidiane, in particolare in quest’Italia post-pandemia.

A illustrare il report Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis, che, parafrasando un vecchia pubblicità di Telecom, ha subito sottolineato come un dispositivo digitale allunga la vita.

Infatti in generale gli italiani appaiono soddisfatti delle proprie dotazioni tecnologiche con nove utenti su dieci (il 90,3%) che dichiarano di possedere device in linea con le proprie esigenze. La soddisfazione riguarda anche i luoghi dell’abitare, sempre più spesso usati anche come ufficio o scuola a distanza, sono in gran parte attrezzati per il pieno ingresso nella digital life. Il 73% degli utenti vive in famiglie in cui ogni membro si connette con un proprio dispositivo, il 71,1% ha una connessione casalinga che funziona bene, il 67,9% risiede in abitazioni in cui ciascuno ha uno spazio in cui svolgere le proprie attività digitali.

“Gli italiani traggono un crescente benessere dai dispositivi digitali, che semplificano e migliorano le loro vite. Tuttavia va ricordato che siamo solo all’alba di una nuova transizione digitale. Ora serve un progetto di società digitale pienamente inclusiva, che possa dare risposta alla domanda ancora insoddisfatta di dispositivi, connessioni, competenze, e superare le diversità di accesso“.

Vincoli e obblighi del periodo pandemico hanno letteralmente trascinato milioni di cittadini dentro il digitale – ha ricordato Valerii – costringendo alcuni a intensificarne l’utilizzo, mentre altri hanno iniziato a utilizzare uno o più device.

I risultati accendono un cono di luce sull’interazione quotidiana con le tante forme del digitale, rendendo evidente la sua natura di trigger di stili mentali e di vita, comportamenti, movimenti, capacità che, riversandosi nella vita quotidiana, generano nuovi format di vita quotidiana. “In altre parole, il digitale è diventato digital life: parlarne, vuol dire parlare della società italiana che riparte”.

Vince il politeismo dei device

Gli italiani sono soddisfatti dei dispositivi che utilizzano e le case sono in maggioranza ben attrezzate dal punto di vista digitale. Smartphone, laptop, pc da tavolo, tablet, smart tv e console di videogiochi: oltre il 91% degli utenti di device digitali vi ricorre per collegarsi abitualmente al web.

Vince il “politeismo dei device”, con il 74,4% degli utenti che ne utilizza almeno due per collegarsi al web, despazializzando le connessioni. Infatti, il 71,7% (è il 93% tra i giovani) dichiara di svolgere ovunque le proprie attività digitali. Anche se tra i luoghi di connessione, la casa è quello principale, seguita dai luoghi di lavoro, la strada, i locali pubblici.

E decisivi sono anche i luoghi di studio, da cui si connette il 37,2% degli studenti. La maggioranza degli italiani si relaziona ogni giorno con il digitale e lo fa senza difficoltà. Il 90,3% ha device adeguati alle proprie esigenze, il 73% vive in famiglie in cui ciascuno ha un proprio dispositivo con cui collegarsi. Buona è anche la dotazione degli spazi in casa, con il 67,9% degli utenti che vive in abitazioni in cui ciascuno ha una stanza in cui svolgere le proprie attività digitali ed il 71,1% che ha una connessione domestica ben funzionante in ogni spazio.

Un discorso importante lo riveste la sicurezza digitale. Oramai gli italiani navigano in rete con una certa disinvoltura. Di questi il 69,4% si sente sicuro quando effettua pagamenti o altre operazioni finanziarie online, un dato che sale al 74,5% tra i laureati. Più della metà (il 55,6%) utilizza almeno qualche volta i servizi cloud per salvare documenti e informazioni, con punte del 77,5% tra i dirigenti e del 63,9% tra i laureati.

PA: meglio, ma si potrebbe fare di più

Dal rapporto tra Pubblica Amministrazione e digitale gli italiani si aspettano molto. L’85,3% dei cittadini spera infatti che in un futuro – neppure troppo lontano – si possa dialogare via e-mail con gli uffici pubblici, l’85% che si possano richiedere documenti e certificati online, l’83,2% di poter pagare online in modo semplice e veloce tasse, bollettini e multe. Il 78,9% si aspetta di ricevere informazioni personalizzate via e-mail, sms o messaggi WhatsApp.

Sì alla semplificazione unita alla protezione dei dati: il 76,4% vorrebbe poter conoscere i dati personali di cui la PA dispone, così da evitare inutili duplicazioni, il 75% vorrebbe comunicare via Pec nella massima riservatezza, il 74% vorrebbe poter accedere a tutti i servizi online con una sola password (slide PA).

“Una costellazione di attese sociali che indica quel che i cittadini si auspicano che il digitale renda possibile nel rapporto con la PA: più facilità di accesso e tanta semplicità”, come ricordato da Massimiliano Valerii.

Su questo tema Stefano Quintarelli, presidente Agid, Agenzia per l’Italia Digitale, ha sottolineato “la strada fatta in questi anni dalla PA, nella quale sono stati messe le fondamenta della digitalizzazione, ora dobbiamo costruire un intero edificio”. Un percorso che conta i 25 milioni di utenti Spid, ovvero il 55% degli italiani attivi. Il numero più alto in fatto di digitalizzazione mai raggiunto fino a ora.

Le commistioni pericolose

Due terzi dei lavoratori (il 66%) utilizzano device personali per motivi di lavoro, con punte fino all’85% tra i lavoratori autonomi e del 72,2% tra gli occupati laureati. Ma succede anche il contrario: il 26,9% degli occupati – e il 39,8% dei dirigenti – impiega i dispositivi aziendali per ragioni personali. Sottovalutando così il fatto che usi impropri dei dispositivi possono comportare rischi per la sicurezza dei dati e per la privacy di lavoratori e aziende.

Le nuove forme di digital divide. In questo scenario così avanzato di digitalizzazione, nel nostro Paese si contano però ancora 4,3 milioni di utenti di dispositivi senza connessione. E sono complessivamente 22,7 milioni gli italiani che lamentano qualche disagio in casa, con stanze sovraffollate in cui è complicato svolgere al meglio le proprie attività digitali (14,7 milioni) o con connessioni domestiche lente o malfunzionanti (13,2 milioni). Sul fronte dei dispositivi, 12,4 milioni di italiani devono condividerli con i propri familiari e 4,4 milioni li ritengono inadeguati a soddisfare i propri bisogni.

Troppi disagi nel rapporto con il digitale

Massimizzare le opportunità del digitale significa anche intervenire su gap e deficit, facendone uno strumento di nuova equità. Ancora troppi infatti gli italiani che hanno difficoltà con il digitale vuoi per capacità personali, vuoi per fattori economici. Una differenza resa ancora più stridente nei periodi di lockdown.

Il gap più estremo è quello vissuto da quegli oltre 4 milioni di utenti di dispositivi digitali senza connessione, dove alta è la quota di anziani (28,7%) e persone con bassi titoli di studio (31,7%). Ci sono poi 22,7 milioni di italiani che vivono con deficit abitativi, ovvero hanno una connessione domestica che non funziona bene o devono condividere la stanza con altri membri che svolgono attività digitali.

In particolare 14,7 milioni non hanno un posto in casa dove svolgere le proprie attività digitali in tranquillità, 13,2 milioni vivono in abitazioni in cui la connessione non funziona bene. E 4,4 milioni dicono che i propri device non sono adeguati alle proprie esigenze, 12,4 milioni devono condividere i device con i familiari.

Inoltre 24 milioni si trovano spesso in difficoltà nello svolgere una qualche attività digitale – ad esempio nell’utilizzo di device, software, programmi –; addirittura 9 milioni hanno difficoltà nell’inviare e/o ricevere messaggi con WhatsApp, Telegram, 8 milioni nell’utilizzare la posta elettronica, 7 milioni nel navigare, 5 milioni nell’usare programmi di videoscrittura.

Servono le giuste competenze

La pandemia ha accelerato la trasformazione digitale di almeno 5 anni, portando permanentemente in primo piano nuovi comportamenti digitali sia nella sfera privata che di lavoro – ha detto Pietro Parodi di Lenovo Italia, la società che ha collaborato alla realizzazione della ricerca –. Ecco perché dobbiamo concentrarci su tecnologie più intelligenti che si adattano meglio a questo futuro. Per Lenovo, tutto inizia con pc più intelligenti, protetti, sempre connessi, sempre più facili da utilizzare e alla portata di tutti. Vogliamo perfezionare ulteriormente le tecnologie e le innovazioni per contribuire a una società digitale più connessa, sicura e inclusiva“.



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