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Edilizia. Rivedere le stime per l’anno in corso


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Le attese per il 2022 erano altamente positive dopo un 2021 decisamente eccezionale per tutti i comparti produttivi e distributivi, ma lo spettro inflazione e il conflitto in Ucraina destabilizzano la crescita.

Non si può mai stare tranquilli. Nell’arco di poco più di due mesi siamo passati dall’euforia del dopo 2021, che ancora vedeva il nostro paese spingere l’acceleratore con una crescita stimata del Pil al +4,7% e con una crescita attesa per il settore delle costruzioni superiore al 9%, alla necessità di nuove stime sull’andamento dell’economia.

Un’economia schiacciata in poco tempo da un innalzamento dei prezzi dei materiali, che sta avendo forti ripercussioni sul mercato, con una velocizzazione dell’inflazione preoccupante e con l’effetto non ancora del tutto chiaro della guerra in Ucraina, dalla quale dipendiamo per molti prodotti e materie prime.

Questo mentre l’Italia ha imboccato in questo 2022 una strada positiva di investimenti pubblici e agevolazioni che riguardano da un lato il PNRR e le tante risorse che metterà a disposizione delle amministrazioni pubbliche per interventi di rinnovo e innovazione, e da un altro con gli effetti positivi delle nuove norme relative ai bonus fiscali e al superbonus, per la prima volta prorogati per un periodo pluriennale, che consente ad imprese e clienti di programmare con maggiore efficacia, e senza l’assillo della scadenza dei bonus, gli interventi.

Il PNRR come noto vale 235 miliardi di euro, dei quali (secondo stime ANCE) ben 107 saranno destinati a investimenti e interventi direttamente collegati al settore dell’edilizia e delle costruzioni, con una ricaduta molto positiva sul comparto dei materiali e non solo della manodopera.

Considerando che queste risorse saranno a disposizione delle amministrazioni pubbliche e che per esse l’Iva risulta essere un costo, e depurando la cifra anche dalle cosiddette “somme a disposizione”, ovvero quei valori che vanno a coprire i costi di progettazione, di direzione lavori ecc., si può stimare che la cifra che effettivamente arriverà sul mercato per acquisto di materiali e per le imprese che eseguiranno i lavori sarà di circa 80 miliardi, da spendersi in un arco di soli quattro anni.

Infatti, come emerso dai primi bandi usciti, tutte le spese dovranno essere rendicontate e i lavori conclusi entro la prima metà del 2026, il che significa che il mercato avrà un’iniezione aggiuntiva di 20 miliardi circa all’anno. A questi si sommano i valori relativi agli interventi privati eseguiti con i bonus, e in particolare con il superbonus, che a fine marzo ha già messo da solo in campo investimenti per 24 miliardi e cresce ad una media di circa 3 miliardi di investimenti al mese.

Queste risorse contribuiscono all’ottimo momento del settore dell’edilizia e delle costruzioni, un settore che lo scorso anno, secondo le più recenti analisi di UNICMI, ha avuto un incremento degli investimenti del +13,8%, con il comparto del recupero residenziale che ha trainato la ripresa, facendo registrare un +22,0%.

Lo scenario, che non considera ancora gli effetti di una crisi finanziaria e di turbolenze sui mercati delle materie prime innescati dalla guerra in Ucraina, continuerà a crescere in valori correnti anche nel 2022 (+7,6%) e nel 2023 (+5,6%), anche se a tassi sensibilmente inferiori rispetto a quanto registrato nel 2021.

Ma l’effetto dell’inflazione causata dall’aumento vertiginoso dei prezzi dei materiali porterà ad una riduzione reale della crescita, valutata da UNICMI in valori costanti pari al 3,8% per il 2022 e al 4,0% nel 2023, anno in cui dovrebbero attenuarsi gli effetti inflazionistici dettati dalla forte domanda e dalla scarsità dell’offerta, riportando anche l’inflazione complessiva dal 6,7% attuale, stimato da Istat a inizio aprile, ad un valore più “congruo” e adeguato al sostegno della ripresa economica pari al 2,0%.

Dal punto di vista dei mercati, con particolare riferimento a quelli residenziali di sicuro interesse anche per il settore brico e fai-da-te, la dinamica positiva proseguirà anche per il 2022, con un +6,0% nel mercato del nuovo e soprattutto con un +9,0% nel mercato delle ristrutturazioni e del recupero, valori che nel 2023 dovrebbero proseguire a crescere rispettivamente del 5,0% e del 6,0%.

Ovviamente tutto ciò al netto di eventuali elementi negativi che dovessero instaurarsi se il conflitto ucraino durerà più a lungo di quanto preventivato dagli osservatori internazionali e se il processo di pace non dovesse concludersi entro il mese di maggio o al più tardi di giugno.

Le conseguenze della destabilizzazione mondiale di questo conflitto sono già evidenti, non solo per quanto riguarda le materie prime ucraine dalle quali dipendono molte delle attività italiane, ma anche dal costo dell’energia, che rischia di essere uno dei deterrenti più forti al processo di ripresa economica post-covid.

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