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PwC Italia: Made in Italy, reshoring e sostenibilità


Si è svolto il quinto digital event “Italia 2021–Competenze per riavviare il futuro” organizzato da Pwc e dedicato al rilancio dei consumi post pandemia.

Un incontro che ha visto la partecipazione, tra gli altri, del vice ministro dell’Economia e delle Finanze Antonio Misiani, Claudio Gradara, presidente Federdistribuzione, Francesco Pugliese, ad Conad e presidente GS1, Alessandro Grandinetti, partner PwC Italia, Clients and Markets Leader ed Erika Andreetta, partner PwC Italia, Consumer Markets Consulting Leader, moderati da Alessandro De Angelis, vice direttore di HuffPost.
Dall’evento sono emerse le sette priorità per le aziende consumer e retail nel “new normal”. E tra queste, come vedremo, anche azioni di sistema sulle filiere, attenzione alle nuove generazioni e alla formazione, un miglior accesso alla liquidità.

Un’Europa a due velocità

L’incontro è partito facendo il punto sulla situazione attuale dei consumi in Europa. Secondo la Global Consumer Insight Survey Pulse Survey 2020 di PwC, che ha coinvolto 4.500 consumatori di Italia, Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi, UK, Svezia, Middle East e Cina, nel Vecchio Continente emerge un contesto a due velocità.

Nei Paesi del Nord i redditi delle famiglie sono stati meno colpiti (il 34% in Germania, 38% in Olanda) e i consumatori ridurranno le spese nei prossimi mesi (25% in Germania, 30% in Olanda). Al contrario in Spagna e Italia il 60% ha subìto una riduzione delle entrate. La spesa per grocery è aumentata per il 64% degli italiani (seguita dal 35% su entertainment & media e 27% su food delivery o pickup). L’abbigliamento in Italia è il comparto è il più penalizzato, con il 58% dei consumatori che ha scelto di ridurre il budget.

Cosa ci si aspetta nel dopo Covid? Secondo Erika Andreetta, per ciò che riguarda i consumi, sempre più acquisti made in Italy in un’ottica di solidarietà collettiva, una preferenza per prodotti “sicuri” e un balzo in avanti dell’e-commerce, in particolare nell’e-grocery. «Sul lato business ci aspettiamo un incremento della collaborazione per far ripartire l’economia nel Paese. Made in Italy, reshoring* e sostenibilità saranno gli elementi differenzianti».

Le 7 priorità della “new normality”

Sulla base di queste previsioni PwC ha identificato sette aree considerate prioritarie per intraprendere il processo di ricostruzione del New Normal per le aziende consumer e retail.

1. Azioni di sistema per aggregare le aziende salvaguardando competenze e filiere

Pil italiano in caduta del 12,8% nel secondo trimestre 2020 su base congiunturale, ma associato a estesi segnali di ripresa secondo l’Istat. Tuttavia le stime per il 2020 sono state riviste al ribasso da Fitch (da -9,5% a -10%) e secondo la Commissione Europea il Pil 2020 in Italia registrerà il peggior calo dell’UE con un crollo dell’11,2%. Punto sul quale ha dissentito il vice ministro Antonio Misiani, che, dopo aver auspicato una veloce ripresa della produttività, ha parlato di un calo del Pil “non a doppia cifra”.
Per tornare a crescere come Paese è necessario proteggere e sostenere con un piano di interventi strutturale le filiere consumer considerate il simbolo del made in Italy, come la moda e il food, che devono tornare a essere un volano di sviluppo per l’intera economia. Servono quindi azioni di filiera integrate, sfruttando nel migliore dei modi le ingenti risorse che dovranno essere investite (anche con l’utilizzo dei fondi europei) per sostenere le aziende a limitare gli impatti sull’equilibrio finanziario e sulla continuità produttiva e occupazionale, oltre che per progettare una ripartenza.

2. Supporto al made in Italy e rilancio dei consumi nazionali

Secondo un’indagine Istat di giugno la riduzione della domanda nazionale ed estera è la principale preoccupazione delle grandi aziende italiane anche nel medio periodo (rispettivamente per il 50% e il 34% delle imprese). Il crollo dei consumi nazionali per il 2020 è stato stimato al 10,9%, sono andati persi quindi 116 miliardi (con una media di quasi 2.000 euro a persona) e la Lombardia soffre la riduzione più marcata, con oltre 22,6 miliardi di euro. Il quadro complessivo è preoccupante in tutti i settori e serviranno 5 anni per tornare ai livelli di spesa pro-capite del 2019. (fonte: Confcommercio).

Il 2021 segnerà una ripresa significativa stimata tra il +12,0% e il +7,7% -, ma non sufficiente a tornare ai livelli pre-crisi. La frenata dei consumi (oltre che dell’export) mette in difficoltà sia l’industria che la grande distribuzione, con a rischio 200mila posti di lavoro (fonte Federdistribuzione). A giugno è stato siglato un percorso strategico per facilitare la ripresa del commercio internazionale a beneficio delle imprese italiane che prevede tra le varie azioni. Occorre adesso continuare la messa in opera di tale patto e la corretta ripartizione dei fondi fra le varie iniziative previste al fine di massimizzare i ritorni. Le aziende dovrebbero al contempo non fermare “fino a nuovo ordine” il loro sviluppo in nuovi mercati esteri.

Francesco Pugliese, ad Conad e presidente GS1, riguardo a questo punto sottolinea che il rilancio potrebbe passare anche da nuove alleanze. «Perché “piccolo è bello” a patto che si riesca a consorziarsi, come ha fatto Conad. Se il piccolo rimane piccolo, a lungo andare non è più sostenibile». L’importanza delle alleanze, delle aggregazioni necessarie per “fare massa critica”, ha ribadito Pugliese, dovrebbe essere il tema centrale del retail. «Dobbiamo impegnarci perché vengano abbattuti certi freni culturale e una mentalità campanilistica che permeano ancora il settore distributivo».

3. Digitalizzazione: adesso o mai più. Il fenomeno del “silver marketing”

L’e-commerce vola +28,5% nei primi 7 mesi del 2020 (fonte Istat). Il distanziamento sociale e i blocchi hanno decretato il digitale come priorità urgente del New Normal. Il canale è esploso durante il lockdown, in particolare nel retail food, e continuerà a dare linfa vitale al business. Dati Netcomm dicono che il 75% degli acquirenti da siti di e-commerce non lo aveva mai fatto prima dell’emergenza. La crescita dell’e-commerce, peraltro, non riguarda solo la vendita di beni essenziali, con il 60% dei consumatori italiani che ha ridotto gli acquisti “fisici” di prodotti non food. Al contempo il 43% ha utilizzato il computer e il 36% il proprio smartphone (fonte: GCIS PwC).

Un aumento degli acquisti online sembra dunque scontato. Le aziende dovrebbero aumentare e rafforzare le proprie capacità digitali e adattare la propria offerta alle esigenze del consumatore o soffriranno nel lungo termine. Il canale ecommerce necessita di ripensamenti in particolare per quanto riguarda il business model delle consegne, ma anche in termini di potenziamento delle piattaforme. Inoltre le aziende dovranno occuparsi seriamente del “silver marketing” come leva competitiva poichè gran parte dei new consumers digitali sono “old” (“the old consumer è il new consumer”).

Riguardo a questo trend, il presidente di Federdistribuzione, Claudio Gradara, ha ricordato che il Covid ha comportato diversi cambiamenti “violenti” nelle modalità di acquisto. Tra questi non solo la crescita dello shopping online, ma il conseguente aumento dell’uso della moneta elettronica e del delivery.

Per Pugliese il consumatore non è cambiato anche se acquista di più online. Un servizio che anche Conad ha implementato durante i mesi di isolamento e che ora andrebbe riorganizzato. «Basta guardare alla rinascita dei tanti negozi di prossimità, dati per spacciati in un’epoca che sembra lontana, ma che si riferisce solo a qualche mese fa. Il negozio è tornato il luogo delle relazioni, dove la commessa ci conosce e ci chiede come stiamo».

4. La sostenibilità come elemento differenziante

L’altra sfida del futuro è la sostenibilità come strategia di differenziazione. La crisi ha messo in evidenza il legame diretto tra ambiente e salute portando istituzioni, aziende e singoli individui a cambiare mentalità Il percorso verso il 2030 prevede catene del valore tracciabili e trasparenti, più centralità e coinvolgimento del consumatore, un’ottima strategia comunicativa.

Le aziende si stanno muovendo verso un nuovo modo di produrre, di creare, di fare industria. Ciò su cui tutti sono d’accordo è che le aziende dovranno garantire la trasparenza e la tracciabilità della filiera, per tutelare chi lavora lungo la supply chain e fidelizzare il consumatore. Obiettivo principale quello del raggiungimento dei più alti standard di sostenibilità, attraverso una stretta collaborazione con la filiera e il coinvolgimento e la formazione degli attori del sistema.

Per Claudio Gradara si può parlare di sostenibilità anche riguardo al cambiamento in atto nel mondo lavorativo, dove – causa lockdown – si è affermato il lavoro da remoto con un calo conseguente degli spostamenti e una trasformazione del settore immobiliare per ciò che riguarda l’aspetto direzionale.

5. Migliorare l’accesso alla liquidità

La crisi economica che ha colpito il sistema produttivo produce effetti di medio periodo per quasi 9 aziende su 10. Il calo di fatturato infatti impatterà pesantemente sulla disponibilità di liquidità delle imprese. A febbraio le imprese italiane rischiose o vulnerabili erano meno della metà del totale (44,5%), ma, secondo le elaborazioni di Cerved, questa percentuale salirà almeno al 60,4% entro la fine del 2020. L’attuale scenario economico suggerisce un rischio di insolvenze lungo le filiere, con un incremento della probabilità di default o ondate di acquisizioni.
Per scongiurare questo scenario andrebbe favorito ulteriormente l’accesso alla liquidità per le aziende, snellendo le procedure di emissioni di linee di credito e rafforzando fondi di garanzia che aiutino le banche a dilazionare le scadenze dei mutui e congelare gli interessi, oltre che accelerando i pagamenti dei debiti della pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese.

6. Reshoring & Industry 4.0

In Italia, il tema del reshoring – ovvero il rientro a casa di aziende che in precedenza avevano delocalizzato – è sentito nella moda, vista la necessità di avere una supply chain corta, ma soprattutto è percepita la leva strategica del made in Italy. Un’azienda su 2 sta accelerando i processi d’automazione e rendendo lo smart working una modalità permanente. Un primo passo è stato compiuto grazie ai finanziamenti previsti dal piano Industria 4.0, che sarebbe opportuno rilanciare e potenziare, insieme ad ulteriori incentivi che favoriscano l’innovazione e gli investimenti in R&S.

7. Più attenzione alle nuove generazioni e alla formazione

Secondo l’Economic Outlook di giugno 2020 dell’OCSE, i giovani lavoratori rischiano di essere tra le categorie più colpite dall’attuale crisi economica. A luglio il nostro Paese ha registrato 330mila occupati in meno tra gli under 35 rispetto a gennaio. Secondo una survey condotta da PwC nel 2019 su 2.069 giovani (Millennials e Gen Z), il tasso di disoccupazione giovanile in Italia – tra i più alti in Europa – sembra la ragione per cui volano all’estero, anche se il 74% di loro preferirebbe trovare il prossimo lavoro in Italia (solo il 26% invece dichiara invece di volersi spostare all’estero).
Per riequilibrare la domanda/offerta di competenze dei giovani sono necessari sforzi sia delle istituzioni che del privato per rendere il sistema d’istruzione e formazione più reattivo ai cambiamenti, per finanziare idee e progetti dei giovani e per i giovani, oltre che per riconoscere l’esigenza di includere una rappresentanza under 35 ai tavoli di decisione.

*Il reshoring è un fenomeno economico che consiste nel rientro a casa delle aziende che in precedenza avevano delocalizzato.



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