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Trasporti e materie prime. L’impennata dei prezzi


Già da metà 2020, con una impennata in autunno, stiamo assistendo ad un aumento dei costi di molte materie prime e dei trasporti via mare dall’Oriente.

Iniziamo da questo ultimo aspetto, che è più eclatante, analizzandone le cause.

Il 60% delle merci mondiali circola a mezzo di navi container. Secondo i dati economici delle Nazioni unite ci sono oltre 180 milioni di container nel mondo…dati impressionanti!

La pandemia inoltre ha ridotto il trasporto aereo cargo, che si è riversato in parte su quello marittimo. La Cina è ovviamente la sede produttiva più grande al mondo e la sua bilancia commerciale è del tutto sbilanciata, con un rapporto di 3 container esportati contro 1 ricevuto.

Il rientro dei container da USA ed Europa è molto più lento del normale per i ritardi legati ai controlli e ai tempi di movimentazione più lunghi nei porti, sempre connessi al COVID-19.Di conseguenza i tempi di consegna di un container sono passati da 60 a 100 giorni, secondo la China Container Industry Association.

La scarsità di container ha portato ad un aumento dei costi di nolo e le aziende produttrici non riescono a smaltire gli stock perché non partono regolarmente dai magazzini. Negli ultimi mesi siamo arrivati a quadruplicare i costi, da circa 2.000$ a 8.000 e perfino 10.000$ per un container da 40 piedi.

Costo non prevedibile in anticipo e fissato al momento del carico. Le compagnie marittime sono 2 e sicuramente fanno cartello (non c’è antitrust…o controlli su accordi che in Europa sarebbero vietati e puniti con sanzioni pecuniarie).

La situazione non è una bolla risolvibile a breve, perché comunque la disponibilità di container rimane un problema. Così nella realtà l’incidenza del trasporto soprattutto su beni di basso valore è diventato insopportabile. Un prodotto di basso costo e con un certo volume (vedi ventilatori) con l’incidenza del trasporto vedrà un prezzo molto aumentato all’arrivo in Italia.

L’aumento dei prezzi toccherà anche il settore brico

La necessità di ricevere merce da parte degli importatori, soprattutto per i prodotti stagionali, ha costretto a dover accettare questi costi sensibilmente maggiori, per evitare ritardi e di conseguenza penali con la clientela. E’ un “prendere o lasciare”, non solo per i tempi ma anche per la fonte di approvvigionamento.

La Cina è praticamente l’unico produttore, o raggiunge livelli tali da esserlo quasi, di una serie incredibile di prodotti, quasi scomparsi come made in Europe (le mascherine ce lo hanno tristemente dimostrato). Pensiamo ai ventilatori sopra citati, condizionatori, lampadine, compressori, elettroutensili, minuteria, casalinghi, ma la lista è lunghissima.

E nessuno, a livello politico ed economico ha mai sollevato obiezioni sul modello produttivo dominante della Cina…..

Su questi costi si è innestato anche l’aumento di molte materie prime come acciaio, alluminio e rame. La ripresa fortissima dell’attività manifatturiera in Cina ha portato per la prima volta questo Paese a dover importare alluminio e l’import di acciaio dall’India è quasi raddoppiato. Così come il prezzo del rame utilizzato soprattutto per le auto elettriche è lievitato.

Cresce la domanda…crescono i prezzi sia della materia prima, che di conseguenza dei manufatti. Sono coinvolti sia la produzione europea e di altri Paesi, che tutti gli importatori, costretti a chiedere aumenti alla distribuzione. Le catene sanno bene che gli aumenti sono reali, perché loro stesse importano direttamente moltissima merce.

Per questi motivi si assiste ad un naturale tentativo di dilazionare le richieste dei fornitori, oltre i termini già presenti in tutti i contratti, tuttavia con dei limiti, anche per non interrompere il ciclo di consegne e per una giusta collaborazione e comprensione tra produzione e distribuzione.

Alcune catene hanno accettato l’aumento, con la clausola che verrà riconsiderato tra alcuni mesi, qualora la bolla speculativa si esaurisse o si riducesse significativamente. Dobbiamo anche considerare che negli ultimi anni gli aumenti sono stati contenuti e spesso assorbiti dalla produzione e che il maggior prezzo finale verrà comunque riversato sul consumatore.

Il ciclo economico generale non è positivo, ma nel settore DIY è assolutamente migliore e quindi i prezzi ragionevolmente più alti, ma generalizzati perché tutti ne sono coinvolti, e saranno più facilmente assorbiti dai consumatori.

Per la realizzazione dell’articolo si ringraziano, per il loro contributo:
Paolo Micolucci, Brico io;
Sandro Argenti, Bricolife;
Michele Fedele, Einhell



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