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Dall’e-commerce all’instant commerce


Immagina di essere comodamente seduto sul divano mentre stai guardando “Colazione da Tiffany” quando, ad un certo punto, arriva la scena in cui la protagonista scende dal Taxi per consumare la famosa colazione, ed ecco che improvvisamente sale anche a te la voglia di mangiare quel gustoso croissant con un bel cappuccino.

Quindi? A quel punto non ti resta che rivolgerti al tuo assistente virtuale dicendogli: “Ordina i prodotti che Audrey Hepburn sta mangiando nel film Colazione da Tiffany” ed eccoti recapitato, nel giro di poco tempo, una bellissima confezione con ciò che desideravi.

Questa scena potrebbe sembrarvi al limite del reale ed invece, tra non molto tempo, sarà la normalità o, perlomeno, dovrà esserlo se si vorrà aumentare il tasso di coinvolgimento e di conversione degli acquisti online.

Attualmente, infatti, il tasso di conversione dell’ecommerce si aggira intorno al 2-3%, un valore decisamente più basso rispetto al canale fisico dove invece è possibile raggiungere tranquillamente valori a due cifre; ne è un esempio il settore del fashion, dove un Brand di fascia medio-alta, in uno store cittadino, può arrivare a raggiungere anche tassi di conversione del 20%.

Ho potuto constatare io stesso che, da quando faccio formazione online e presento il mio libro “Un desiderio chiamato Retail”, la conversione sull’acquisto è calata notevolmente – rispetto a quando la formazione avveniva in aula- passando da un tasso tra il 60 % e l’80%, ad uno tra il 5 % e il 10%.

Il vero problema dell’e-commerce sta nella mancanza di reazioni impulsive da parte dei clienti quando navigano in rete

L’esperienza d’acquisto online, infatti, è un processo più razionale: il cliente ricerca il prodotto, paragona le soluzioni trovate, sceglie quale opzione sia più conveniente, mette il prodotto nel carrello e procede con il check-out.

Un processo del genere quindi non è immediato come l’acquisto d’impulso che avviene in negozio, per cui c’è sempre il rischio che, tra un passaggio e l’altro, si insinui la componente cognitiva, più razionale e “fredda”, che tende a rimandare l’acquisto. Subentra, in pratica, quel “non ora” che non permette di soddisfare il desiderio.

Ricorrere a queste strategie che fanno leva sulla mente del consumatore in realtà non è una novità, già negli anni ’80, infatti, i migliori venditori utilizzavano delle tecniche psicologiche straordinarie per far presa sull’emotività delle persone, riuscendo così a concludere la vendita.

Oggi, dobbiamo riuscire a trasferire queste leve emozionali sul canale digitale

Puntare su elementi di natura affettiva, che riescano ad influenzare e spingere gli utenti a concludere l’acquisto, significa rendere tutto il processo più immediato e fluido, con meno filtri possibili, dal momento che questi portano ad utilizzare la parte razionale del nostro cervello.

È importante quindi passare dal concetto di e-commerce, processo estremamente razionale, a quello di Instant Commerce, che lavora sul carpe diem, sulla capacità di cogliere l’attimo, di soddisfare il desiderio della persona nel momento stesso in cui questo si presenta.

Il live shopping completamente automatizzato, per esempio, è una prima forma di Instant Commerce.

Supponete di seguire una diretta streaming su Instagram e, ad un certo punto, di voler ordinare un paio di scarpe che stanno proponendo in quel momento, per farlo dovrei: chiudere la diretta, collegarmi allo store online, ricordare il nome o il codice del prodotto, cercare il prodotto e alla fine metterlo nel carrello; come vedete i passaggi non sono pochi e in ognuno di essi potrebbe insinuarsi quel “non ora” che alla fine mi farebbe desistere dal concludere l’acquisto.

Supponiamo ora, invece, di seguire lo stesso Brand in una diretta su una piattaforma specifica per questi formati di vendita e di voler ordinare lo stesso paia di scarpe, in questo caso basterebbe un unico click per condurmi direttamente al check -out, visto che i prodotti sono già direttamente collegati alla piattaforma della diretta.

In questo modo è possibile, non solo interagire in maniera più diretta e pratica con i clienti, ma anche di soddisfare il desiderio immediatamente, senza rischiare che intervengano altri fattori esterni ad impedire la conclusione della vendita e ricreando, in un certo senso, lo stesso acquisto d’impulso che avviene in negozio.

Nell’immediato futuro si lavorerà sempre più per trovare processi e linguaggi psicologici e leve di neuromarketing per attivare le corrette modalità di realizzazione dei nostri desideri.

Sono certo che ci attendano grandi innovazioni!

Il sito di Cavalieri Retail



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