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Philip K. Dick e la customer experience personalizzata


In un mio precedente articolo, in cui analizzavo l’importanza dell’omnicanalità e dell’integrazione fra canale fisico e e-commerce, avevo accennato al fatto che la personalizzazione del messaggio Adv e del prodotto, attraverso l’utilizzo dei Big Data e dell’Artificial Intelligence, sia il futuro del retail.

Nel film Minority Report del 2002, tratto dall’omonimo romanzo di Philip Dick, il personaggio interpretato da Tom Cruise si sottopone a un trapianto di cornee per non essere riconosciuto dai retina scanner presenti ovunque nel mondo. Quando entra in un negozio GAP viene identificato come Mr. Yakamoto (l’originale proprietario degli occhi) e una suadente voce lo saluta e gli chiede se gli sono piaciute le 3 canottiere comprate la volta precedente.

Capisco che qualcuno riterrà tutto ciò come mera fantascienza (del resto per molti anche l’omnicanalità lo è ancora) ma forse vale la pena ricordare che il recente iPhone X possiede un sistema di riconoscimento del volto (benché non distingua ancora i gemelli omozigoti) e che a Tokyo il governo sta sperimentando dal 2014 la tecnologia del riconoscimento facciale in due aeroporti con l’obiettivo di introdurre il sistema a pieno regime in occasione delle Olimpiadi nel 2020. Analoghi esperimenti sono in corso all’aeroporto Charles De Gaulle di Parigi, all’aeroporto Schiphol di Amsterdam e in Canada.

Da qui all’applicazione nel marketing e nel retail delle stesse tecnologie il passo è breve.

Infatti molti hotel di lusso già utilizzano il facial recognition per identificare i clienti che entrano nella struttura, richiamando in tempo reale informazioni riguardanti gli extra acquistati nei precedenti soggiorni, le lamentele sollevate o le esigenze particolari.

Baidu (l’equivalente cinese di Google), ha lanciato una partnership con la catena di fast food KFC finalizzata alla sperimentazione di uno smart restaurant in cui è possibile, tramite la scansione facciale, determinare l’età del cliente, capire il suo umore (il cosiddetto gladvertising) e, come conseguenza, consigliargli il menù più adatto.

Però lo ammetto: con il riconoscimento facciale finora ho citato progetti offline ancora in fase embrionale. E l’integrazione con l’online (cioè la raccolta su ogni canale possibile dei dati relativi al consumatore, l’elaborazione e la trasformazione in informazioni utilizzabili di nuovo su ogni canale) potrà avvenire appieno solo quando le tecnologie di riconoscimento saranno affidabili al 100%.

Ma esistono casi esemplari di utilizzo di Big Data e A.I. finalizzati alla personalizzazione della customer experience online ? Certamente. Eccone due.

WeChat e Luisa Via Roma

Per noi occidentali è difficile capire la rilevanza di WeChat nella società cinese. Spesso si fa l’errore di paragonarlo a Whatsapp perché nasce anch’esso come sistema di messaggistica istantanea ma la sua potenzialità va ben oltre. Potremmo paragonare WeChat alla piattaforma Oasis descritta nel romanzo Player One di Ernest Cline (lettura che consiglio vivamente).

Con WeChat è possibile, tra le altre cose, messaggiare con gli amici, condividere la propria timeline (come in Facebook), ricaricare il credito sullo smartphone, trasferire denaro, prenotare e pagare un taxi o il treno o un volo, pagare in negozi fisici con WeChat Pay, ordinare una cena e farsela recapitare a domicilio, fare beneficienza, condividere la propria posizione, investire i propri soldi su un fondo sovrano…

In pratica WeChat è un enabler che consente di fare qualsiasi cosa, è un mondo virtuale che ognuno popola come preferisce.

In questo contesto è chiaro che la quantità di informazioni sui clienti che può essere raccolta è potenzialmente enorme: per esempio informazioni anagrafiche, stili di vita, storico degli acquisti, click sui link, partecipazione alle discussioni, impatto sulle vendite di ogni singola iniziativa marketing.

I Brand che aprono un profilo su WeChat (ma anche siti di ecommerce come Amazon, JD.com, Tmall Taobao hanno il loro account) usano i dati per segmentare i visitatori del profilo, creare un customer journey personalizzato e puntare a una conversion più efficiente attraverso call-to-action targettizate.

Lo scorso 11 novembre (11-11), come ogni anno, si è celebrato in Cina il Single Day e WeChat è stato il mezzo di comunicazione maggiormente utilizzato per le promozioni. Brand occidentali come Nike, Burberry, H&M, Carrefour e Zara hanno “sparato” offerte (personalizzate) già molti giorni prima della data fatidica. E le offerte non valevano solo per acquisti online: Burger King e McDonald’s proponevano coupon e sconti da consumare presso i punti vendita fisici (a proposito di omnicanalità).

Per la cronaca il volume degli acquisiti online solo su Alibaba in quel singolo giorno è stato di € 22 Mld (in Italia l’ecommerce ha generato € 23,5 Mld in tutto il 2017).

Ma fortunatamente anche in Italia abbiamo esempi eccellenti: Luisa Via Roma, uno dei più importanti portali ecommerce di luxury fashion, costituisce un caso virtuoso.

Da anni Luisa Via Roma da anni ha infatti implementato tecnologie per la personalizzazione sia del sito web che dei risultati di ricerca. A seconda del Paese del mondo da cui ci si collega, si accede ad una differente home page in cui sono evidenziati i prodotti ritenuti più rilevanti in quella determinata area geografica (in relazione ai passati comportamenti dei compratori). Inoltre i risultati delle ricerche sono ordinati automaticamente per prezzo, in base allo storico di acquisto di ogni singolo utente.

Ma non è finita: Luisa Via Roma personalizza anche le diverse fasi del funnel di vendita (home page, catalogo, pagina prodotto, carrello, pagamento), popolando ogni passaggio con messaggi, banner, prodotti raccomandati, call-to-action differenti per ogni cliente target. Se per esempio il compratore viene riconosciuto come “risparmioso”, i banner punteranno a prodotti in saldo e i prezzi partiranno dal più basso. Viceversa nel caso di cliente alto spendente.

Ovviamente, in parallelo a tutto ciò, Luisa Via Roma verifica costantemente i risultati, tipicamente attraverso test A / B.

In un mercato sempre più globale la personalizzazione della Customer Experience, alimentata dai Big Data e dall’Intelligenza Artificiale, è uno degli elementi chiave per il successo; sia per i Brand (che vogliono spiccare fra migliaia di altri) che per i Retailers (che vogliono fornire ai clienti un’esperienza in grado di unire i servizi tipici di un acquisto in un negozio fisico con i vantaggi dell’acquisto online).

Ma detto tutto ciò, come la mettiamo con la privacy? beh, come direbbe Kipling (ma anche Carlo Lucarelli), questa è un’altra storia.



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